Sayfadaki görseller
PDF
ePub

suale 1. Nelle rime per Beatrice tutto è sovrasensibile, aereo, trasparente, angelicato: in queste, e idee e imagini e comparazioni s'informano o son tratte dal sensibile più fortemente e duramente percepito:

Nulla mi parrà mai più crudel cosa
Di lei per cui veder la vita smago,
Chè il suo desire in congelato lago
Ed in foco d'amore il mio si posa 2.

Ohimè, perchè non latra

Per me, com'io per lei, nel caldo borro 3?

In quelle, profumo d'incenso e l'aere grave e rinserrato della chiesa senza mai un accenno o un desiderio alla natura: in queste si respira qualche volta la freschezza della campagna e la gioia del cielo aperto e

Il dolce tempo che riscalda i colli

E che gli fa tornar di bianco in verde 4,

Dolce tempo novello quando piove

Amore in terra da tutti li cieli 5.

In quelle il poeta trema innanzi alla fanciulla velata che a pena alza gli occhi; in queste dice ch'ei l'ha chiesta in un bel prato d'erba

Innamorata,

ed esclama

6

Deh quanto bel fu vederla per l'erba
Gire alla danza vie me' ch'altra donna

Danzando un giorno per piani e per colli 7!

1 Le rime a cui accenno sono: le tre canzoni, Così nel mio parlar.. Amor, tu vedi ben..., lo son venuto al punto...: la sestina Al poco giorno.... con le due, se fossero autentiche, che la séguitano: il son. E' non è legno.... e gli altri tre lo son si vago..., Nulla mi parrà mai..., Io maledico il dì.... che desidererei autentici, tanto son belli. 2 Son. XLIII. 3 Canz. IX. 4 Sest. I. 5 Canz. XI. 6 Sest. 1. 7 Sest. II, se veramente è autentica, come il Fraticelli crede.

In quelle, rimembranze bibliche e apocaliptiche: in queste, figure mitologiche e fin un verso d'Ovidio mirabilmente tradotto:

Nè quella ch'a veder lo sol si gira

E' non mutato amor mutata serba

Ebbe quant'io giammai fortuna acerba 1:

(Vertitur ad solem mutataque servat amorem) 2:

unica, credo, imitazione dal latino in tutte le liriche di Dante. In quelle, l'adorazione sodisfatta di sè stessa: in queste, il desiderio ribelle alla ragione,

Io son si vago della bella luce

Degli occhi traditor che m'hanno anciso,
Chè là dov'io son morto e son deriso
La gran vaghezza pur mi riconduce.

E quel che pare e quel che mi traluce
M'abbaglia tanto l'uno e l'altro viso,
Che da ragione e da virtù diviso

Seguo solo il disio come mio duce 3.

il desiderio cocente che riarde l'anima, e la cui vampa, come per iscrepolata parete, guizza e lingueggia per le rotture dello stile e per gli iati della versificazione:

Ahi angosciosa e dispietata lima

Che sordamente la mia vita scemi,
Perchè non ti ritemi

Rodermi così il core a scorza a scorza 4?

In quelle, continua azione di grazie, inno eucaristico alla bellezza: in queste, l'amor non sodisfatto divien crudele, veste quasi le sembianze dell'odio o almeno ne toglie in prestito le parole; la donna appetita e ritrosa è una scherana micidiale e latra cui pregasi amore

1 Son. XLIII, 2 Metam. IV 270. 3 Son. XXII. 4 Canz. IX.

che dia d'una saetta per mezzo al core, e il poeta vorrebbe por mano ne'biondi capelli che sono fatti scudiscio e sferza per lui, e allora :

I'non sarei pietoso nè cortese,

Anzi farei com'orso quando scherza 1.

In quelle, tenero e sommesso il gemito, se gemito v'è: in queste, singhiozzi e fremiti, e l'amatore grida:

Io maledico il dì ch'io vidi in prima

La luce de' vostr'occhi traditori

El punto che veniste in su la cima

Del core a trarne l'anima di fòri 2.

In quelle, si canta l'amore che fa perdonar le offese, e la carità e l'umiltà sono le virtù che più volentieri l'accompagnano: in queste si proclama,

Che bell'onor s'acquista a far vendetta 3.

In quelle, la soavità e la pianezza del verso delle rime e fin delle sillabe è ineffabile: in queste è affettata la rude audacia dei traslati delle immagini delle comparazioni, anche l'asprezza de' suoni, anche la difficoltà delle rime; e il verso sussulta con forte battito come le arterie delle tempie ed il cuore:

El m'ha percosso in terra, e stammi sopra
Con quella spada ond'egli ancise Dido,
Amore, a cui io grido

Mercè chiamando, ed umilmente il priego:
E quei d'ogni mercè par messo al niego.
Egli alza ad or ad or la mano, e sfida
La debole mia vita esto perverso,

1 Canz. IX. 2 Son. XXXII. Oh andate un po' ad applicare alla filosofia questo sonetto e la canz. Ix di cui più versi abbiam riportato, senza commovere l'inestinguibile riso in chiunque ha serbato cuor d'uomo se non ha cervello di scolastico. 3 Canz. IX.

Che disteso e riverso

Mi tiene in terra d'ogni guizzo stanco:

Allor mi surgon nella mente strida;

El sangue, ch'è per le vene disperso,
Fuggendo corre verso

Lo cor che'l chiama; ond'io rimango bianco.

Egli mi fiede sotto il braccio manco

Si forte, che 'l dolor nel cor rimbalza:

Allor dich'io - S'egli alza

Un'altra volta, morte m'avrà chiuso
Prima che 'l colpo sia disceso giuso.

ne' biondi capegli,

Ch'Amor per consumarmi increspa e dora,
Metterei mano e saziere' mi allora.

S'io avessi le bionde treccie prese,

Che fatte son per me scudiscio e ferza,
Pigliandole anzi terza

Con esse passerei vespro e le squille;

E non sarei pietoso nè cortese,

Anzi farei com'orso quando scherza;

E, se Amor me ne sferza,

Io mi vendicherei di più di mille.

Ei suoi begli occhi, ond'escon le faville

Che m'infiammano il cor ch'io porto anciso,
Guarderei presso e fiso,

Per vendicar lo fuggir che mi face:

E poi le renderei con amor pace 1.

In quelle, il giovine poeta par trasceso a un secolo ideale, ben differente e ben superiore alla ringhiosa età de' Bianchi e de' Neri: in queste riapparisce l'uomo del tempo suo, che desidera con violenza, che sente forte l'amor come l'odio, che nel Convito scriverà: « Col coltello e non con argomenti convien rispondere a chi così parla », che addotto negli amari passi dell' esiglio

1 Canz. IX.

«

ogni femminella, ogni piccol fanciullo, ragionando di parte e dannante la ghibellina, l'avrebbe a tanta insania mosso che a gittare le pietre l'avrebbe condotto 1».

A noi, tanta ardenza di sentimenti, tale sfogo della propria natura dell'uomo, dopo il ritegno della mistica contemplazione di Beatrice, a noi piace. È la passione della gioventù dopo l'amore dell' adolescenza: è come la gran vampa del sole d'estate, quando tutto ribocca di vita, che ci fa più largamente sentir l'esistenza: è come il temporale di mezzogiorno dopo una soave mattinata di primavera, quando il cielo che già pieno di tutte le armonie d'aprile sfumava ridente nell'azzurro infinito ci fa sentire che ha pur anche le sue nubi gravi d'elettrico e i suoi tuoni e' suoi fulmini. Ci voleva anche questa corrente di poesia per compiere nell' estatico amatore di Beatrice il poeta futuro.

Ma questa serie di rime a qual tempo s'ha da riportare della vita di Dante? Da principio inchinavo pe' primi anni dell'esiglio. Mi parea di leggervi entro l'anima del poeta già ferita e inacerbita dal vero dell'essere; e come in quelle asprezze di suoni credevo di risentire quasi un'eco di certi canti dell'inferno, così in quell' amatore che vorrebbe por mano nelle chiome bionde senza esser pietoso nè cortese m'avvisava di raffigurare il fiero pellegrino dell'antenóra che prende per la cuticagna il traditore Abati. Ma nell' esiglio quanti e quali amori ebbe da vero l'Alighieri? Due. E primo quel per la femmina casentinese ch'ei stesso confessa nella lettera del 1307 a Moroello Malaspina e del quale fece una canzone ben certa 2. Amore cotesto che non potè avere lunga durata; se Dante sceso

[blocks in formation]
« ÖncekiDevam »