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Del resto, la menzione dei Darici, che ricorre in più luoghi de' Libri sacri di Esdra, di Neemia, e de' Paralipomeni, che probabilmente furono anch' essi scritti da Esdra medesimo, ne porge una prova non dubbia per mostrar falsa l'opinione dei Razionalisti, che ritardano l' edizione de' Libri suddetti fino a' tempi di Alessandro Magno, od anche de' Maccabei; poichè a questi tempi posteriori alla caduta della monarchia Persiana non erano più in corso i Darici, ma bensì gli Stateri aurei di Alessandro medesimo, che in gran parte dovettero improntarsi coll'oro e co' Darici de' regii tesori di Susa, e d'altre capitali della monarchia Persiana v. Diodor. XVII, 66: Arrian. Exped. Alex. III, 16: cf. Eckhel, T. 111, p. 553; Visconti, Icon. Gr. P. 11, p. 70, ed. Milan.) (71)

rare la differenza notevole che passava tra il Solido aureo del tempo suo, e l'Aureo o sia Statere antico de' tempi di Pompeio Magno (cf. Bayerius, p. 214).

(71) Dopo di aver fatta questa osservazione, veggo che l'ebbe indicata anche il ch. Professore Ghiringhello (de Libris Hist. V. Test. p. 354, 431), il quale, ragionando dell'età de' Libri de' Paralipomeni, ch'egli bene attribuisce ad Esdra, scrive: ante Artaxerxis excessum compositam (narrationem) probant tum SOLIDORUM (ADARKONIM, Daricorum) mentio, qui post Alexandrum Magnum, Graecis numis per totam Asiam invalescentibus (Tobiae v, 15 gr. vers. 11 Machab. x11, 43), obsoleverunt; tum ordinalia Mensium nomina, cet. Arriano (1. c.) narra come Alessandro, dopo la conquista de' tesori di Susa, diede a Manete (prefetto della Siria, della Fenicia e della Cilicia) tre mila talenti d'argento da portare al mare, e mandare all' Antipatro, onde improntare tanta pecunia, quanto si credesse far duopo per la guerra contra i Lacedemoni. Il simile si sarà fatto anche dell'oro e de' Darici aurei di que' tesori.

DELL' AUTORITÀ.

(V. il tomo vIII, a facc. 383)

ARTICOLO IV.

UNITÀ DEL SOVRANO POTERE.

L'esistenza della famiglia e della società civile

è di diritto naturale; e poichè la famiglia e la società non possono esistere senza un poter superiore, medesimamente è di naturale diritto l'autorità. Questo vero è generalmente riconosciuto, e noi non abbiamo qui che a ricordarlo.

Ma l'autorità si mostra sotto differenti forme, e trattasi di sapere se queste forme sono parimente di naturale diritto; o se per contrario esse dipendono esclusivamente dalla umana volontà.

Egli è di prima, se non c' inganniamo, evidente che, se le forme non sono di naturale diritto, la stessa autorità non è tale se non generalmente e per modo astratto. Ora, un' autorità di diritto naturale, che tal non sarebbe sotto veruna delle sue forme reali e conosciute, è cosa che duriam fatica a comprendere.

Quando noi diciamo che la famiglia è di naturale diritto, noi l'intendiamo della famiglia reale, della famiglia propriameute detta e tal quale noi la vediamo esistere. E quando diciamo che la società è di diritto naturale, noi parliamo parimente di

una società fisica e materiale, e non solamente della vita sociale, presa in un senso astratto.

La natura non conosce astrazione; tutto presso di lei è reale, e l'astrazione non esiste che nel nostro intendimento.

Se dunque l'autorità è di naturale diritto, si direbbe che tale esser ella deve, almeno sotto una delle sue forme. E questa conseguenza è primieramente stabilita sopra un fatto. Imperocchè, p. e. a riguardo della famiglia, è manifesto non darsi difficoltà, convenendosi che la sovranità domestica esiste ben realmente di diritto naturale e divino. Non havvi al mondo potere che valga ad impedir la famiglia d'avere il suo capo e di esserle sotto

messa.

Ora, noi abbiamo veduto che l'autorità domestica è soggetta anch'essa a modificarsi, e che la sua forma non è sempre la medesima. Se dunque, non ostante questa varietà, essa non lascia d'essere di naturale diritto, ne seguirà che l'obbiezione tratta dalla forma non attinge il fondo della questione.

Applichiamo questa osservazione alla società civile, e vediamo ove saremo per essa condotti.

Noi abbiam detto, parlando della monarchía primitiva e della sua spontanea apparizione presso i primi popoli, ch'essa era di diritto naturale; e non abbiamo sviluppato questo pensiero. Tuttavía l'attento lettore ha dovuto chiedersi, se il governo monarchico era di diritto naturale, piuttosto che il governo aristocratico o il democratico, e se puossi di tal guisa appellare un' autorità che piglia di

verse forme. Ma noi abbiam veduto che il governo domestico può dar luogo alla stessa questione, e che la difficoltà, se havvene pur una, si presenta così da quella parte come da questa.

Di che sembra risultare che l'autorità è di naturale diritto tanto nella società civile quanto nella famiglia, oppure ch' essa non è tale per niente affatto. Noi non sappiamo vedere come e perchè la diversità delle forme divenga per l'una quell' ostacolo che non è per l'altra.

Ma da un altro lato si dimanderà, nè senza ragione, se ciò che è di diritto naturale, possa andar soggetto a cangiamento. Il diritto, che non è altro se non la legge e la giustizia di Dio, non è necessariamente immutabile ?

Questa obbiezione sembra fondata, e bisogna vedere come riusciremo a trarci dell'imbarazzo.

Primieramente quello ch' è certo, e insegnato dalla esperienza di tutti i secoli, si è che la famiglia e la società non esistono senza poter supremo. L'autorità è parte integrante e necessaria della società. Per conseguenza, se la società è di diritto naturale, com' è ad evidenza, bisogna che medesimamente sia di naturale diritto l'autorità.

Ma quello che non è men certo, si è che l'autorità si presenta sotto più forme differenti, che hanno ciascuna il lor nome. Essa viene esercitata quando da un uomo solo, quando da parecchi, or più or men numerosi. E noi abbiamo ammesso non solo che questa diversità non distrugge l'autorità, ma eziandío ch' essa è regolare e più o men naturale ella stessa. Ciò che non è di naturale diritto,

si è la tirannide, si è il disordine e l'anarchía; ma l'autorità legittima, la quale governa lo Stato con giustizia, ben pare ch'esser debba di naturale diritto, sotto qualunque forma ch' ella si manifesti.

Ne seguirebbe, come abbiamo già fatto intendere, che la forma non induce a conseguenza, e che non cangia, in sostanza, l'autorità. Importa quindi esaminare ciò che propriamente costituisca l'autorità, e come, con tutte le sue metamorfosi e le sue rivoluzioni, ella rimanga sempre la stessa.

L'autorità, noi abbiamo detto, è il diritto di comandare; l'autorità suprema o la sovranità è quella che non conosce potere a lei sovrastante. Più poteri eguali, operanti insieme, e non aventi che un medesimo volere, potrebbero costituire la sovranità; ma l'umana compagnía non ha mai presentato questo fenomeno, ed è inutile ragionare sopra sì fatta base. Quando due uomini si trovano insieme, havvi diversità di parere, di umore e di volontà; e se eglino intendono agir di concerto e non formare che una forza, bisogna che l'uno ceda all'altro. Tale si è la realtà.

L'autorità suprema è dunque una ed assoluta: ell'è una, in quanto non ha che uno spirito, che una direzion, che un' azione; ell'è assoluta, in quanto alcun altro potere non può legarla") nè arrestarla. Più spiriti differenti, più volontà, non potrebbero nè dirigere nè operare insieme; e il poter supremo che si trovasse così diviso in lui

(1) Assoluto (absolutus) significa non legato, sciolto.

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