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SONETTO.

Veduto ho la lucente stella Diana

Che appare anzi che 'l giorno renda albore,
Che ha preso forma di figura umana;

Sovr' ogni altra mi par che dea splendore.
Viso di neve colorato in grana,1

Occhi lucenti, gai e pien' d' amore;

Non credo che nel mondo sia cristiana 2
Sì piena di beltate e di valore.

Ed io dal suo valor sono assalito
Con si fera battaglia di sospiri,

Che avanti lei di gir nou sare' ardito.
Così conoscess' ella i miei disíri,

Chè, senza dir, di lei sarei servito,3
Per la pietà che avrebbe de' martiri.

GUIDO CAVALCANTI.

SONETTO.

Avete in voi li fiori e la verdu a,

E ciò che luce o è bello a vedere.
Risplende più che 'l Sol vostra figura;
Chi voi non vede, mai non può valere.*
In questo mondo non ha creatura

Sì piena di beltà nè di piacere:
E chi d' Amor temesse, l'assicura
Vostro bel viso, e non può più temere.
Le donne che vi fanno compagnia

Assai mi piacen per lo vostro amore;
Ed io le prego, per lor cortesia,
Che qual più puote più vi faccia onore,
Ed aggia cara vostra signoria;

Perchè di tutte siete la migliore.

1 Grana. Coccola che tinge in rosso.

2 Cristiano e Cristiana per Uomo e Donna ora si userebbe solo nelle

scritture famigliari.

3 Sarei servilo. Avrei il mio desiderio, sarei riamato.

Non può valere. Non può acquistar valore, virtù ec.

5 Piacen, per Piacciono, voce antiquata.

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Tu porterai novelle de' sospiri
Piene di doglia e di molta paura;
Ma guarda che persona non ti miri,
Che sia nemica di gentil natura;
Chè certo per la mia disavventura
Tu saresti contesa,

Tanto da lei ripresa,

Che mi sarebbe angoscia;

Dopo la morte poscia

Pianto e novel dolore.

Tu senti, Ballatetta, che la morte

Mi stringe sì, che vita m' abbandona,
E senti come 'l cor si sbatte forte
Per quel che ciascun spirito ragiona: 3
Tant'è distrutta già la mia persona,
Ch'io non posso soffrire ;

Se tu mi vuoi servire,
Mena l'anima teco

(Molto di ciò ti preco),

Quando uscirà del core.
Deh, Ballatetta, alla tua amistate

Quest' anima che triema raccomando:

Menala teco nella sua pietate

A quella bella Donna a cui ti mando:
Deh, Ballatetta, dille sospirando,

Quando le sei presente:

Questa nostra servente
Vien per istar con vui,

Partita da colui,

No per Non, a fuggir la durezza che verrebbe da non spero.

2 Piana. Dimessa, modesta.

3 Per quel ec. Per la tempesta che fanno dentro gli affetti.

Vui, per voi; e così tui, nui, sui, per tuoi, noi, suoi, sono voci

frequenti, presso gli antichi, anche in prosa.

AMBROSOLİ. -I.

2

1

Che fu servo d'Amore.
Tu voce sbigottita e deboletta,
Ch' esci piangendo dello cor dolente,
Con l'anima e con questa Ballatetta
Va' ragionando della strutta mente.
Voi troverete una Donna piacente
Di si dolce intelletto,

Che vi sarà diletto
Davanti starle ognora:
Anima, e tu l'adora

Sempre nel suo valore.

Molto più forse che in tutti i versi fin qui riferiti può presentirsi la squisita eleganza toscana di un' età posteriore nel principio di un'altra canzone del Cavalcanti:

In un boschetto trovai pastorella

Più che la stella bella al mio parere.
Capegli avea biondetti e ricciutelli,
E gli occhi pien' d' amor, cera rosata.
Con sua verghetta pasturava agnelli,
E scalza, e di rugiada era bagnata.
Cantava come fosse innamorata;
Era adornata di tutto piacere.
D'amor la salutai immantinente,
E domandai se avesse compagnia :
Ed ella mi rispose dolcemente
Che sola sola per lo bosco gia,

E disse ecc.

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Ma stimo avere citato oramai tanto che basti a far conoscere la poesia italiana del secolo XIII. Or come la poesia, così anche la prosa di quel secolo presso alcuni è scomposta ed incolta, presso altri apparisce già ordinata e quasi potrebbe dirsi esemplare. Da tutti può lo studioso raccogliere voci e locuzioni che, dirugginite alcun poco, entreranno con buon effetto anche nelle scritture della nostra età; e massimamente da Bono Giamboni: ma io devo attenermi a quei soli nei quali troviamo, oltre una lingua men rozza, anche una composizione del periodo abbastanza regolare, una prosa propriamente detta.

19

RICORDANO MALISPINI.

Ricordano Malispini, fiorentino, fu di nobile e illustre famiglia, venuta (come dice egli stesso) anticamente da Roma. Non conosciamo con sicurezza nè l'anno della sua nascita, nè quello della sua morte; solo possiamo affermare che visse fino al 1281; giacchè fino a quell'anno condusse la storia della città di Firenze. E può dirsi che fosse il primo scrittore di cose italiane in lingua italiana; giacchè i Diurnali di Matteo Spinello pugliese, che lo precedette in questo nobile officio, sono estremamente rozzi ed incolti.

La Storia Fiorentina del Malispini comincia dall'origine della città di Firenze, e continua fino all'anno 1281. Suole nondimeno esser citato soltanto pei fatti della sua età o dei tempi a quella vicini; perchè circa alle cose antiche segue non di rado tradizioni favolose ed assurde. Rispetto poi allo scrivere, non conosce quasi grammatica, ha molti vocaboli ora caduti in disuso, molte uscite di nomi e di verbi dure o goffe per noi, e nessun artifizio di stile: ma è ricco di voci e locuzioni proprie, schiette, espressive; e nel suo libro comincia notabilmente a sentirsi la vera indole della prosa italiana.

Come in Firenze si cominciò battaglia cittadina

tra gli Uberti e la signoria de' Consoli.

Nel detto anno (1177) s' incominciò dissensione e guerra grande in Firenze tra' cittadini, che mai più non era stata e ciò fu per troppa grassezza e riposo, con superbia e ingratitudine. Chè quelli della casa degli Uberti (ch' erano i più possenti cittadini) co' loro seguaci nobili e popolari cominciarono guerra co' consoli, ch'erano signori e guidatori del comune e della città a certo tempo con certi ordini; e ciò fu per l'invidia della signoria che non era a loro volere. E fu sì diversa e aspra guerra, che quasi ogni dì, o de' due (dì) l' uno, si combatteano insieme in più parti della città, da vicinanza a vicinanza, com'erano le parti. E aveano armate le torri e quasi tutte le nobili famiglie erano chi coll' una parte e chi coll' al

1 A certo tempo. Per un tempo determinato. Con certi ordini. Governando in conformità di leggi e istituzioni stabilite; non di loro arbitrio. 2 Non era a loro volere. Non era quale essi l'avrebbero voluta.

1

3

tra; e assai di popolo, chi coll' una e chi coll' altra. E di queste torri avea grande numero nella città, l'una alta cento e venti braccia. E tutti i nobili, o la maggiore parte, aveano in quel tempo torri: e quelli che non ve ne aveano, ve ne feciono assai. E in sulle dette torri faceano mangani e manganelle 2 per gittare l'uno all' altro; ed era asserragliata la terra 3 in più parti. E durò questa pestilenza più di due anni: onde molta gente ne morì, e molti pericoli e danni ne seguì alla città. Ma tanto venne poi in su quello gittare tra' cittadini, che l'un dì combatteano, e l'altro mangiavano e beveano insieme, novellando delle virtù e prodezze l'uno dell'altro che si facea a quelle battaglie. E quasi per istraccamento e rincrescimento si rimasero per loro medesimi del combattere, e si pacificarono: e rimasero i consoli in loro signoria. Ma in fine pure crearono le maladette parti che furono poi in Firenze.

6

4

Come gli ambasciadori fiorentini e pisani

ebbero quistione in Roma.

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5

Alla incoronazione dello imperadore Federigo si ebbe grandi e ricchi ambasciadori di tutte le città di Talia, e di Fiorenza vi fue molta buona gente, e simile di Pisa. Avvenne che uno grande signore romano, ch' era cardinale, convitò a mangiare i detti ambasciadori di Fiorenza; e andati al suo convito, uno di loro, veggendo uno bello catellino di camera, il domandò. Dissegli mandasse per esso a sua volontà. Poi il detto cardinale convitò l'altro di appresso gli ambasciadori di Pisa; e per lo simile modo invaghi uno di loro del detto catellino, e sì gliele9 domandò: ed egli gliele donò, e disse mandasse per esso a sua volontà; non ricordandosi 1o l'avesse donato all'ambasciadore fiɔ

1 L'una. Ciascuna.

2 Mangani e Manganelle. Macchine per iscagliar pietre od altro.

3 La terra, la città di Firenze, era asserragliata, aveva qua e là serragli o barricate.

↳ Venne in su ec. G. Villani, che spesse volte trascrive il Malispini, dice venne in uso.

Di Talia. D' Italia.

6 Fue, andoe, hae e simili scrissero gli antichi; ora appena i poeti usano qualche volta fue per fu; e questa nota valga per molti altri luoghi.

7 Catellino; ora diciamo cagnolino.

8 Il domandò. Pregò il cardinale che glielo desse.

9 Gliele, usasi indeclinabilmente, in vece di glielo e gliela.

10 Non ricordandosi l'avesse. La sintassi piena sarebbe: Non ricordandosi che l'avesse ec. - Di questa elissi trovansi molti esempi negli antichi; ma guardi, chi vuole adoperarla, di non riuscire oscuro.

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