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Talche mi fermo ritto in su di un canto.
Allora Amore che mi sta guatando

Mi mostra per dispetto e mi ostenta,
E mi va canzonando in altro metro;
Nè il dice tanto pian ch' io non lo senta;
Ed io rispondo così borbottando:

Mostrami almen la via ch' io torni indietro.

LEONARDO DA VINCI (castello del Valdarno) nacque nel 1445, stette parecchi anni in Milano al tempo di Lodovico il Moro, e finì di vivere in Francia l'anno 1519. La sua celebrità è come artista: nondimeno nel suo Trattato della Pittura ci ha lasciato un buon esemplare anche di bello scrivere.

Del non imitare l'un l'altro pittore.

Un pittore non deve mai imitare la maniera d'un altro, perchè sarà detto nipote, e non figlio della natura; perchè essendo le cose naturali in tanto larga abbondanza, più tosto si deve ricorrere ad essa natura, che alli maestri che da quella hanno imparato.

Come si deve figurare una notte.

Quella cosa che è priva interamente di luce è tutta tenebre. Essendo la notte in simile condizione, se tu vi vogli figurar un'istoria, farai che, essendovi un gran fuoco, quella cosa che è propinqua a detto fuoco più si tinga nel suo colore; perchè quella cosa che è più vicina all' obbietto più partecipa della sua natura e facendo il fuoco pendere in color rosso, farai tutte le cose illuminate da quello ancora rosseggiare, e quelle che son più lontane a detto fuoco, più siano tinte del color nero della notte. Le figure che son fatte innanzi al fuoco appariscano scure nella chiarezza d'esso fuoco; perchè quella parte che vedi è tinta dall'oscurità della notte, e non dalla chiarezza del fuoco: e quelle che si trovano dai lati, siano mezze oscure e mezze rosseggianti; e quelle che si possono vedere dopo i termini della fiamma, saranno tutte allumate di rosseggiante lume in campo nero. In quanto agli atti, farai quelli che sono appresso farsi scudo con le mani, e con i mantelli riparo dal soverchio calore, e voltati col viso in contraria parte, mostrando fuggire : quelli più lontani, farai gran parte di loro farsi con le mani riparo agli occhi offesi dal soverchio splendore.

Del comporre l'istorie.

Ricordati, pittore, quando fai una sola figura, di fuggire gli scorci di quella, sì delle parti come del tutto; perchè tu aresti a combattere con l'ignoranza degl' indotti in tal arte: ma nell'istorie fanne in tutti i modi che ti accade, e massime nelle battaglie, dove per necessità accadono infiniti scorciamenti e piegature delli compositori di tal discordia o vuoi dire pazzia bestialissima.

Delle attitudini delle figure.

Dico che il pittore deve notare le attitudini e li moti degli uomini, nati di qualunque accidente immediate; e siano notati o messi nella mente, e non aspettare che l'atto del piangere sia fatto fare a uno in prova senza gran causa di pianto, e poi ritrarlo perchè tal atto, non nascendo dal vero caso, non sarà nè pronto nè naturale: ma è ben buono averlo prima notato dal caso naturale, e poi fare star uno in quell' atto per vedere alcuna parte al proposito, e poi ritrarlo.

Come si devono far le pieghe a' panni.

A un panno non si deve dare confusione di molte pieghe; anzi farne solamente dove con le mani o braccia sono ritenute, ed il resto lasciar cadere semplicemente e si debbono ritrarre di naturale; cioè, se vorrai fare panno lana, usa le pieghe secondo quelli, e se sarà seta o panno fino o da villano, va diversificando a ciascuno le sue pieghe; e non fare abito (come molti fanno) sopra i modelli coperti di carta o corame sottile; chè t'inganneresti forte.

Sempre le pieghe de' panni situati in qualunque atto delle figure debbono con i suoi lineamenti mostrare l'atto di tal figura, in modo che non diano ambiguità o confusione della vera attitudine a chi la considera: e che nessuna piega con l'ombra tolga alcun membro, cioè che paia più a dentro le profondità della piega, che la superficie del membro vestito.

FILIPPO BRUNELLESCHI, celebre architetto fiorentino, nato nel 1377 e morto verso il 1444.

Madonna se ne vien dalla fontana

Coutro l'usanza con vôto l'orcetto,1

1 Orcetto, diminutivo di Orcio, vaso di terra cotta.

E ristoro non porta a questo petto,
Nè con l'acqua, nè con la vista umana.
O ch'ella ha visto la biscia ruana

Strisciar per l'erba in su quel vïaletto,
O che 'l can la persegue, o v' ha sospetto
Che stiavi dentro in guato la befana.1
Vien qua, Renzuola, vienne, che vedrai
Una fontana e due e quante vuoi,
Nè dal padre severo avrai rampogna.
Ecco che stillan gli occhi tutti e duoi:
Cogliene tanto quanto ti bisogna,

E più crudel che sei, più ne trarrai.

LORENZO DE' MEDICI nato in Firenze il primo giorno dell'anno 1448, successe nel 1469 a Piero suo padre nel governo della repubblica, e morì nel 1492. Come scrittore (di prose e di versi) non seppe schifare pienamente la rozzezza in cui la lingua italiana era caduta ; ma sta nondimeno fra i migliori della sua età. Anche nelle poesie amorose si scorge l' ingegno nudrito di filosofici studi. Fece parecchi Canti Carnascialeschi che si cantavano nelle feste o mascherate colle quali distraeva dalle faccende politiche il popolo fiorentino e ne guadagnava il favore.

O bella violetta, tu se' nata

Ove già 'l primo mio bel disio nacque ;
Lagrime tristi e belle furon l'acque
Che t'han nutrita e più volte bagnata.
Pietate in quella terra fortunata

Nutri il disío, ove il bel cesto giacque.
La bella man ti colse, e poi le piacque
Farne la mia per si bel don beata.
E mi par ad ognor fuggir ti voglia

A quella bella mano; ond' io ti tegno

Al nudo petto dolcemente stretta:

Al nudo petto, che disire e doglia

3

Tiene in loco del cor che il petto ha a sdegno,

E stassi onde tu vieni, o violetta.

1 Befana. Fantoccio per metter paura a' fanciulli.

2 Il bel cesto della viola.

3 Che ec. I qual core sdegna di albergare nel mio petto, e se ne sta nel luogo d' onde tu vieni, cioè presso la donna che a me ti ha data.

Trionfo di Bacco e di Arianna.

Quanto è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia !
Chi vuol esser lieto sia ;

Di doman non ci è certezza.
Questo è Bacco e Arïanna

Belli, e l' un dell' altro ardenti;
Perchè 'l tempo fugge e inganna
Sempre insieme stan contenti :
Queste Ninfe e altre genti
Sono allegre tuttavia:

Chi vuol esser lieto sia;

Di doman non ci è certezza.

Questi lieti Satiretti

Delle Ninfe innamorati,

Per caverne e per boschetti
Han lor posti cento aguati:
Or da Bacco riscaldati
Ballan, saltan tuttavia :

Chi vuol esser lieto sia;

Di doman non ci è certezza.
Queste Ninfe hanno ancor caro
Da loro essere ingannate:
Non puon fare a Amor riparo1
Se non genti rozze e ingrate;
Ora insieme mescolate

Fanno festa tuttavia:

Chi vuol esser lieto sia;

Di doman non ci è certezza.
Questa soma che vien dreto 2
Sopra l'asino, è Sileno :
Cosi vecchio è ebro e lieto,
Già di carne e d'anni pieno :
Se non può star ritto, almeno
Ride e gode tuttavia:

Chi vuol esser lieto sia :

Di doman non ci è certezza.

Fare riparo. Contrastare.

2 Dreto. Dietro. Chiama soma Sileno che per ubbriachezza non si può reggere da sè.

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1 Mida (dicono le favole) per insaziabile desiderio di ricchezze ottenne dagli Dei che ogni cosa da lui toccata diventasse oro, donde sarebbe morto di fame, se gli Dei stessi non venivano in suo soccorso privandolo di quella infausta prerogativa. Questo personaggio è introdotto qui per insegnare che è ricco abbastanza chi si contenta e gode di quello che ha.

FINE DEL PRIMO VOLUME.

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