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SONETTO XXIX. (36.)

Alcuni piansero i loro stessi nemici, e Laura nol degna neppur d' una

lagrima.

Quel ch' in Tessaglia ebbe le man sì pronte
A farla del civil sangue vermiglia,
Pianse morto il marito di sua figlia
Raffigurato alle fattezze conte:

E'l pastor ch' a Golia ruppe la fronte,
Pianse la ribellante sua famiglia,

E sopra 'l buon Saul cangiò le ciglia:
Ond' assai può dolersi il fiero monte.
Ma voi, che mai pietà non discolora,
E ch'avete gli schermi sempre accorti
Contra l'arco d' Amor che 'ndarno tira,
Mi vedete straziare a mille morti:
Nè lagrima però discese ancora

Da' be' vostr' occhi; ma disdegno ed ira.

SONETTO XXX. (37.)

È lo specchio di Laura che gli fa soffrire il duro esilio dagli occhi suoi.

Il mio avversario, in cui veder solete

Gli occhi vostri, ch' Amore e 'l Ciel onora,

Con le non sue bellezze v' innamora,
Più che 'n guisa mortal soavi e liete.

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alquanto pioveva"; Vell., Ges.). I moderni (Biag., Leop., Car., Boz., ecc.) intendono invece del bel viso di Laura, fatto mesto per cagion della morte di un parente infermo, a visitare il quale Laura era partita da Avignone,talmente mesto che i suoi begli occhi intanto versavano lagrime. Alcuni lasciano la questione indecisa (Murat., Wagn., Ambr., Carb., ecc.). Se il Sole non vide tornare il viso di Laura (v. 10), ella era ancor lontana (chè non è ammissibile l' interpretazione:,,Il Sole non si accorse quando Laura tornò fuori"); e se ella era ancor lontana, il Poeta non poteva sapere se il di lei viso era cangiato nè se i di lei occhi lagrimavano. Intendi pertanto cogli antichi del Sole. - 14. IL PRIMO: quello descritto nel Son. XXVI. Son. XXIX. 1. QUEL: Giulio Cesare. 3. IL MARITO: Pompeo, suo genero. Cast.:,,Non posso lodare questa sрippaav di Pompeo in questo luogo, che scema la compassione di Cesare, quando la dovrebbe accrescere; perciocchè, che maraviglia è che Cesare piangesse un suo genero? Era da tacere, il marito di sua figlia." Così pure Tass., Car. ecc. Il Biag. risponde che l'odio fra parenti è il maggiore, e tanto maggiore quanto più intima è la parentela." Scusa un po' magra! 4. RAFFIGURATO: riconosciuto. CONTE: note. 5. IL PASTOR: Davide. LA FRONTE: cfr. I. Sam. (I. Reg.) XVII, 49. 6. FAMIGLIA: il ribelle suo figlio Absalom; cfr. II. Sam. (II. Reg.) XVIII, 33. - 7. CANGIÒ: ne pianse la morte; cfr. II. Sam. (II. Reg.) 1, 17 e segg. 8. MONTE: Ghilboa, cfr. ibid. v. 21. Dante, Purg. XII, 40 e segg. 10. ACCORTI: pronti. pena uguale a mille morti.

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Son. XXX. 1. AVVERSARIO: rivale; lo specchio. vostre. 4. PIÙ CHE: si riferisce a bellezze.

12. A MILLE: con

- 3. NON SUE: ma

Per consiglio di lui, Donna, m'avete
Scacciato del mio dolce albergo fora;
Misero esilio! avvegna ch' io non fora
D'abitar degno ove voi sola siete.
Ma s'io v'era con saldi chiovi fisso,
Non devea specchio farvi per mio danno
A voi stessa piacendo, aspra e superba.
Certo, se vi rimembra di Narcisso,
Questo e quel corso ad un termino vanno:
Benchè di sì bel for sia indegna l' erba.

SONETTO XXXI. (38.)

Si adira contro gli specchi, perchè la consigliano a dimenticarsi di lui.

L'oro e le perle, e i fior vermigli e i bianchi
Che 'l verno devria far languidi e secchi

Son per me acerbi e velenosi stecchi,
Ch' io provo per lo petto e per li fianchi:

Però i dì miei fien lagrimosi e manchi:

Chè gran duol rade volte avvien che 'nvecchi.
Ma più ne 'ncolpo i micidiali specchi
Che 'n vagheggiar voi stessa avete stanchi.
Questi poser silenzio al signor mio,

Che per me vi pregava; ond' ei si tacque
Veggendo in voi finir vostro desio.

SOLA: non

CHIOVI:

6. ALBERGO: del vostro cuore. — 8. OVE: nel vostro cuore. amando che voi medesima. Cast.: Sola degna d' abitare, cioè degna amante di voi medesima." 9. v ERA: nel vostro cuore. chiodi. Vell.:,,Se v' era stabilito con forti e tenaci legami, come l'affezione ch' ella verso di lui avea dimostrata dinotava." 10. DEVEA: doveva. 12. DI NARCISSO: che di sè stesso invaghitosi nello specchiarsi ad un fonte fu cangiato in fiore; cfr. Ovid. Metam. III, 509 e seg. 13. QUESTO: vostro. QUEL: di Narcisso. - CORSO: non destino (Vell., ecc.), ma procedere. -VANNO: conducono ad un medesimo fine. — 14. si BEL: come sareste voi, quando, al modo di Narcisso, foste trasformata in fiore.

Son. XXXI. 1. I FIOR: di cui vi adornate. Cast.: ,Si potrebbe intendere delle bellezze di Laura, cioè oro per gli capelli; perle per gli denti; fior vermigli e bianchi per le guancie." E il verno? 2. DEVRIA: dovrebbe.,,Ed intanto sono trovati vivi e verdi in onta alla stagione invernale per procurare gli ornamenti muliebri." Boz. Pare che il sentimento del Poeta sia il seguente: I fiori vermigli e i bianchi, che dovrebbero esser colpiti da un verno prematuro, posciachè io ne provo si acerbe pene (?). Car. 3. STECCHI: cfr. Dante, Inf. XIII, 6. - 5. MANCHI: abbreviati. 6. GRAN DUOL: Senec. Epist. 30: Nullum enim dolorem esse longum, qui magnus est. - 8. STANCHI: stancati. 9. SIGNOR: Amore. 11. FINIR: terminare in voi stessa amando voi solamente voi stessa.

Questi fur fabbricati sopra l' acque
D'abisso, e tinti nell' eterno obblio;
Onde 'l principio di mia morte nacque.

SONETTO XXXII. (39.)

Timido e vergognoso nel rimirare gli occhi di lei, il desiderio gliene dà

coraggio.

Io sentia dentro al cor già venir meno

Gli spirti che da voi ricevon vita:
E, perchè naturalmente s' aita

Contra la morte ogni animal terreno,

Largai 'l desio, ch'i' tengo or molto a freno
E misil per la via quasi smarrita;
Però che dì e notte indi m' invita;
Ed io contra sua voglia altronde il meno.
E' mi condusse vergognoso e tardo

A riveder gli occhi leggiadri, ond' io,
Per non esser lor grave, assai mi guardo.
Vivrommi un tempo omai: ch' al viver mio
Tanta virtute ha sol un vostro sguardo;
E poi morrò, s' io non credo al desio.

SONETTO XXXIII. (40.)

Fermo di voler palesar a Laura i suoi mali, ammutolisce dinanzi a lei.

Se mai foco per foco non si spense,

Nè fiume fù giammai secco per pioggia;
Ma sempre l'un per l' altro simil poggia,
E spesso l'un contrario l'altro accense;

12. QUESTI: Specchi. 13. OBBLIO: del fiume Lete, essendovi voi dimenticata di me. - 14. ONDE: dai quali specchi. IL PRINCIPIO: perchè, insuperbita della sua bellezza, quindi cominciò a disprezzarlo. Tass. Son. XXXII. 1. VENIR MENO: non avendo veduto Laura da qualche tempo. 3. S' AITA: si difende. 4. TERRENO: cfr. Dante, Inf. II, 1 e seg. 5. LARGAI: allargai: „Sfrenai quell' impetuoso desiderio di voi, che ora tengo a stretto morso." Biag. CH' I' TENGO OR: Murat. B.: CH' OR TENGO.

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-6. VIA: di andare a vederla. -7. INDI: a passar di là. 8. IL: desio; quarto caso. 9. E': esso desio. 11. GRAVE: molesto. ,,Da li quali occhi egli si guarda, e si ritien di vederli, per non esser grave e molesto a loro." Ges. 12. OMAI: avendovi veduta. AL VIVER: a mantenermi vivo. 14. NON CREDO: non presto fede al desiderio, credendovi più umana di quello sembrate. Altri: Se non cedo al desiderio che mi stimola a tornarvi a vedere.

Son. XXXIII. 1. PER: per mezzo di fuoco.

3. POGGIA: cresce.

4. ACCENSE: accese. Plin. Hist. nat. XXXIII, 5: Calx aqua accenditur, et Thracius tapis, idemque oleo re tinguitur.

Amor, tu ch' i pensier nostri dispense,
Al quale un' alma in duo corpi s' appoggia,
Perchè fa' in lei con disusata foggia
Men, per molto voler, le voglie intense?
Forse, si come 'l Nil d' alto caggendo
Col gran suono i vicin d' intorno assorda;
E' 1 Sole abbaglia chi ben fiso il guarda;
Così 'l desio, che seco non s'accorda,
Nello sfrenato obbietto vien perdendo,
E, per troppo spronar, la fuga è tarda.

SONETTO XXXIV. (41.)

Alla presenza di Laura non può più parlare, nè piangere, nè sospirare.
Perch' io t'abbia guardato di menzogna

A mio podere, ed onorato assai,
Ingrata lingua, già però non m'hai
Renduto onor, ma fatto ira e vergogna:

Chè quando più 'l tuo aiuto mi bisogna
Per dimandar mercede, allor ti stai
Sempre più fredda; e se parole fai,
Sono imperfette, e quasi d' uom che sogna.
Lagrime triste, e voi tutte le notti

M' accompagnate, ov' io vorrei star solo,
Poi fuggite dinanzi alla mia pace.

5. DISPENTE: dispensi, governi.

6. ALMA: dell' amante. Leop.:,,Tu, sostegno di un' anima che vive in due corpi, cioè dell' anima dell' amante." 7. FA': fai. IN LEI: nella detta anima. 8. PER MOLTO: per la stessa veemenza del desiderio. INTENSE vive. 9. sÌ COME 'L NIL: cfr. Plin. 1. c. V, 9. Cic. de Somn. Scip. 12. SECO: è discorde da sè medesimo. Cast.,,Che non continua l' uffizio suo del desiare in presenzia di Laura, e così non è d'un parere sempre, e fuor di presenzia ed in presenzia di Laura." 13. NELLO SFRENATO: nell' infinita moltitudine delle cose che sono materia e nutrimento del desio. Cast. - Manca nello sfrenato scontro, et dum se nimis effrenate objicit. Il desiderio muove con tant' empito gli spiriti, ch' e' si confondono, e non fanno la loro operazione. Tass. Va perdendo della sua forza nello stesso sfrenato, cioè impetuoso, correre verso il proprio oggetto. Leop. Nell'oggetto che troppo lo stimola. Boz. - 14. TARDA: colui che fugge, mosso da eccesso di paura, sprona anch' egli alle volte il cavallo con tant' impeto, che il cavallo si confonde e trabocca, o si ferma e tira calci. Tass.

Son. XXXIV. 1. PERCHÈ: benchè. GUARDATO: preservata. Cast.: ,,Maggiore onore non si può fare alla lingua, che guardarla da menzogna e da bestemmia." - 2. ONORATO: Per le leggiadre e alte cose discese dall' intelletto, e per lei mandate fuori. Biag. 3. LINGUA: mia. CEDE: pietà da Laura. — 7. FREDDA: cfr. Virg. Georg. IV, 525. cfr. Dante, Purg. XXXIII, 33. Tasso, Ger. XIII, 30. 9. LAGRIME: mie. -E VOI: voi pure. 10. SOLO: senza lagrime. - 11. PACE: Laura.

6. MER8. SOGNA:

E voi sì pronti a darmi angoscia e duolo,
Sospiri, allor traete lenti e rotti.
Sola la vista mia del cor non tace.

CANZONE IV. (9.)

Tutti riposano dopo le lor fatiche, ed egli non ha mai tregua con Amore.

I. Nella stagion che 'l ciel rapido inchina
Verso Occidente, e che 'l dì nostro vola
A gente che di là forse l'aspetta;
Veggendosi in lontan paese sola,
La stanca vecchierella pellegrina
Raddoppia i passi, e più e più s'affretta:
E poi così soletta

Al fin di sua giornata

Talora è consolata

D'alcun breve riposo, ov' ella obblia
La noia e 'l mal della passata via.

Ma, lasso, ogni dolor che 'l dì m' adduce,
Cresce qualor s'invia

Per partirsi da noi l'eterna luce.

II. Come il Sol volge le 'nfiammate rote,

Per dar luogo alla notte, onde discende
Dagli altissimi monti maggior l'ombra;
L'avaro zappador l'arme riprende,
E con parole e con alpestri note
Ogni gravezza del suo petto sgombra:
E poi la mensa ingombra

Di povere vivande,

Simili a quelle ghiande,

Le qua' fuggendo tutto 'l mondo onora.
Ma chi vuol si rallegri ad ora ad ora:

ALLOR: alla presenza di Laura.

5

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13. SOSPIRI: miei. TRAETE: uscite fuori. 14. DEL COR: Murat. B.: DI FUOR. Il solo mio aspetto non lascia di esprimere lo stato del mio cuore; cfr. P. 1. Son. CLI, 6.

Canz. IV. I. 1. NELLA STAGION: nell' ora. Chiama stagione la sera, che così, come sono quatto stagioni dell' anno, così sono quattro stagioni del giorno. 3. FORSE: cfr. Sest. 1, 14 nt. Virg. Georg. I, 247 e segg. 4. SOLA: senza persona di suo paese. 7. SOLETTA: contuttochè non abbia nè parente nè paesano. Cast. 10. OBBLIA: cfr. Tasso, Ger. III, 4. 13. QUALOR: ogni qualvolta. S' INVIA: è presso a partirsi. 14. LUCE:

il Sole.

II. 15. COME: quando.

16. DISCENDE: cfr. Virg. Eclog. I, 83. Horat. Carm. lib. III. Od. VI, 41 e segg. - 18. L' AVARO: cfr. Virg. Georg. I, 47 e seg. L' ARME: cfr. Virg. Georg. I, 160, dove sono così chiamati gli strumenti di cui servesi il contadino per lavorare la terra. 21. INGOMBRA : cfr. Virg. Georg. IV, 132 e seg. - 24. ONORA: accenna al secolo di Saturno, ossia all' età primitiva detta dell' oro, i cui troppo semplici usi nessuno ora più segue, benchè, tutti li lodino; cfr. Ovid. Metam. I, 103 e segg. 25. AD ORA AD ORA: di tempo in tempo.

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