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SONETTO XVII. (19.)

Dimostra che il suo cuore sta in pericolo di morire, se Laura nol soccorre.

Mille fiate, o dolce mia guerrera,

Per aver co' begli occhi vostri pace,

V'aggio profferto il cor; ma a voi non piace
Mirar sì basso con la mente altera:

E se di lui forse altra donna spera,
Vive in speranza debile e fallace;

Mio, perchè sdegno ciò ch' a voi dispiace,
Esser non può giammai così com' era.

Or s' io lo scaccio, ed e' non trova in voi
Nell' esilio infelice alcun soccorso,

Nè sa star sol, nè gire ov' altri 'l chiama:
Poria smarrire il suo natural corso;
Che grave colpa fia d'ambeduo noi,
E tanto più di voi, quanto più v'ama.

SESTINA I. (CANZ. 3.)

Espone la miseria del suo stato. Ne accusa Laura. La brama pietosa, e ne dispera.

I. A qualunque animale alberga in terra,

Se non se alquanti c'hanno in odio il Sole,
Tempo da travagliare è quanto è 'l giorno;
Ma poi ch' il ciel accende le sue stelle,
Qual torna a casa, e qual s' annida in selva
Per aver posa almeno infin all' alba.

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Son. XVII. 1. GUERRERA: guerriera, nemica; come l' usavano i Provenzali. La lezione GUERRIERA (Ges., ediz. Ven. 1541 ecc.) sa di correzione. ,Qualunque donna colle amorose saette de' begli occhi ferisce, dir si può guerriera d' Amore." Ges. - 3. v'AGGIO: vi ho; cfr. Nannuc. Anal. crit. p. 486. Diez, Rom. Gram. II, p. 149. Blanc, ital. Gram., p. 389. 395 ecc. PROFFERTO offerto. 5. DI LUI: del mio cuore. — SPERA; di farne l' acquisto. 8. NON PUÒ: questo cuore. - COM' ERA: non ,,prima che da lei fosse disprezzato" (Vell.), ma prima che a lei offerto lo avesse (Ges.). 11. ALTRI: altra donna, v. 5. 12. CORSO: vitale, la vita. Potrebbe mancar di vita, non potendo il cuore senza il corpo vivere. Vell. Stranamente Tas.:,,Potrebbe esser mangiato da qualche civetta." Nel verso antecedente il Poeta ha già detto che ciò non potrebbe aver luogo. 13. CHE: il che. 14. QUANTO PIÙ: quanto il mio cuore ama più voi

che me.

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Sest. I. 2. SE NON SE: tranne. ALQUANTI: animali notturni (Vell., Leop., ecc.), e forse principalmente lupi e volpi, che hanno in odio il sole per lo mal fare (Cast.). 3. QUANTO È: quanto dura. - 4. ACCENDE: Virg. Georg. I, 251: Illic sera rubens accendit lumina Vesper.

II. Ed io, da che comincia la bell' alba

A scuoter l'ombra intorno della terra
Svegliando gli animali in ogni selva,
Non ho mai triegua di sospir col Sole.
Poi, quand' io veggio fiammeggiar le stelle,
Vo lagrimando e desiando il giorno.

III. Quando la sera scaccia il chiaro giorno,
E le tenebre nostre altrui fanno alba,
Miro pensoso le crudeli stelle

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Che m' hanno fatto di sensibil terra,

E maledico il dì, ch' i' vidi 'l Sole;

Che mi fa in vista un uom nudrito in selva.

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IV. Non credo che pascesse mai per selva
Si aspra fera, o di notte o di giorno;
Come costei ch' i' piango all' ombra e al Sole,
E non mi stanca primo sonno, od alba;
Chè, bench'ì' sia mortal corpo di terra,
Lo mio fermo desir vien dalle stelle.

V. Prima ch' i' torni a voi, lucenti stelle,
O tomi giù nell' amorosa selva

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7. SCUOTER: discacciare. Scuoter l'ombra de la terra dice, non essendo la notte altro che ombra di quella." Vell. Cfr. Virg. Aen. III, 589: Umentemque Aurora polo dimoverat umbram. 10. COL SOLE: finchè il Sole è sul nostro emisfero. 13. QUANDO: perchè era men credibile che di notte travagliasse, ripete ciò di nuovo. Cast. 14. ALTRUI: agli antipodi. Qui suppone abitato l'altro emisfero; altrove ne dubita (Canz. IV, 3: A gente che di là FORSE l'aspetta); Dante il nega, chiamando l' altro emisfero il mondo senza gente" (Inf. XXVI, 117). 15. STELLE: alle quali si attribuiva tale potenza ed influsso. 16. SENSIBIL: sensitiva; uomo e non ente inanimato. Tibul. lib. II. Eleg. 4:

O ego, ne possim tales sentire dolores,

Quam mallem in gelidis montibus esse lapis;
Stare vel insanis cautes obnoxia ventis,

Naufraga quam vasti tunderet unda maris.

Nunc et amara dies, et noctis amarior umbra est;

Omnia nam tristi tempora felle madent.

17. VIDI 'L SOLE: potrebbe significare: il giorno ch' io nacqui (Leop. ecc.; cfr. Giobbe III, 3 e segg.); quello che segue mostra però che Sole chiama qui Laura, come altrove. Così i più (Vell., Ges., Dan., Cast., Biag., Wagn., Boz., ecc.). — 18. CHE: non,, il qual modo di vita che io meno" (Leop.), ma il qual Sole, cioè Laura; ,, perchè consumandosi egli per lei, lo fa parere a chi lo vede un uomo rustico selvatico, come nelle foreste fosse stato nutrito, e questo per la magrezza e pallidezza che nell' aspetto mostrava, così per le amorose passioni divenuto." Vell. 21. COSTEI: Laura. ALL'OMBRA E AL SOLE: di notte e di giorno. 24. DESIR: lezione comune; altri: DESTIN (Vell. nelle edizioni del 1525, 1527 ecc.; in quella del 1541 DESIR; Murat., ecc.). DALLE STELLE: cfr. v. 15.

25. TORNI: segue l'opinione platonica che le anime vengano dalle stelle, e poi vi tornino; cfr. Dante Parad. IV, 52 e segg. e le nostre note a quei versi. - 26. TOMI: caschi. Il verbo tomare per cadere usò Dante ed usarono altri antichi; ora è disusato. Alcuni testi hanno: o TORNI GIÙ еc.; ma pecca nel gentilismo, e non è ritorno quello della selva dei mirti,

Lassando il corpo, che fia trita terra,
Vedess' io in lei pietà: ch' in un sol giorno
Può ristorar molt' anni, e 'nnanzi l'alba
Puommi arricchir dal tramontar del Sole.
VI. Con lei foss' io da che si parte il Sole,
E non ci vedess' altri che le stelle;
Sol una notte; e mai non fosse l'alba;
E non si trasformasse in verde selva
Per uscirmi di braccia, come il giorno
Che Apollo la seguia quaggiù per terra.

VII. Ma io sarò sotterra in secca selva,

El giorno andrà pien di minute stelle
Prima ch' a sì dolce alba arrivi il Sole.

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CANZONE I. (4.)

Perduta la libertà, servo di Amore, descrive e compiange il proprio stato.

I. Nel dolce tempo della prima etade,

Che nascer vide ed ancor quasi in erba
La fera voglia che per mio mal crebbe;
Perchè, cantando, il duol si disacerba,
Canterò com' io vissi in libertade,

Mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe:

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come quello delle stelle." Tass. SELVA nella selva dei mirti dove Virgilio (Aen. VI) finse che errino nel Tartaro le anime degli amanti. 27. TRITA TERRA: polvere; cfr. Genes. III, 19. 29. INNANZI L'ALBA: in una notte sola. Laura può farmi felice dal tramontar del Sole prima che spunti l'alba. 32. LE STELLE: Catul. ad Lesb. Epigr. 7:

Aut quam sydera multa, cum tacet nox,
Furtivos hominum vident amores.

33. NON FOSSE: non venisse. Desidera una notte sola con Laura, ma una notte perpetua; cfr. Sest. VII, 36: E'l dì si stesse el Sol sempre ne l'onde. 34. SI TRASFORMASSE: l'amata; quì Laura. 35. LA SEGUIA: la sua amata Dafne; cfr. Ovid. Metam. 1, 452-567. Non confonde Laura con Dafne, ma considera in generale le vicende di un amante, che lusinga una schiva amata. 37. IN SECCA SELVA: alcuni intendono del feretro, prendendo selva per legno (Cast., Leop. ecc.); altri spiegano :,,Ma la selva dei mirti dove io sarò destinato ad errare (cfr. v. 26) si disseccherà" (Vell., Boz., ecc.). Altre interpretazioni cita il Ges. Il senso della chiusa è: Ma io sarò morto e le stelle si faranno vedere di giorno, prima che il Sole arrivi all' alba del giorno che deve precedere la notte da me desiderata.

Canz. I. I. 1. NEL DOLCE: costr.: Perchè cantando il duol si disacerba, canterò come to vissi in libertade nel dolce tempo ecc. PRIMA ETADE: gli anni giovanili. Dante, Conr. tr. IV. c. 24:,,La umana vita si parte per quattro etadi. La prima si chiama adolescenza venticinquesimo anno."

2. IN ERBA: debole.

amorosa. 4. DISACERBA: si mitiga, si fa meno
Minuuntur atrae carmine curae.
avuto. -

ella dura infino al 3. VOGLIA: passione acerbo. È l' Oraziano:

6. ALBERGO: animo.

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Poi seguirò sì come a lui ne 'ncrebbe
Troppo altamente, e che di ciò m 'avvenne;
Di ch' io son fatto a molta gente esempio:
Benchè 'l mio duro scempio

Sia scritto altrove sì che mille penne
Ne son già stanche, e quasi in ogni valle
Rimbombi 'l suon de' miei gravi sospiri,
Ch' acquistan fede alla penosa vita.
E se qui la memoria non m' aita,
Come suol fare, iscusinla i martiri,
Ed un pensier, che solo angoscia dalle
Tal, ch' ad ogni altro fa voltar le spalle,
E mi face obbliar me stesso a forza;

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Chè tien di me quel d' entro, ed io la scorza.

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II. I' dico che dal dì che 'l primo assalto

Mi diede Amor, molti anni eran passati:
Sì ch' io cangiava il giovenile aspetto;
E dintorno al mio cor pensier gelati
Fatto avean quasi adamantino smalto
Ch' allentar non lassava il duro affetto;
Lagrima ancor non mi bagnava il petto

Nè rompea il sonno; e quel ch' in me non era,
Mi pareva un miracolo in altrui.

Lasso, che son? che fui?

La vita il fin, e 'l dì loda la sera.

Chè sentendo il crudel di ch' io ragiono,

Infin allor percossa di suo strale

Non essermi passato oltra la gonna,
Prese in sua scorta una possente donna,

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9. DI CHE: onde. 10. DURO: in oriMILLE PENNE:

7. A LUI: ad Amore. 8. ALTAMENTE: prima aveva scritto ASPRAMENTE. — E CHE: e ciò che mi avvenne per virtù del suo sdegno. ESEMPIO: che non si debba avere Amore a sdegno. gine aveva scritto CRUDO. 11. ALTROVE: nelle mie rime. risguarda la scrittura fattane da lui. Cast. 12. NE SON: dapprima avveva scritto: NE SONO STANCHE, E GIÀ PER OGNI VALLE. ,,Era troppo immodesto e dava troppa autorità à suoi versi." Dan. 14. ACQUISTAN: fanno prova, rendono testimonianza della misera mia vita. 15. QUI: nel cantare le mie pene. - 16. ISCUSINLA: altri (Vell., Ges., Cast., Tass., Murat., ecc.) ISCUSILLA, che probabilmente è la vera lezione. 17. PENSIER: di Laura. 20. QUEL DENTRO: il cuore e

18. ALTRO: pensiero.

19. FACE: fa.

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II. 21. PRIMO ASSALTO: non è il dì che amor di Laura lo ha preso, ma amor anteriore di altra donna; cfr. Son. II. Pag. 22. MOLTI: quando s' innamorò di Laura era in età di ventidue anni. 23. GIOVENILE: quello aspetto quasi fanciullesco che nell' età dell' adolescenza si suol mostrare in noi. Vell. - 24. GELATI: gravi e severi. 25. IL DURO AFFETTO: il mio ostinato proponimento contra Amore. 27. LAGRIMA: amorosa. - 28. E QUEL: gli affanni e le smanie d' amore. — 31. IL FIN: Cod. Bol., Murat. A. ecc.; Cast., Dol., Vol., ecc. AL FIN: Vell., Ges., Murat., Mars., ecc. - 32. IL CRUDEL: Amore. 34. PASSATO: toccato al vivo.

PETRARCA.

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Vêr cui poco giammai mi valse o vale
Ingegno o forza o dimandar perdono.
Ei duo mi trasformaro in quel ch' i' sono,
Facendomi d' uom vivo un lauro verde,
Che per fredda stagion foglia non perde.
III. Qual mi fec' io quando primier m'accorsi
Della trasfigurata mia persona,

E i capei vidi far di quella fronde

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Di che sperato avea già lor corona

E i piedi in ch' io mi stetti e mossi e corsi,

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(Com' ogni membro all' anima risponde)
Diventar due radici sovra l'onde,

Non di Penéo, ma d'un più altero fiume;

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E 'n duo rami mutarsi ambe le braccia!
Nè meno ancor m' agghiaccia

L'esser coverto poi di bianche piume,
Allor che fulminato e morto giacque
Il mio sperar,
che troppo alto montava.
Chè, perch' io non sapea dove nè quando
Mel ritrovassi, solo, lagrimando,

Là 've tolto mi fu, dì e notte andava

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39 LAURO:

38. EI DUO: essi due, Amore e la possente donna, cioè Laura. figura di Laura. Vuol significare l'intensità e la costanza dell' amor suo; la prima, dicendo di essere stato trasformato nella persona stessa della sua donna; l'altra, dicendo che egli, come fa il lauro, non perde mai foglia. Leop. 40. NON PERDE: Dante Parad. XVIII, 30: E frutta sempre, e mai non perde foglia.

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III. 41. QUANDO PRIMIER: tosto che. 43. FAR: farsi. Cast.: Tre parti del suo corpo spezialmente scrive essersi mutate, sì per convenevolezza della trasformazione, che i capelli si mutino in frondi, i piedi in radici, e le braccia in rami, sì per verità dell' istoria, chè egli sperava di coronarsi di Lauro, P. IV. Son. 3: Se l' onorata fronde, che prescrive ecc. Cioè che egli non istimò mai che altro amore il dovesse prendere, che quello degli studj poetici, onde per guiderdone altri ne viene incoronato. Ed i suoi piedi si fermarono a Valchiusa; chè soleva correre per lo mondo, per desiderio di vedere molte cose. Oltre che accenna la sua destrezza, della quale e nell' opere latine e nelle vulgari si vanta, dicendo, P. II. Son. 81: E la scemata mia destrezza e forza. E le mani si fecer due rami, cioè si fermarono a scriver di Laura; cfr. P. I. Son. 66. v. 12-14. 46. ANIMA: di razionale fatta vegetativa. RISPONDE: corrisponde. 48. PENEO: sulle cui rive Dafne, tramutata in alloro, mise radice. PIÙ ALTERO: il Rodano (Vell., Ges., Cast., Car., ecc.). Altri, men bene: la Sorga (Leop., Boz, ecc.). -50. M' AGGHIACCIA: per lo spavento. 51. COVERTO: cfr. Ovid. Metam. II, 367 e segg. Cast.: La natura di questa e delle seguenti trasformazioni è diversa dalla prima; chè la prima significa innamoramento, e queste accidenti avversi che gli avvennero in amore. Amando adunque il Poeta, sperò di godere Laura; la quale speranza gli fu tolta da Laura. Finge adunque ch' ella, la speranza, sia stata simile a Fetonte il quale, siccome, innalzandosi troppo, fu fulminato da Giove, così la sua speranza fu fulminata dallo sdegno di Laura. Onde egli, nella guisa che Cigno, zio di Fetonte, l' andò cercando e piangendo intorno al Po, ed al fine fu convertito in uccello: così egli, affannandosi per la passione della ripulsa, divenne canuto, e pianse la morte della sua speranza intorno al fiume. 55. RITROVASSI: il mio sperare; nel MS. orig. RITROVASSE.

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