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ragione questo Santo, perchè il mondo non si dee amare, e dice: Il mondo passa e la concupiscenza sua; e però, come tu non ti puoi dolere, quando si guastano le cose che tu non ami; così gli eletti non si possono dolere del ruvinante mondo. È però dicea san Paolo: La nostra conversazione è in cielo, nel quale è la città e l'abitazione nostra. Tu sai che tre nimici hanno i servi di Dio: la carne, il diavolo, il mondo; de' quali dicea Cristo agli Apostoli: Confidatevi, perocch' io ho vinto il mondo. Adunque qual persona si potrà dolere della ruina del nemico suo? e perciò ti priego che non l'ami. Se ti fa bene, tôti' quello ti dà; e di' al mondo: Questo mi toglio, e meglio non ti voglio. Tu sai, che questo mondo è paradiso de' malvagi e purgatorio degli eletti: e però i Santi ebbono a gran sospetto la prosperità del mondo e le false risa sue; perocchè 'l mondo fa a noi, come l'uomo al porco; chè volendo ucciderlo il gratta, perch' e' sa3 n'ha diletto, e poi gli dà del coltello al cuore. Non ti dico più di questa materia: hai il Boezio; ti scrissi che t'ammaestra molto di queste cose. Dicesti, che sempre hai udito che la ubbidienza è la maggiore virtù che sia; e però t'astenevi di non mi scrivere e di non venire a me, abbiendoti io scritto che ciò facessi. Molto adunque fu superba e disubbidiente la Maddalena, la quale, dicendole Cristo: Non mi toccare, quando risuscitò, non lasciò però; tanto la vinse l'amore! e non l'ebbe però Cristo per male; perocchè non si può dare legge all'amore. Volli vedere quant' era la fede tua, e la divozione e l'amore. Cacciavati, come cacciava Cristo la Cananea; ma ella, più fervente di te, mai non si volle partire: chiamolla cane; e quella pur ferma. E dèi credere che 'l Signore non la cacciava perch' ella se n'andasse, ma per dare esempio a noi come dobbiamo fare, quando simile caso intervenisse. Non posso di te dire così; ma alla prima mia parola fuggisti, e non ardivi a scrivere a colui che in Cristo t'ama cotanto. Non mi maraviglio però, perch' io ti veggia fondato più nel timore che nell' amore: perocchè il principio della sapienza è il timore; e tu se' ancora novello: avvegnachè sia un timore ch'è pieno di reverenza e amore (siccome è il timore che hai del padre tuo carnale); un altro timore che si chiama servile (quando il mal

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1 Tôti; sincope antiquata di Togliti; cioè Piglia dal mondo ec.

2 Meglio ec.; cioè: lo piglio questo da te, nè perciò ti amo.

3 Sa che n'ha diletto.

Abbiendoti. Avendoti.

5 Non lasciò però. Non tralasciò per questo di toccarlo.

6 Avvegnachè sia ec. Più chiaramente ora direbbesi: Giacchè vi è un

limore ec.

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fattore teme il podestà, e però non fa male); e un altro timore ha lo scolaio: e più sono, ma non voglio contargli tutti. Se 'l primo timore ti tenne, se' scusato del poco tuo fervore, e tiepida divozione; ma di questo voglio essere da te certificato.

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Lettera VI.

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Ebbi la limosina che mi mandasti per Donato; della quale tutti ci rallegrammo: non tanto della limosina, quanto della tua carità e divozione, la quale è a noi non men cara che la limosina. Imperciocchè veggiamo che nulla sollecitudine, nulla cura de' fatti del mondo puote si scurare la tua mente, che tu non ti ricordi de' poveri di Cristo: e colla mente e coll' opere gli ritruovi, quantunque da te si celino e fuggano, e eziandio dal mondo, per li alpi e per li diserti. Per la qual cosa noi tutti preghiamo Iddio che ti dia grazia che tu passi sì per questo diserto del mondo, che alla fine tu entri sano e salvo in Terra di Promissione, la quale è il Paradiso: e non solamente tu, ma anche chi per sangue t'appartiene e chi teco per amore e amicizia è congiunto: e diati grazia Iddio, con loro insieme, che le tue limosine sieno fatte con tanta purità e amore e allegrezza di cuore, che l'Angelo vostro le rappresenti dinanzi da Dio: guardile Iddio da ogni tentazione e gloria vana; la quale ha in usanza di porre agguato a ogni buona operazione, e gabellare 5 ogni cosa ch' entra nella città del Paradiso. Dio a voi dia tanta benedizione, che voi godiate più di quello che date, che di quello che vi rimane. E daddovero chi avesse alluminata l'anima, così sarebbe; perocchè quello che date, vi dee' fare le spese in eterno; e quello che ritenete, poco tempo: quello c'hai dato, t'ha spenti i peccati; quello che t'è rimaso, tutto di te ne fa commettere: quello che hai dato, è in sicuro luogo e mai perdere non si può; quello che ritieni, sempre sta a rischio di perdersi. Mento, se tutto di non sono spogliati gli uomini delle

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1 E però. E per questo timore.

2 E tiepida. S' intende: E della tiepida tua divozione.

3 E eziandio; cioè: E si celino e fuggano eziandio dal mondo.

Li alpi; ora dicesi sempre le alpi, al femminino.

5 Gabellare. Sottoporre a gabella; qui Menomare il pregio.

6 Chi avesse... cosi sarebbe. È come se dicesse: Sarebbe cosi qualora ne giudicasse chi avesse alluminata (illuminata) l'anima per modo da conoscere il vero delle cose.

7 Vi dee ec. Vi dee mantenere per sempre nel Paradiso.

8 Mento, se ec. Formola affermativa assai energica, usitata da questo, scrittore.

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ricchezze mondane. Quello hai dato, sempre ôra per te; ma quello che ritieni, sempre sta ozioso, quanto che a' meriti: quello che dài, pasce i poveri di Cristo; ma quello che tieni pasce la carne e il peccato. Vedi dunque, quanto dèi essere più lieto di quello che dài, che di quello che ritieni. Ma questa grazia ti conviene chiedere a Cristo, ed alla Vergine Maria che la t'accatti dal suo Figliuolo; e però di' divotamente l'uficio suo, come hai cominciato; e priegoti che nulla cagione lo ti faccia lasciare. Iddio te ne dia grazia.

Lettera XI.

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Come il mondo sta, tu3 tel vedi, e piaccia alla misericordia di Dio che non ne stia peggio; perocchè la superbia e la vanagloria regnano e sono signori del mondo, e menanlo come vogliono. Vedi, quante novità ha avute la nostra città. Gran fatica dura la Vergine Maria, per poterla dirizzare; non so, se i peccati molti la potranno impedire. So che tu ancora se' in gran travaglio per la confusione de' popoli; ma dirizza l'occhio tuo e la mente all' onore di Dio e bene del comune, e alla necessità dei poveri; e se tutto il popolo a questo ti fosse contro, non temere; perocchè arai Dio teco che è sopra tutti i popoli. E non andare caendo tuo stato, nè tuo bene propio perocchè tu hai veduto che nè la milizia nè 'l senno ha potuto atare coloro che vollono tanto, che non hanno nulla e sono fuori di casa loro. Adunque accòstati alla Giustizia di Dio e non a quella degli uomini. Séguita la parola di Dio e non quella degli uomini e non t' appoggiare tutto al mondo; perocchè tu vedi come cade; per la qual cosa conviene che caggia chi s' appoggia a lui: e sempre priega Iddio che ti faccia fare l'onore e la volontà sua. Che giova essere tempo brieve signore di Firenze, e poi essere cacciato? Oh mondo cieco! Beato colui che ti conosce! E però fuggi le sue lusinghe: e fede non avere in

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1 Quello che hai dato, ôra prega, intercede sempre per te.
2 La l'accatti, cioè: Te l'accatti; Pregando la ottenga per te.

dopo, Il ti faccia lasciare, per Te lo faccia ec.

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3 Tu. La lettera è scritta a Guido di messer Tommaso di Neri di Lippo da Firenze.

4 Quante novità ec. Le mutazioni di Firenze a quel tempo.

5 Caendo per Cercando non si direbbe più.

tichi e moderni, per proprio.

6 Atare. Antiquato per Aiutare.

Propio; così molti, au

7 E sono fuori ec. Gli esuli o fuorusciti per cagione delle intestine discordie.

8 A tempo brieve. Lo stesso che: Per breve tempo.

sua ruota, la quale vedi che ora su ora giù manda i suoi amadori; e non la può impedire senno, nè arte. Volgi dunque l' occhio tuo al vero paese, alla vera città, dove arai a stare in eterno. In quella edifica il palazzo tuo; e sempre ti ricordi,1 in che modo l'edificò san Tommaso al re d'India. E perciò usa questo mondo, come se tu non lo usassi: amalo, come se tu non l'amassi: abita in esso, come se tu non l'abitassi. Sospira spesse volte per lo desiderio della città superna, dov'è il tuo tesoro, il tuo Signore, e'tuoi fratelli Angeli, Santi, e Padri tuoi Apostoli e Martiri e Confessori; i quali ci aspettano, e godono quando si riempiono quelle sedie vôte; perchè poi saranno i corpi loro più belli che 'l sole. E però sii sempre umile e fuggi la superbia del mondo. Iddio ti dia la grazia e facciati vero Cristiano; sicchè sempre si con Cristo, con tutti i tuoi. Amen.

Lettera XXV.

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Molto mi diletta di gridare, e dire: O povertà ricca e gloriosa, le cui ricchezze nascoste sono al cieco mondo! O donna dell' universo! Tu sposa di Cristo: tu creata fusti nel Paradiso, quando Adam ed Eva, creati tanto poveri, non ebbono uno solo pannicello con lo quale potessono ricoprire la vergogna dopo il peccato; ma tolsono foglie d'alberi: e fece 2 osservare loro perfetta povertà, quando a legge d'uccello volle che vivessono; il quale non semina, nè non miete e non ripone in granaio, secondo la evangelica povertà. O povertà, abbondanza di pace, fondamento di fede, notricamento di speranza e di caritade, madre d'umiltade! onde, mentre che tu accompagnasti David re, il conservasti santo; ma da poi che si partì da te, e fu messo tra molte ricchezze, commise l'omicidio con l'adulterio. Tu se' salute degl'infermi e pazienza de' perfetti: tu rompi la iracundia e raffreni ogni furore: tu se' olio di misericordia, acqua che lavi, fuoco che purghi; onde dice Iddio per lo Profeta: Io t'ho provato nella fornace della povertà. Tu dimostri Iddio, e offendi il diavolo: tu illumini come il sole, e fai l' anima bella: tu inviti gli Angeli in tuo aiuto; e di Dio fai tuo procuratore e ministro. Mento, se l' Apostolo non dice: Ogni cura gittate in Dio, imperocchè egli ha cura di voi. Tu cacci le te

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1 Ti ricordi. Imperativo; Ti sia nella memoria; ora: Ricordati.

2 E fece. Dee forse supplirsi il Creatore.

3 A legge d'uccello ec. In quel modo che vivono gli uccelli.
Gittale. Ponete, rivolgete; ma indica impeto di affetto.

AMBROSOL!. - I.

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nebre e santifichi l'uomo: e coloro che t'amano e onorano gli fai beati, e cámpigli1 nel dì della morte, ovvero dello eternal giudicio; onde dice il Salmo: Beato è colui che attende al povero e al bisognoso; imperocchè il Signore il liberrà 2 nel dì reo e pericoloso. Tu se' purgatorio de' peccati: tu apri i sensi e l'anima dilati: tu fai gli uomini perfetti e dài desiderio del regno del cielo contro ogni vizio se' spada che difendi; tu empi il Cielo, e rubi lo inferno: tu se' amata da' savi, e sei odiata dalli stolti del mondo.

SANTA CATERINA DA SIENA.

Lettere inspirate da sincero fervor religioso, e scritte con esemplare purità di lingua, vivezza di modi ed efficacia di stile, ci lasciò altresì Caterina da Siena; la quale nel viver breve di soli trentatrè anni (dal 1347 al 1380) mostrò tanto ingegno, tanta prudenza e tanta virtù, che fu mediatrice fra la repubblica fiorentina e il pontefice Gregorio XI; cooperò grandemente al ritorno dei papi in Roma, ed a far prevalere Urbano VI sull' antipapa Clemente; scrisse oltracciò opere ascetiche paragonabili dal lato della lingua con quelle dei migliori fiorentini; e dopo la stima e la riverenza dei contemporanei, meritò che il pontefice Pio II la collocasse tra i santi. Non sarebbe agevole trovare alcuna di queste lettere che trascritta intiera piacesse presentemente agli studiosi o corrispondesse in tutto al fine di questo libro; ma quasi da ognuna si potrebbero trarre alti e forti pensieri espressi con rara evidenza e con energia non meno efficace che originale. Eccone alcuni saggi:

Il tesoro della Chiesa è il sangue di Cristo dato in prezzo per l'anima; perocchè il tesoro del sangue non è pagato per la sustanzia temporale, ma per salute dell'umana generazione. Sì che poniamo che siate tenuto di conquistare e conservare il tesoro e la signoria della città la quale la Chiesa ha perduto, molto maggiormente sete tenuto di racquistare tante pecorelle che sono uno tesoro nella Chiesa, e troppo impoverisce quando ella le perde... Aprite, aprite bene l'occhio dell' intelletto con fame e desiderio

1 Campigli. Li campi, li salvi.

2 Liberrà; sincope di Libererà.

3 Rubi lo inferno. Dicesi rubar uno e rubar ad uno. Qui dunque vuol dire Rubi all' inferno chi forse vi andrebbe se fosse ricco.

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