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ritto romano, gente che aveva da affrontare la realtà della vita negl'interessi dei comuni nelle lotte dei partiti negli ardimenti dell' industria, potevano per allora pensare a rifar su'l serio quegl'intrecci di eroi dai lievi contorni che vanno sfumando in un turbine di avventure mal comprese? potevano pensarvi essi che ammiravano Virgilio ed Ovidio? Cavalieri e dame leggevano di Lancillotto e Ginevra in francese: il popolo ascoltava con diletto nelle piazze i cantastorie di Orlando e Carlo Magno, che potevano essere anche francesi o che cantavano un francese fatto a pena italiano nelle desinenze, come è quello del Renart veneto; ascoltava, e, dov' ei vedesse un masso di maravigliosa mole, diceva esser quello stesso che fu spezzato in due dalla spada del paladino d'Anglante; affermava rialzate o edificate dal santo imperatore quelle mura e quella basilica; poneva nell'Etna il fatale nascondiglio di Artù o nelle buche delle fate di Fiesole il misterioso sacrario dell'incantagione d'Orlando. Ma intanto il comune di Bologna, a cui certi oziosi circoli non garbavano, vietava con decreto del 1265, dell'anno stesso in cui nacque Dante, che i cantores francigenarum si fermassero su le piazze. E i cavalieri attendevano alle loro possessioni allodiali, o con lor masnade andavano di terra in terra per capitani e podestà; e il popolo badava a snidar dai castelli quel che avanzava di feudatarii e a costringerli a città e poi cacciarli anche di città come grandi. I romanzi d'avventura furon dunque riserbati per il rifacimento, pel ricreamento, dirò anzi, artistico, a secoli più oziosi o più aristocraticamente foggiati, il decimoquinto e il decimosesto; per allora si tradussero alla meglio, tanto per servire alla richiesta dei disoccupati e delle donne, alla meglio, come sono stati

tradotti a'nostri tempi i romanzi del Dumas da mestieranti. Ci fu per avventura qualche tentativo poetico, ma di poco nome o di niuno: tutto finisce qui. Per adesso della poesia cavalleresca maggior vestigi lasciò e più si apprese alle menti quella parte che di natura sua è più universale e comune; la lirica individuale. E due effetti operò; buono l'uno, e pessimo l'altro: inculcò, almeno per moda, quello speciale rispetto alla donna, considerata come sorgente di virtù e perfezione, e con ciò mantenne certa gentilezza nel costume e nelle idee de'nostri popoli un po' troppo inchinati al realismo: esercitò con le sue forme una ben trista influenza su la lirica italiana, impigliandone più d'una volta e costringendone il proprio e libero procedere, e avvezzandola talvolta, e assai di buon'ora, a un che di arguto e manierato.

Più efficace opera, e di più durevole impressione, almeno in parte, avea fatto il principio ecclesiastico. Lasciamo stare i suoi cicli leggendarii accumulati nelle età grosse del medio evo e tramandati di secolo in secolo, i cicli orientali e bizantini dei martiri dei solitari e dei contemplanti, i cicli latini cominciati da Gregorio Magno col Dialogo e chiusi coll'Aurea leggenda del Da Varagine; lasciamoli stare, sebbene e' sien qui tutti pronti su le soglie dell'età nuova a fornire materia ed argomento ai raccontatori ed ai mistici del secolo decimoquarto, alla poesia drammatica del secolo decimoquinto, alla pittura dal duecento a tutto quasi il cinquecento. La Chiesa avea fatto assai di più. Su'l principio del secolo decimoterzo, contro le eresie della ragione e del sentimento d'ogni dove irrompenti e favoreggiate più o meno apertamente, secondo le occasioni da Federico secondo e dalla parte imperiale, la Chiesa avea

commesso il suo verbo a due potenti milizie; e queste si erano sparse fra le genti rinnovando su 'l mondo il suggello della fede. Intorno al capo di san Francesco, frate innamorato di tutte le creature, socialista cristiano, volano le colombe, e i lupi gli lambiscon la mano; e il popolo gl'intesse una ghirlanda lucida e serena che si riflette su l'arte della parola e del disegno. Intorno al capo di san Domenico rugghiano le fiamme dei roghi e sibila come fionda di piombo il sillogismo del definitore teologo: egli brandisce una facella, che vorrebbe esser di luce, ma che vapora d'inferno per la via dei secoli. E due famiglie, due eserciti, seguitano quei padri e quei duci. In mezzo all'una procede contemplando e inneggiando il serafico autore dell' Itinerario della mente verso Dio, in mezzo all'altra, tutto chiuso e concludendo in forma, l' Angelo delle scuole. Gli uni si rivolgono al sentimento col misticismo, gli altri all'intelletto con la scolastica. Letterati e artisti, gli uni fanno miglior prova nella leggenda nella lirica nell'architettura, gli altri nel trattato e nella pittura. Ribelli all'autorità, gli uni si chiameranno fraticelli della povera vita, specie di quaqueri, e daranno, vittima ignota, un fra' Michele; gli altri produrranno fra' Girolamo Savonarola e i piagnoni, tendenti a una democrazia monastica. Per intanto due forme d'arte mistica rifioriscono intorno a loro, la visione e la meditazione. E in cima alla Somma di Tommaso d'Aquino la teologia s'abbraccia con la scienza; e in cima alla ontologia di Bonaventura la fede s'abbraccia con l'arte; e tutte quattro paion d'alto irraggiare le belle cattedrali sorgenti nell'Italia di mezzo e i timidi colori dell'arte che aspetta Giotto. Dante sta ritto in piedi fra i colonnati solenni e leggiadri, e guarda, rapito in contemplazione.

DISCORSO TERZO

Del periodo toscano: affermarsi della letteratura nazionale: Firenze e il gran triumvirato.

I.

Diamo ora uno sguardo a tutto insieme il fluire maestoso di questo fiume divino, come avrebbe detto Omero, della letteratura italiana nel secolo decimoterzo e nel decimoquarto. Incominciata dalla poesia individuale, seguitò, come letteratura di popolo libero, segnando la superbia del nome latino rivendicato e i fasti della nuova libertà nelle cronache, descrivendo le tradizioni e i costumi nelle leggende e novelle; abbracciò, come ne' suoi principii ogni letteratura non primitiva, tutta la scienza e del passato e del presente nelle enciclopedie; attestò nei volgarizzamenti la conservazione dell'arte e della scienza antica. Altrove si scherzò con versi leggeri, ma nell'Italia centrale e fra la cittadinanza fiorentina nacque la prosa del trecento, gentile ed elevata, forte ed elegante, come poi l'architettura di Santo Spirito; qui prese moto e colore quella poesia che nelle luminose visioni della Vita nuova sembra tendere al cielo come i due angeli dipinti da Giotto nella

cattedrale d'Assisi, o che sorge come Santa Maria del Fiore gigantesca e solitaria nella Divina Commedia. Sublime spettacolo, il popolo italiano, raffermo e assodato, porre il fondamento e dare proprissime alla sua civiltà la forza e l'azione, le figure e le sembianze, con un acconcio temperamento dell' antico e del nuovo, del cristiano e dell'etnico, del latino e del medievale, tanto ne' reggimenti e negl'instituti, quanto nella scienza e nell'arte; certo per quella facoltà di sapiente eclettismo e di artistica assimilazione che fu della gente nostra, degli elleni e latini. Ma il popolo d'Italia, più simiglievole in ciò a' greci che non a' romani, questi mezzi di ravvicinamento gli ebbe in sè stesso; come quello che si aveva connaturato, pur riadattandolo estrinsecamente a sè, il cristianesimo, e che ne' forzati mescolamenti delle genti settentrionali qualche cosa aveva attinto di loro. E come il popolo d'Italia, a quella guisa che i romani con le armi e i greci con le colonie e le dinastie, si stese con i commerci per tutto il levante e a settentrione; così le lettere ed arti sue, a guisa di chi sentesi ricco di dottrina ed esperienza propria e pur gli giova guardare all'altrui e profittarne, attinse largamente non che dal francese e dal germanico, ma e dal bizantino e dall' orientale. E come la nuova plebe latina aveva col lavoro di secoli contemperato a sè artisticamente il cristianesimo anzi che essersi lasciata ritemperare da quello; e come ella più presto che non distrusse, assorbì in sè molta parte di feudalismo e d'aristocrazia, facendo cittadini e artigiani i suoi antichi signori; e come ella lasciò poi sorgere di sè il popolo grasso e la nobiltà popolana, non restando ella veramente in soggezione de' nuovi ordini, ma piuttosto partecipando con quelli il reggimento; così la primitiva

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