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Oh! Maria, o Vergine potentissima, o Madre d'Iddio e Madre nostra, o Ausiliatrice perpetua, e sempre vittoriosa, della Chiesa, deh! dal trono augusto della gloria, dove a lato di Cristo sedete regina dell' universo, imperatrice degli uomini e degli Angioli, abbassate, o Madre, uno sguardo sul mondo, sguardo di pietà, sguardo trionfatore. Vedete, o pietosa Vergine, vedete scorrere ancora nella Corea, nell' An-ham, sul Libano il sangue dei nostri fratelli: vedete nelle isole della Oceania e nelle Indie i ministri dell' eresia intralciare con ogni maniera di ostacoli l' opera dei magnanimi, i quali a que' ciechi idolatri recano la buona novella: vedeteli nell' Irlanda con vigliacca perfidia attrappare proseliti all' errore traendo profitto della orribile carestia che opprime da tanti anni quel popolo eroico e troppo infelice: vedete negli altri paesi di eretici e di scismatici contrastarsi ancora la libertà di servire a Dio ai Cattolici che o la nascita o l'armi o infelici trattati sottoposero al giogo dei nemici della loro fede. Vedete nella misera Elvezia trionfare spietatamente la tirannide dei persecutori, cacciarsi nelle carceri e nell' esiglio sacerdoti e laici fedeli alla religione, rapirsi all' amore dei percossi dalla sventura l'angelica Suora di Carità e perfino d' in braccio alle madri strappare il brutale gendarme le figliuoline e strascinarle a scuole ove sia lor dato a bere il veleno della incredulità. Vedete mettersi in queste funeste vie che menano alla morte anche il Belgio e il Piemonte, due regni già modelli di pietà e di fede: e per tutta Italia continuarsi a furore gli sforzi

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di strascinarla agli errori de' protestanti. Vedete per tutta Europa innondare a torrenti i libri più scellerati e le inique lor massime propagarsi e corrompere miseramente la tenera gioventù, trepida e cara speranza della Chiesa e della Società. Vedete per tutte parti ergere l'oscena fronte i mostri del panteismo e del comunismo e misurare la terra del loro sguardo, e la terra tremare al loro urto, e traballare come briaca la società che scassinata dalle fondamenta teme divenire preda degli spaventosi piccoli retori. Oh 'pietosa Vergine! oh Ausiliatrice potentissima de' Cristiani! deh quegli sguardi che girate prodigiosamente dalla Immagine vostra di Rimini non sieno forieri di castigo, ma di misericordia! Non sono essi pieni di misericordia i vostri begli occhi? Volgeteli, oh! sì, volgeteli pure a noi, o Madre, e sarem salvi: respice nos tantum et salvi sumus: illos tuos misericordes oculos ad nos converte. Rinnovellate le antiche meraviglie; compite la salute della Chiesa e della Società. Già noi salutiamo giulivi i principii della grande Restaurazione; deh! sia presto condotta a fine l'opera della vostra destra! Cessino le fatali divisioni che scindono la cristiana famiglia e che sole hanno finora impedito alla Chiesa la piena conquista dell' universo. E quelli che bevono l'onda del Tamigi e della Spree, e quelli che l'onda della Nava, tornino ad attingere la vita alle acque sacre del Tevere! oh allora quanta gioja sarà nella terra e ne' cieli, fra gli uomini e fra gli angioli! Oh non sia, ve ne supplichiamo, o Madre, dal fondo dell'animo, non sia mai che dal seno della Santa Romana Chie

sa si stacchi questa Italia, primogenita sua figliuolal Tornino vani i conati degli empii! non muoiano, no, gl' infelici ma vivano e si convertano! e tutti con loro i popoli della terra si ragunino al materno seno della Chiesa di Cristo! e in tutta la terra sia presto un solo Pastore e un solo ovile che Voi riconosca per Madre, o clemente, o pietosa, o dolce, o Immacolata Maria! Fiat, fiat unus Pastor et unum Ovile!

MEMORIE

RISGUARDANTI

L' ABATE FRANCESCO FEDERIGHI

SCRITTE

DA GIANFRANCESCO RAMBELLI

Duravano tuttavia aperte nel mio cuore le dolorose ferite

impressevi dalle morti del Farini e del Vaccolini, quando mi giunse l'acerba novella che anche l' Ab. Federighi era disceso nella tomba. E perchè ho già tentato rendere a que' due alcun tributo di grata affezione, (*) non lascerò di spargere un fiore ed una lacrima sul sepolcro del venerando vecchio, che conobbi sì da vicino, e per oltre dodici anni mi onorò di sua cara benevolenza. Nè mi tratterrà dal farlo la mancanza d'ogni materiale per intesserne la vita; chè mi studierò supplirvi di sola memoria, ritornando col pensiero su' principali avvenimenti di lui, che furon talvolta soggetto de' nostri familiari ragionamenti, potendo allargarmi vieppiù sugli scritti, ch'ei ci lasciò a durevole testimonio di pietà, dottrina e virtù singolarissime.

(*) I Cenni biografici sopra Monsignor Pellegrino Farini si hanno in questo medesimo volume, a facc. 143. Il Comentario della vita e delle opere del Professore Domenico Vaccolini fu pubblicato, lo scorso anno, nell' Album di Roma. Il Vaccolini era nato in Bagnacavallo a' 5 d'agosto del 1792, e quivi è morto a' 3 di febbrajo del 1849. Fu scrittore indefesso in prosa ed in poesía, sostenitore delle classiche discipline, e per conseguenza avversario del cattivo moderno gusto. Amò la patria, non solamente a parole (che è vezzo del secolo), ma con operose e disinteressate dimostrazioni, delle quali sarà ben anche raccomandata la memoria alla riconoscenza de' posteri. Noi abbiamo tuttavia presente con quanto impegno egli s'industriasse a procurare, eziandío dalle nostre parti, soccorsi caritatevoli ad un monastero della sua città. Belle sopra tutte le opere degli uomini sono quelle onde veramente si può dire: sequuntur illos.

Francesco Federighi nacque in Lucca, di buona famiglia, circa il 1776; e ben per tempo i piissimi genitori seppero gittare nel tenero suo animo elette semenze di religione e virtù, che giovanissimo il fecero disdegnare gli allettamenti del mondo consacrandosi agli altari. Ondecchè ben nudrito di lettere latine e volgari nel patrio seminario, istrutto nelle filosofiche speculazioni dal valente Andrea Farnocchia, e addentratosi nelle scienze sacre, era unto sacerdote dall'Arcivescovo Sardi. E mirando allora il Federighi a succedere nella cattedra di Dogmatica e Storia Ecclesiastica al dotto Francesco Franceschi, s'era dato accesamente a tali discipline, da cui, vispo giovanetto com'era, il distoglieva solo l'amore della caccia, che il tenea lunghissime ore inselvato in compagnia d'un Sagrestano, dal quale, narrandogli, come suol farsi, le speranze di sua vita futura sentì gittarsi tal motto, che il fe' tutto cangiar di pensiero. E quindi a nuovi, e più vari studi si volgeva; di che ebbe a trovarsi contento, poichè sopravvenute procelle turbolentissime e sconvolti gli ordini delle cose, più non avrebbe potuto incarnare quel suo disegno. E mentre si era fatto insegnatore di nobilissima Dama, intervenne che balestrato dagli avvenimenti di Francia (1796) giungesse in Lucca l'ab. Francesco d'Alberti di Villanuova, ed ivi imprendesse a dare in luce il degnamente celebrato suo Dizionario Universale Critico Enciclopedico della lingua italiana. Conosciutosi da lui il bello ed acuto ingegno del Federighi, nato fatto a cose di lingua, sel rese amico e familiare di guisa che l'ebbe aiutatore indefesso ad ordinare e trascrivere quel suo immenso lavoro; e ciò a grande ventura sua e delle lettere: poichè rimasta sospesa per circostanze economiche nel 1798 la stampa del Dizionario alla lettera F, che era la metà del tomo 3, l'Alberti non pensò più che a proseguirne e compierne il manoscritto già condotto a termine (comecchè in abbozzo e inordinatamente), quando per mal di pietra ei venne a morte nel 1801. Il Federighi, che mai non l'avea abbandonato nel letto de' suoi dolori, e che a calde lagrime gli avea porti gli ultimi conforti della Religione, rimasto erede degli scritti e libri di lui, fu con vive istanze sollecitato, e universalmente

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