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Volga la vista desïosa e lieta 1
Cercandomi ed oh pieta !
Già terra infra le pietre
Vedendo, Amor l' inspiri
In guisa, che sospiri

Si dolcemente che mercè m'impetre; *
E faccia forza al Cielo

Asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea 5

(Dolce nella memoria)

Una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;
Ed ella si sedea

Umíle in tanta gloria,

Coverta già dell' amoroso nembo."

Qual fior cadea sul lembo,

Qual su le trecce bionde,

Ch' oro forbito e perle

Eran quel dì a vederle;

Qual si posava in terra e qual su l'onde;

Qual con un vago errore

Girando, parea dir: Qui regna Amore.

Quante volte diss' io

Allor pien di spavento: 8

Costei per fermo nacque in paradiso !

9

Cosi carco d'oblio

Il divin portamento

E'l volto e le parole e 'l dolce riso
M' aveano, e sì diviso

Dall' immagine vera,

1 Lieta. Amorevole, benigna.

2 Oh picta! Oh pietà, oh dolore!

3 Già terra ec. Vedendo ch' io sarò fatto già terra fra le pietre del mio

sepolcro.

Mercè ec. M' impetri, mi ottenga pietà dal Cielo.

5 Scendea. S'intende nel benedetto giorno già menzionato. Quel giorno poi è l'idea predominante nel poeta, e la cagione ch'egli desideri di essere sepolto in questo luogo; sicchè l'uscir qui a farne la descrizione non è quel gran salto che parve ad alcuni.

e lå.

6 Dell' amoroso nembo formato dai fiori.

7 Con un vago errore girando; cioè: Errando leggiadramente qua

8 Spavento. Quel sentimento che dee nascere all'aspetto di cosa straordinaria e sopranaturale.

9 Cosi ec. Il divin portamento e il volto e le parole e il dolce riso di Laura m' aveano fatto obliare il vero, ed alienato dal conoscere ciò ch'io vedea (dall' immagine vera delle cose) per modo che io ec.

Ch'i' dicea sospirando:

Qui come venn' io o quando?

Credendo esser in ciel, non là dov' era.
Da indi in qua mi piace

Quest' erba sì, ch' altrove non ho pace.
Se tu avessi ornamenti quant' hai voglia,
Potresti arditamente

Uscir del bosco e gir infra la gente.

IN MORTE DI MADONNA LAURA.

SONETTI.

Che fai? che pensi ? che pur2 dietro guardi
Nel tempo che tornar non pote3 omai,
Anima sconsolata ? che pur vai

Giugnendo legne al foco ove tu ardi ? *

5

Le soavi parole e i dolci sguardi

Ch' ad un ad un descritti e dipint' hai,
Son levati da terra; ed è, ben sai,
Qui ricercargli intempestivo e tardi.
Deh! non rinnovellar quel che n' ancide;'
Non seguir più pensier vago fallace,
Ma saldo e certo ch' a buon fin ne guide.
Cerchiamo 'l ciel, se qui nulla ne piace;
Chè mal per noi quella beltà si vide,
Se viva e morta ne devea9 tôr pace.

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6

Se tu, o mia Canzone, avessi ornamenti quant' hai voglia d'averne; ovvero se io avessi saputo adornarti quanto avrei voluto, potresti ec. 2 Che pur. A che, perchè. Dietro, qui sta per Addietro. 3 Non pote. Non puote, non può.

Giugnendo. Aggiungendo; cioè Accrescendo la tua infelicità col pensar

sempre a Laura.

5 Le soavi parole ec.; di Laurą,

6 N' ancide. Che uccide te e me.

7 Vago. Vagante, instabile. Ne guide. Ci guidi.

--

8 Qui. Nel mondo.- Mal per noi. Con nostro danno. - Quella beltà. Laura 9 Devea, per Dovea; e così spesso Devere (dal latino Debere), per Dovere 10 Accesa (sottintendi) d'amore; innamorata.

11 Sospetto. Qui vale Timore di qualche sinistro accidente. - In dubbio stato. In qualche dubbiosa e pericolosa circostanza.

Come a me quella che, 'l mio grave esiglio
Mirando dal suo eterno alto ricetto,
Spesso a me torna2 con l'usato affetto,
E di doppia pietate ornata il ciglio,
Or di madre, or d'amante, or teme or arde
D' onesto foco; e nel parlar mi mostra
Quel che 'n questo viaggio fugga o segua,
Contando i casi della vita nostra,

3

Pregando ch'a levar l' alma non tarde :*
E sol quant' ella parla ho pace o tregua.
Valle che de' lamenti miei se' piena,

5

6

Fiume che spesso del mio pianger cresci,
Fere silvestre, vaghi augelli e pesci
Che l'una e l'altra verde riva affrena;
Aria de' miei sospir calda e serena,
Dolce sentier che si amaro riesci,
Colle che mi piacesti, or mi rincresci,
Ov' ancor per usanza Amor mi mena;
Ben riconosco in voi l' usate forme,

Non, lasso in me, che da sì lieta vita
Son fatto albergo d'infinita doglia.
Quinci vedea 'l mio bene; e per quest' orme
Torno a veder ond' al ciel nuda è gita,
Lasciando in terra la sua bella spoglia.

Levommi 10 il mio pensier in parte ov' era
Quella ch'io cerco e non ritrovo in terra;
Ivi fra lor che 'l terzo cerchio serra 11

1 Dal suo ec. Dal cielo.

sto mondo senza Laura.

Grave esiglio è al poeta lo stare in que

2 A me torna. Ne' miei sogni, nelle mie imaginazioni.

3 In questo viaggio. In questa vita.

Pregando ec. Pregandomi ch'io non tardi (tarde) a innalzar l'anima Dio. Quant' ella. Finch' ella.

5 Valle ec. Valchiusa.

6 Del mio pianger. Delle mie lagrime.

Vaghi. Vaganti.

Affrena. Tien chiusi.

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7 Da si lieta vita ec.; cioè: Dopo si lieta vita, o Mutandomi da si lieta vita, son divenuto tale, che in me siede continuo dolore.

8 Quinci. Di qui io vedea Laura.

segnati dalle orme mie e di Laura.

· Per quest' orme. Per questi luoghi

Nuda, cioè pura

9 Ond' al ciel ec. Il luogo da dove è andata al cielo. anima, giacchè lasciò qui in terra la sua bella spoglia, il suo bel corpo. 10 Levommi. Sollevommi.-In parte In un luogo, cioè, in cielo, ov'era Laura. 11 Ivi fra lor ec. Fra coloro che stanno nel terzo cielo; nel cielo di Venere o degli amanti.

La rividi più bella e meno altera.1

Per man mi prese, e disse: In questa spera 2
Sarai ancor meco, se 'l desir non erra:
I' son colei che ti die' tanta guerra,
E compie' mia giornata innanzi sera.3
Mio ben non cape in intelletto umano;

4

5

Te solo aspetto e quel che tanto amasti,
E laggiuso è rimaso, il mio bel velo.
Deh perchè tacque ed allargò la mano?
Ch' al suon de' detti si pietosi e casti
Poco mancò ch' io non rimasi in cielo.

6

Zefiro torna, e 'l bel tempo rimena,
Ei fiori e l'erbe, sua dolce famiglia,
E garrir Progne e pianger Filomena;
E primavera candida e vermiglia.
Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena ;

8

2

Giove s'allegra di mirar sua figlia ;'
L'aria e l'acqua e la terra è d'amor piena;
Ogni animal d'amar si riconsiglia.9
Ma per me, lasso! tornano i più gravi 10
Sospiri, che del cor profondo tragge
Quella ch' al ciel se ne portò le chiavi :

E cantar augelletti, e fiorir piagge,
E 'n belle donne oneste atti soavi,

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1 Meno altera. Meno contegnosa. L'alterezza non è da confondere colla superbia.

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2 Spera. Sfera. Sarai ancor meco. Sarai di nuovo con me, come fosti già in terra, se non m' inganna il mio desiderio.

3 E compie' ec. E morii prima d'esser giunta a vecchiezza.

Mio ben ec. La mia felicità non può esser compresa da mente umana. 5 Te solo ec.; cioè: Aspetto te solo e il mio bel corpo (bel velo) che

tu amasti tanto, e ch'è rimasto giù nel mondo.

6 Rimasi. Più vivo ed anche più proprio del rimanessi che molti vorrebbero sostituirvi.

7 E garrir ec. E torna Progne a garrire, e Filomena a piangere, e torna Primavera, candida e vermiglia pe' variopinti suoi fiori. Altri intendono che Zefiro rimena Progne a garrire ec. Progne e Filomena poi significano la rondine e l'usignuolo; raccontando le favole che quelle due sorelle, figliuole di un re d'Atene, furono tramutate in questi uccelli.

8 Sua figlia. Venere, Dea della primavera che è la stagione dell'amore. 9 Si riconsiglia. Ripiglia partito.

10 Tornano ec. Perchè nel mese di aprile mori Laura, portando al cielo le chiavi del mio cuore, chiuso perciò ad ogni affetto che non sia di dolore.

11 Sono (sottintendi) per me.

AMBROSOLI. I.

14

Quel rosignuol che si soave piagne
Forse suoi figli o sua cara consorte,
Di dolcezza1 empie 'l cielo e le campagne
Con tante note si pietose e scorte;
E tutta notte par che m' accompagne,
E mi rammente la mia dura sorte;

2

Ch' altri che me non ho di cui mi lagne;

3

Chè 'n Dee non credev' io regnasse Morte.

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Oh, che lieve è ingannar chi s'assecura !

Que' duo bei lumi, assai più che 'l sol chiari
Chi pensò mai veder far terra 5 oscura ?
Or conosch' io, che mia fera ventura
Vuol che vivendo e lagrimando impari
Come nulla quaggiù diletta e dura.

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Che 'l mio caro tesoro in terra asconde;
Ivi chiamate chi7 dal ciel risponde,

Benchè 'l mortal sia in loco oscuro e basso.
Ditele ch' i' son già del pianger lasso,

8

Del navigar per queste orribili onde ;3
Ma ricogliendo le sue sparte fronde9
Dietro le vo pur così passo passo,
Sol di lei ragionando viva e morta,10

Anzi pur viva ed or fatta immortale,
Acciocchè 11 'l mondo la conosca ed ame.
Piacciale al mio passar 12 essere accorta

Ch'è presso omai; siami a l'incontro,13 e quale
Ella è nel ciel a sè mi tiri e chiame.

1 Dolcezza. Intendo quel misto di piacere e dolore che dicesi Malinconia. 2 Pietose. Che muovono a pietà. Scorte. Artificiose.

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3 Chè 'n Dee ec. Perocchè io non credeva che morissero anche le Dee;

e Laura mi pareva divina.

Oh, che lieve ec. Oh quanto è facile ingannare chi si tiene sicuro. 5 Far terra. Farsi, diventar terra.

6 Al duro sasso. Al sepolcro.

7 Chi. L'anima di Laura. Il mortal. La parte mortale, il corpo.

8 Orribili onde del mondo.

9 Ma ricogliendo ec. Rimembrando i suoi pregi e le sue virtù.

10 Viva nello spirito immortale, e morta nel corpo. Anzi pur (solamente, al tutto) viva.

11 Acciocchè. Indica il fine per che va ricogliendo ec.

12 Al mio passar, sottintendi, da questa vita. Al mio morire.

accorta. Stare attenta.

13 Siami a l'incontro. Vengami incontro.

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· Essere

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