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PARTE PRIMA.

SONETTI E CANZONI

IN VITA DI MADONNA LAURA.

SONETTO I. (1.) \ ́ ́

Chiede compassione del suo stato, e confessa pentito la vanità
del suo amore.

Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
Di quei sospiri ond' io nudriva il core
In sul mio primo giovenile errore,

Quand' era in parte altr' uom da quel ch' i' sono;

Del vario stile in ch' io piango e ragiono
Fra le vane speranze e 'l van dolore,
Ove sia chi per prova intenda amore,
Spero trovar pietà, non che perdono.
Ma ben veggi' or sì come al popol tutto
Favola fui gran tempo: onde sovente
Di me medesmo meco mi vergogno:

E del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,
E'l pentirsi, e 'l conoscer chiaramente,
Che quanto piace al mondo è breve sogno.

Son. I. 1. vor: quinto caso. SPARSE: disperse, non ancora raccolte. Altri, Vell., Ges., Cast. ecc.: pubblicate e mandate in diverse parti d'Italia a coloro che n'erano vaghi; Mur., Boz.: non continuate, a differenza del Poema di Dante, che è continuato; Leop.: in vari e brevi componimenti poetici (?). SUONO: espressione. 3. GIOVENILE: 8' innamorò di Laura

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nell' età di anni ventuno, e anni ventuno lo tenne Amore ne' suoi lacci. 4. IN PARTE: diverso di età e di costumi. CH' I' SONO: Ald. ha: CH' OR SONO, e cosi nel commento Ges. ed altri. 5. VARIO: ora di pianto, ora di ragionamento; ora di speranza, ed or di dolore. Car.: Ora giocondo ed ora tristo. Boz.: Ora in istile sublime, ora in medio. PIANGO: cfr. Dante, Inf. V, 126; XXXIII, 9. -7. PROVA: esperienza; come Dante, Inf. XXVIII, 114. INTENDA: conosca. — 8. NON CHE: non solo. 10. FAVOLA: vale qui non solo materia di ciarlería e di scherno, ma anche di ammirazione e di lode, poichè trattò di cosa che piace al mondo, v. 14. — 11. DI ME: Cast. Questo verso, continente pentimento vergognoso, e per conseguente piangevole, è tessuto di sillabe convenevolissime significative del pianto me, me, mo, me, mi. 13. PENTIRSI: Mur. A.: PENTERSI,

PETRARCA.

1

SONETTO II. (2.)

Forte contro tante insidie di Amore, non potè difendersi da quest' ultima.

Per far una leggiadra sua vendetta,
E punir in un dì ben mille offese,
Celatamente Amor l'arco riprese,

Come uom ch' a nocer luogo e tempo aspetta.

Era la mia virtute al cor ristretta,

Per far ivi dagli occhi sue difese:
Quando 'l colpo mortal laggiù discese,
Ove solea spuntarsi ogni saetta.

Però turbata nel primiero assalto
Non ebbe tanto nè vigor nè spazio

Che potesse al bisogno prender l'arme;

Ovvero al poggio faticoso ed alto

Ritrarmi accortamente dallo strazio,
Del qual oggi vorrebbe e non può aitarme.

SONETTO III. (3.)

Giudica Amor vile, che lo ferì in un giorno da non doverne sospettare.

Era 'l giorno ch' al Sol si scoloraro

Per la pietà del suo Fattore i rai,

Quand' i' fui preso, e non me ne guardai,
Chè i be' vostr' occhi, Donna, mi legaro.

Son. II. 1. LEGGIADRA: acconcia e dicevole a lui; elegante; Ges. Aggradevole; Cast. Fatta da beffa a beffa, da inganno ecc. Tas. Amara ironia; Biag. Gentile, ben divisata, ben disposta; Wagn. Per riguardo al mezzo, che fu Laura; Boz. 2. OFFESE: di resistenza e di sprezzo. 5. RISTRETTA: concentrata. 6. DAGLI OCCHI: vuol dire che in quel giorno non si riparava, come era usato, colla severa custodia degli occhi dalla tentazione di Amore; ma, benchè non tenesse così stretto il freno a' suoi occhi, teneva la sua virtù ristretta al cuore, per far ivi le sue difese dagli occhi, caso che questi fossero solleticati dal fascino di qualche oggetto pericoloso. La lezione DAGLI OCCHI si fonda sull' autorità di un codice della Bibl. Capitolare di Verona. La comune: E NEGLI OCCHI, lezione che sta in contraddizione aperta con ciò che il Poeta dice qui e nei versi 9 e 10 del Son. seguente. Cfr. SORIO, Correz. al testo del Canz. Verona 1845, pag. 27-37. 7. LAGGIÙ: nel profondo del cuore. S. SPUNTARSI: perdere la punta. 9. PERÒ avendo Amore vibrato il suo colpo celatamente. 10. SPAZIO: tempo. 12. POGGIO: della ragione. 13. RITRARMI: qui verbo attivo, dipendente da potesse nel v. 11. - 14. AITARME: aiutarmi. Son. III. 1. GIORNO: Venerdì Santo (1327); cfr. Matt. XXVII, 45. Marc. XV, 33. Luc. XXIII, 44. 45. Cfr. Dante, Parad. XXIX, 97 e segg. nt. Secondo un' antica opinione il Petrarca fissava la morte di Cristo nel giorno 6 di aprile; cfr. PASQUINI, La Principale Allegoria della Div. Com. Mil. 1875, pag. 265 e seg. Vedi pure più sotto P. 1. Son. CLVII, v. 12-14. 3. NON ME NE GUARDAI: non pensando che Amore dovesse ferirlo in tal giorno di lutto universale.

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Tempo non mi parea da far riparo
Contr' a' colpi d' Amor: però n'andai
Secur, senza sospetto: onde i miei guai
Nel comune dolor s' incominciaro.
Trovommi Amor del tutto disarmato,
Ed aperta la via per gli occhi al core;
Che di lagrime son fatti uscio e varco.
Però, al mio parer, non gli fu onore
Ferir me di saetta in quello stato,
E a voi armata non mostrar pur l'arco.

SONETTO IV. (4.)

Innamorato di Laura, trae argomento di lodarla dal luogo stesso dove ella nacque.

Quel ch' infinita provvidenza ed arte
Mostrò nel suo mirabil magistero:
Che criò questo e quell' altro emispero,
E mansueto più Giove che Marte;
Venendo in terra a illuminar le carte,
Ch' avean molti anni già celato il vero,
Tolse Giovanni dalla rete e Piero,
E nel regno del Ciel fece lor parte.
Di sè, nascendo, a Roma non fe' grazia,
A Giudea sì tanto sovr' ogni stato
Umiltate esaltar sempre gli piacque.
Ed or di picciol borgo un Sol n' ha dato
Tal, che natura il luogo ne ringrazia,
Onde sì bella donna al mondo nacque.

8. DO

14. E A VOI:

6. CONTR' A': così è da leggere, non cONTRA, come ha la comune. — LOR: dei Cristiani per la ricordanza della morte di Cristo. 10. APERTA: sottintendi trovò. PER GLI OCCHI: alla vista di Laura. così Vol., Boz., Carb., ecc. Mars. col più delle edizz. e dei codd.: ED A VOI; alcune edizz. antiche: A vor, lezione lodata dal Muzio, ma sprovvista di autorità. ARMATA: di pudicizia. NON MOSTRAR: non fare nemmeno

un segno di ferirvi.

Son. IV. 1. QUEL: Dio.

2. MAGISTERO: nell' opera della creazione. 4. MANSUETO: di influssi più benigni. Allude alle idee astrologiche del tempo sugli influssi de' pianeti. 5. ILLUMINAR: Svelarne il senso. CARTE: Vecchio Testamento, specialmente le profezie; cfr. Luc. XXIV, 27. - 7. DALLA RETE: erano pescatori. 10. A GIUDEA: sprezzata dal mondo civile. - 12. BORGO: Cabrieres (Vell.), o come si chiamasse il paesello presso Avignone dove nacque Laura, detta quì un Sole. -13. NATURA IL LUOGO NE RINGRAZIA: così è da leggere col Cod. cit. della Capitolare di Verona. Senso: La Natura, gran maestra e somma estimatrice del bello, si pregia e gloria della bellezza di Laura, e ne ringrazia il luogo dove ella nacque. La comune: NATURA E IL LUOGO SI RINGRAZIA, mette il ringraziamento a comune con altri di opere eziandío non maravigliose; cfr. Sorio, loc. cit. pag. 46 e segg.

SONETTO V. (5.)

Col nome stesso di Laura va ingegnosamente formando l' elogio di lei.

Quand' io movo i sospiri a chiamar voi,
E'l nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s' incomincia udir di fore
Il suon de' primi dolci accenti suoi.
Vostro stato REal che' ncontro poi,
Raddoppia all' alta impresa il mio valore:
Ma, TAci, grida il fin: chè farle onore
È d' altri omeri soma che da' tuoi.

Così LAUdare e REverire insegna

La voce stessa, pur ch' altri vi chiami,
O d'ogni reverenza ed onor degna:
Se non che forse Apollo si disdegna,
Ch' a parlar de' suoi sempre verdi rami
Lingua mortal presuntuosa vegna.

SONETTO VI. (6.)

Viva immagine del suo amore ardente, e della onestà costante di Laura.

Sì traviato è 'l folle mio desio

A seguitar costei che 'n fuga è volta,
E de' lacci d'Amor leggiera e sciolta
Vola dinanzi al lento correr mio;

Che, quanto richiamando più l'invio

Per la secura strada, men m' ascolta;

Son. V. 2. NOME: Laureta. Giuoco sul nome di Laura, il quale pronunziato rechi in mente, laudare, reale stato, riverire, tacere e lauro. Tali giochi di parole erano prediletti ai tempi del Poeta. Il sonetto,,è ben opera del Petrarca, ma non del buon carattere del Petrarca". Murat. 5. REAL: pretendono alcuni che Laura fosse nata di stirpe regia, benchè povera. Altri si avvisano, e certo meglio, che stato reale sia quì detto per figura. 6. IMPRESA: di cantare le vostre lodi. 13. DE' SUOI SEMPRE: Murat. B.: SEMPRE DE' SUOI; pretto errore. Allude alla favola di Dafne conversa da Apollo in lauro; cfr. Ovid. Metam. I, 452-567.

Son. VI. 1. TRAVIATO: portato fuor della giusta via.,,Due vie erano da essere seguite dal Petrarca, o da ritirarsi dall' amor di Laura, o da metter in lei amore. La seconda piaceva al desio; ma perchè era impossibile, dice che, seguendo quella, è traviato." Cast. MIO: Ges., Tas., Murat. all. leggono MI' DESIO,, per non offender la rima“ (?). 3. SCIOLTA: si noti l'elissi di questa locuzione, come se dicesse: Laura vola perchè non amando come amo io lei è leggera (non porta il peso) e sciolta (non ha l'impaccio) de' lacci d' Amore. Ambr. —

Nè mi vale spronarlo o dargli volta,
Ch' Amor per sua natura il fa restio.

E poi che 'l fren per forza a sè raccoglie,
I' mi rimango in signoria di lui,

Che mal mio grado a morte mi trasporta,

Sol per venir al Lauro onde si coglie
Acerbo frutto, che le piaghe altrui,
Gustando, affligge più, che non conforta.

SONETTO VII. (8.)

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Conosce di esser incatenato più forte che augello tolto alla sua libertà.

A piè de' colli ove la bella vesta
Prese delle terrene membra pria
La Donna, che colui ch'a te ne 'nvia
Spesso dal sonno lagrimando desta:
Libere in pace passavam per questa
Vita mortal, ch' ogni animal desia,
Senza sospetto di trovar fra via
Cosa, ch' al nostro andar fosse molesta.
Ma del misero stato ove noi semo

Condotte dalla vita altra serena,

Un sol conforto, e della morte, avemo:

7. dargli voLTA: far tornar addietro. Dante, Conv. IV, 26: Veramente questo appetito conviene esser cavalcato dalla ragione; chè siccome uno sciolto cavallo, quanto ch' ello sia di natura nobile, per sè sanza il buono cavalcatore bene non si conduce, e così questo appetito, che irascibile e concupiscibile si chiama, quanto ch' ello sia nobile, alla ragione ubbidire conviene; la quale guida quello con freno e con isproni: come buono cavaliere lo freno usa, quando elli caccia; e chiamasi quello freno temperanza, la quale mostra lo termine infino al quale è da cacciare: lo sprone usa, quando fugge per lo tornare al loco onde fuggir vuole; e questo sprone si chiama fortezza ovvero magnanimità, la quale vertute mostra lo loco ove è da fermarsi e da pungere." 9. RACCOGLIE: piglia tra i denti. 10. di lui: del folle mio desio. 11. CHE MAL: MSS. Murat. CH' A MAL. 12. AL LAURO: a Laura. 13. ALTRUI: mie. 14. GUSTANDO:

gustato.

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Son. VII. 1. A PIÈ questo sonetto fu scritto per accompagnare alquante starne pigliate dal Poeta medesimo nel laghicciuolo di Cabrieres, natal patria di Laura, e mandate vive in regalo ad un amico. Il sonetto è messo in bocca alle starne medesime. 2. TERRENE: cfr. Genes. II, 7. PRIA: nascendo; la riprenderà nella risurrezione; cfr. Trion. Div. 143. 3. COLUI: il Poeta. 4. DESTA: cfr. P. 1. Son. LIV, 13. 8. COSA: la rete.- 9. SEMO siamo. 10. ALTRA: non la vita goduta prima che fossero morte (Cast.), chè dal v. 11 risulta che erano ancor vive; ma la vita che esse godevano in libertà, dalla quale sono condotte al presente misero stato di prigionia. Bandini, Sorio all. leggono con alcuni codd. ALTA, intendendo della vita che gli uccelli menano in alto poggiando per l' aere, a differenza della vita di altri animali. Non pare da accettarsi. 11. DELLA MORTE: vicina.

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