Sayfadaki görseller
PDF
ePub

trice passata al reame ove gli angeli hanno pace. Quella nuova donna gentile era, com'egli stesso ci afferma, la filosofia, e gli toccò poi smarrirsi nella selva e ruinare in basso loco, e gli bisognò attraversare il centro della terra, per ritornare alla sua Beatrice beata, alla Beatrice transfigurata, alla Beatrice teologale. Egli dunque, l'uomo del medio evo, ritornò a Beatrice; ma l'Italia non più mai.

:

IX.

Un'ultima osservazione resta a fare. La poesia delle altre genti d'Europa, divenute nazioni molto prima della italiana, ebbe anche oltre le forme un contenuto nazionale i Nibelunghi rappresentano i Germani delle migrazioni, i romanzi francesi cantano le glorie dell'impero di Carlomagno e la lotta della feudalità co'discendenti di lui, quelli spagnoli la guerra continuata con gli invasori. La poesia italiana, tardiva come la nazione, non ha un fondo nazionale: la Commedia il Canzoniere il Decameron sono per il contenuto più presto europei, cristiani o umani, che non italiani.

Ricordiamo che l'elemento popolare risorse nella penisola come romano, e che l'Italia appariva a Dante come il giardino dell'impero, al Petrarca come la sede della repubblica degli Scipioni. Di qui avvenne che i nostri cercassero le loro tradizioni nazionali nell'antichità, e la parte epica della storia italiana consista nelle origini troiane o romane delle città e nella derivazione delle famiglie nobili dagli ultimi romani che contrastarono ai barbari: Virgilio Lucano Claudiano erano sempre i poeti di nostra gente; Cesare Livio Sallu

stio, gli storici. E l'Italia, in quello stesso che non aveva la conscienza di nazione moderna, sentivasi, nella sua continuazione romana, la capitale d'Europa. I nostri poeti quindi vennero a compiere e a nobilitare il medio evo con le forme antiche, come poeti dell'Europa cristiana, dell'occidente latino. Ecco, Dante dà la consecrazione cattolica e classica a tutte le visioni dell'oltremondo smarrite per le isole britanniche, per la Germania e la Francia; il Petrarca chiude il ciclo dei poeti d'amore provenzali, francesi, tedeschi, nel suo virgiliano bosco degli ombrosi mirti; il Boccaccio raccoglie le pietruzze dai conti dai favolelli dalle leggende di tutti i giullari e menestrelli per istoriarne il suo gran musaico romano. Quel che le altre nazioni produssero singolo, staccato, informe, in Italia è uno, armonico, vivo. La terra dei comuni non può restringersi troppo tosto nelle esclusività di nazione: come i suoi padri con le armi, ella conquista con l'arte tutti i paesi come l'impero e la chiesa cattolica, onde ella eredita, dettero la cittadinanza romana a tutti i corpi e a tutte le anime, così ella la dà a tutte le tradizioni a tutte le idee; dà alla turbolenta rappresentanza del medio evo germanico la forma artistica antica e lo spirito nuovo sociale, creando la letteratura universale del Rinascimento.

E tutto ciò fu fatto nello spazio di tre generazioni da tre uomini di Firenze: così il comune specchia l'umanità.

DISCORSO QUARTO

Del quattrocento: il rinascimento e la federazione:
la letteratura dotta e la popolare.

I.

Nominanza non buona ha fra i secoli della coltura italiana il decimoquinto; e gli nuoce forse più ch'altro la gloria grande della età che gli fu innanzi e di quella che dopo. Gli storici della nostra letteratura, attratti agli splendori del trecento e del cinquecento, cercano solo in que' due secoli le manifestazioni della vita italiana nell'arte, e, pur trovandole tanto diverse fra loro, di quella diversità non curano indagar le ragioni o ne recano di tali che potrebbero al più valer per le forme: nel quattrocento poi non veggono che densa barbarie e recrudescenza di vecchiume e brulicame di pedanteria, dove galleggia, non si sa come, il Boiardo e il Poliziano, e onde emergono il Bembo e il Sannazzaro, il Machiavello e l'Ariosto. Così la storia della letteratura, la storia cioè de' mutamenti e degli avvenimenti dell'arte, mutamenti ed avvenimenti che procedendo dalle facoltà intellettuali e morali dell' uomo hanno uno svolgimento tutto graduale e coordinato, si cambia per

molti in una storia di miracoli. O, meglio, così certi geografi conosciuti da Plutarco i paesi a loro ignoti sopprimevano nelle estremità di lor tavole, notando ne' margini che al di là erano secche arene e torbida palude o freddo scitico o mare agghiacciato.

Ma perchè la produzione letteraria del cinquecento è tanto ricca e svariata e lieta in confronto a quella del trecento che per parte sua è più profonda più comprensiva più vera? Perchè tanta differenza fra la poesia di Dante e quella dell'Ariosto? E quale delle due risponde meglio al genio del popolo italiano? quale ne rende meglio li spiriti? E come si trasmutò o come si fermò questo genio, che dall'una si potesse passare all'altra? Dalla risposta a tali domande si avrà la piena intelligenza del generale svolgimento della nazionale letteratura; e quella risposta non saprei richiederla che allo studio su le mutazioni della vita intellettuale italiana nel secolo decimoquinto, che non fu nè di sosta nè di scadimento, ma di fermentazione e di maggior dichiarazione del carattere e del sentimento italiano. Nè altrimenti poteva essere il secolo, nel quale l'Europa vide fermarsi le diverse nazionalità e gli ordini politici tuttora esistenti, e nel cominciato dissidio tra il ragionamento e la fede il pensiero umano in faccia alle presentite battaglie armarsi di nuovi e stupendi trovati; il secolo nel quale non fu speranza agl' italiani dolorosa e scherno agli estranei miserabile la indipendenza d'Italia, e Italia vide lo scoprimento del nuovo e il ritrovamento dell'antico mondo compiuto da soli quasi italiani, e fiorire nelle lettere insieme il Belcari ed il Poggio, il Pulci e il Ficino, il Boiardo e il Pontano, e Lorenzo de' Medici e il Savonarola.

II.

Le novissime parole su la grande letteratura del secolo decimoquarto, con la espressione del presentimento, radamente vano, che ha della debolezza de' suoi successori ogni generazione vigorosa, furono dette da Franco Sacchetti nella canzone per la morte del Boccaccio:

Sonati sono i corni

D'ogni parte a ricolta:
La stagione è rivolta:

Se tornerà non so, ma credo tardi.

E in vero, come disco su la fine del corso segna ancora per la forza del primo impulso alcuni giri nella rena, poi vacilla, poi cade; così, su 'l declinare del trecento e 'l cominciare del secolo di poi, la letteratura toscana, divenuta per virtù del triumvirato italiana. Ora di quello scoramento e di quella diminuzione di pensieri e di produzioni debbonsi cercare più sottilmente le cause.

Unico Dante avea potuto rivolgere laicamente il principio religioso ad una sua grande concezione artistica, del resto più tosto cristiana che nazionale, più tosto europea che italiana. Del principio cavalleresco il Petrarca aveva saputo trasformare classicamente l'elemento soggettivo lirico: l'elemento oggettivo ed epico era stato incominciato a lavorare con sola intenzione e a solo fine di arte dal Boccaccio ne' suoi poemi. Quanto al principio nazionale, la restaurazione della tradizion romana nell'idea di stato e di patria e nelle forme civili, e con ciò della tradizione virgiliana e tul

« ÖncekiDevam »