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Con Cenni astuti, messaggier de' cuori ;
E fissi Sguardi, con pietoso Viso,
Tendon lacciuoli a' giovani tra' fiori :
Stassi, col volto in sulla palma, assiso
Il Pianto in compagnia de' suoi Dolori :
E quinci e quindi vola senza modo
Licenza, non ristretta in alcun nodo.
Cotal milizia i tuoi figli accompagna,
Venere bella, madre degli Amori.
Zefiro il prato di rugiada bagna,
Spargendolo di mille vaghi odori:
Ovunque vola, veste la campagna
Di rose, gigli, violette e fiori.
L'erba di sua bellezza ha maraviglia :
Bianca, cilestra, pallida e vermiglia.
Trema la mammoletta verginella,

Con occhi bassi, onesta e vergognosa;
Ma vie più lieta, più ridente e bella
Ardisce aprire il seno al Sol la rosa :
Questa di verdi gemme s' incappella,
Quella si mostra allo sportel1 vezzosa:
L'altra che 'n dolce foco ardea pur ora,
Languida cade, e 'l bel pratello infiora.

CANZONE.

La non vuol esser più mia,

La non vuol la traditora:

L'è disposta alfin ch'io mora

Per amore e gelosia.

La non vuol esser più mia,

La mi dice: Va' con Dio;
Ch'io t'ho posto omai in oblio,
Nè accettarti mai potria.

La non vuol esser più mia,
La mi vuol per uomo morto;
Nè giammai le feci torto:
Guarda mo che scortesia!
La non vuol esser più mia;

La non vuol che più la segua;
La m'ha rotto pace e tregua

1 Si mostra ec.; cioè: Comincia a farsi vedere sbucciando dal bottone.

Con gran scorno e villania.
La non vuol esser più mia.

Io mi trovo in tanto affanno,
Che d'aver sempre il malanno
Io mi credo in vita mia.
La non vuol esser più mia;
Ma un conforto sol m'è dato,
Che fedel sarò chiamato,
Sarai tu spietata e ria.

FEO BELCARI.

Il Mazzucchelli, il Crescimbeni e il Poccianti annoverano Feo o Maffeo Belcari tra i poeti italiani; e Girolamo Benivieni, non ultimo fra i cultori della poesia volgare nel secolo XV, compiangendone la morte lo chiama poeta cristiano. Contuttociò la sua riputazione oggidì non è di poeta ma di prosatore: perocchè nelle poesie va coi mediocri della sua età così pei concetti come per la forma, nè si accosta punto ai migliori; ma nelle prose vince di schiettezza, evidenza e semplicità nobile e dignitosa tutti i suoi contemporanei a noi noti. Pietro Giordani disse egregiamente essere il Colombini (cioè la vita che di lui scrisse il Belcari) un arancio in gennaio, un frutto del Trecento nel Quattrocento; avere il Belcari adoperato quella lingua e quello stile, tutto oro finissimo, delle Vite dei santi Padri.

Troviamo che Feo Belcari, di nobil famiglia fiorentina, fu più volte tra i magistrati della sua patria, dove poi morì nel 1484, già vecchio, lasciando fama d'uomo dotto non meno che buono, e di cittadino esemplare : ma ignoriamo in quale anno sia nato.

Come poeta, compose alcune Laude e Rappresentazioni di argomento religioso, quali usò il suo secolo, non per questo più pio o men vizioso degli altri; come prosatore, scrisse la Vita del Beato Giovanni Colombini e dei primi che lo seguitarono nell' Ordine dei Gesuati da lui istituito. Il suo merito e la sua lode principale consiste in ciò, al parer mio, che volendo allontanarsi dalla rozzezza de' suoi contemporanei si propose di far rivivere la semplicità del secolo precedente; mostrando con ciò miglior gusto e più diritto giudizio di molti Cinquecentisti.

Conversione di Giovanni Colombini a Dio.

Nell'anno del Signore 1355 essendo un giorno tornato Giovanni a casa con desiderio di prestamente mangiare, e non trovando (com' era usato) la mensa e i cibi apparecchiati, s'incominciò a turbare colla sua donna e colla serva riprendendole della loro tardità, allegando che per strette cagioni gli conveniva sollecitarsi di tornare alle sue mercanzie. Al quale la donna benignamente rispondendo disse: Tu hai roba troppa e spesa poca; perchè ti dái tanti affanni? E pregollo ch' egli avesse alquanto di pazienza, chè prestissimamente mangiare potrebbe; disse: Intanto ch' io ordino le vivande, prendi questo libro, e leggi un poco; e posegli innanzi un volume che conteneva alquante vite di Santi. Ma Giovanni scandalizzatosi prese il libro e gittandolo nel mezzo della sala, disse a lei: Tu non hai altri pensieri che di leggende; a me convien presto tornare al fonlaco. E dicendo queste e più altre parole, la coscienza lo cominciò a rimordere in modo che ricolse il libro di terra e posesi a sedere. Il quale aperto,' gli venne innanzi per volontà divina la piacevole storia di Maria Egiziaca peccatrice, per maravigliosa pietà a Dio convertita. La quale 2 in mentre che Giovanni leggeva, la donna apparecchiò il desinare, e chiamollo che a suo piacere si ponesse a mensa. E Giovanni le rispose: Aspetta tu ora un poco, per infino che questa leggenda io abbia letta. La quale avvegnachè fosse di lunga narrazione, perchè era piena di celeste melodia, gli cominciò addolcire il cuore; e non si volle da quella lezione partire, per infino che al fine pervenisse. E la donna vedendolo così attentamente leggere, tacitamente ciò considerando, n'era molto lieta, sperando che gli gioverebbe a edificazione della sua mente; però che non era già usato leggere tali libri. E certo adoperando la divina grazia, cosi avvenne chè però quell' istoria in tal modo gli s'impresse nell' animo, che di continuo il dì e la notte la meditava. E in questo fisso pensiero il grazioso Iddio gli toccò il cuore in modo, che incominciò a disprezzare le cose di questo mondo, e non essere di quelle tanto sollecito, anzi a fare il contrario di quello ch' era usato. Imperocchè in prima era si tenace, che rade volte faceva limosina nè voleva che in casa sua si faces

Il quale aperto. Ablativo assoluto; come se dicesse: E quando ebbe aperto quel libro, gli venne ecc.

2 La quale storia; ed è oggetto di leggeva.

se; e per cupidità ne' suoi pagamenti s' ingegnava di levar qualche cosa dal patto fatto; ma dopo la detta salutifera lezione, per vendicarsi della sua avarizia, dava spesso due cotanti di elemosina che non gli era addimandato, e a chi gli vendeva alcuna cosa pagava più danari che non doveva avere. E così incominciò a frequentar le chiese, digiunare spesso, e a darsi all' orazione e all' altre opere divote. Ed essendosi per alquanto tempo in simili opere pie esercitato, crescendo di virtù in virtù e ogni dì nella via del Signore migliorando, facendo a' poveri larghe elemosine, vennegli in desiderio di voler essere al tutto povero e mendico per amor di Gesù Cristo, acciocchè in tutto spogliato di sè e d'ogni cura terrena potesse speditamente seguitare il poverello Cristo suo Signore.

Morte di Giovanni Colombini.

Come fedelissimo cristiano chiese il santo sacramento dell'estrema unzione; la quale con buono conoscimento devotissinamente ricevette. E approssimandosi al transito della morte, i suoi diletti fratelli si posono intorno a lui in orazione, pregando affettuosamente Dio, che gli avesse misericordia. E il sacerdote gli fece le raccomandigie dell' anima e altro salutifero officio; e ultimamente gli lesse la passione del nostro Signore Gesù Cristo secondo che è scritta nel santo evangelio. E quando fu a quella parola che dice in manus tuas, Domine, commendo spiritum meum, allora quella benedetta anima sciolta dal corpo andò, secondo che chiaramente si crede, alla gloria di vita eterna; e fu in sabato a dì ultimo di luglio dell'anno del Signore 1367. E avvegnachè quando i santi uomini passano di questa mortale vita non si dovesse piangere, perocchè vanno a vita immortale; nientedimeno, passato che fu il beato Giovanni di questo secolo, intra' sopradetti suoi figliuoli si levò un grande pianto, vedendosi avere corporalmente perduto sì ottimo e dolcissimo padre. E più che gli altri Francesco Vincenti pareva che di dolore si consumasse: il quale gittandosegli al collo, e per tutto baciandolo, con alta voce diceva: O padre mio Giovanni, perchè m' hai così lasciato? È questa la compagnia che io da te speravo? Chi sarà oggimai il mio consiglio? chi fia il mio sostegno? da chi troverò mai simile conforto? Tu eri a me

1 Fratelli. I seguaci dell' Ordine da lui fondato: perciò fi chiama poi anche figliuoli.

2 Raccomandigie. Ora non si direbbe altrimenti che raccomandazioni dell' anima.

ottimo maestro e padre; tu illuminavi la mente; tu m'infiammavi l'affetto, e sempre mi drizzavi per la salutifera via. O Giovanni mio dolcissimo; io non piango te, ma piango me: pe. rocchè tu se' ito a godere, io sono rimasto a tribolare; io sono ben lieto della tua felicità, ma son dolente della mia miseria. O amatissimo Giovanni! con ogni desiderio supplico la tua carità, che preghi Dio che mi tragga presto di queste tenebre, e conducami a stare teco nella perpetua luce. Oh! quando sarà quell' ora che con teco mi ritrovi. E dicendo l'ottimo Francesco queste e più altre parole, da capo l'abbracciava, baciandogli con molte lagrime le mani e il volto. E con simili parole tutti gli altri poverelli fortemente si lamentavano; e ciascuno narrava de' gran beneficii e dei dolcissimi ammaestramenti da lui ricevuti; e per grande ora in simil modo piansono.

JACOPO SANNAZZARO.

La famiglia de'Sannazzari si tramutò da Pavia a Napoli nel 1380 seguitando Carlo di Durazzo. Quel re e il suo successore Ladislao l' arricchirono di molti doni; Giovanna II ne la spogliò: sicchè Jacopo nato nel 1458 ebbe parenti nobili e illustri, ma già decaduti dall' avita ricchezza.

I suoi progressi nello studio furono rapidissimi, e ne diede assai presto bei frutti.

Nell' età di otto anni s'innamorò di una fanciulla per nome Carmosina Bonificia; e, giovine ancora, credendosi per lontananza guarire della cocente e mal corrisposta passione, abbandonò la patria, e andò in Francia. Non giovandogli poi quel soggiorno, si ricondusse a Napoli, ma trovò che la donna da lui amata era morta.

Rivide una seconda volta la Francia accompagnando il re Federico, a cui Luigi XII e Ferdinando di Spagna avevano tolto il regno: perocchè, gratissimo alle non larghe beneficenze avute da quel principe, come lo vide infelice, gli fece dono di quasi tutta la propria sostanza, e lo seguitò nell' esiglio.

Morto poi Federico, ritornò a Napoli, e quivi stette fino all'anno 1530 nel quale morì. Negli ultimi tempi del viver suo, ebbe il dolore di perdere la villa di Mergoglino che il re Federico gli aveva donata, e che il principe d'Orange fece distruggere perchè non servisse

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