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12.

Sonetto 176: Voglia mi sprona.
Ove soavemente il cor m' invesca.
Mille trecento ventisette appunto
Su l'ora prima il dì sesto d' aprile
Nel labirinto entrai; nè veggio ond' esca.
Soave onesto ragionar m' invesca.
alias Animo antiquo in nova età m' invesca.
El'angelica voce dolce umile

alias El dolce ragionar con voce umile
vel E'l parlar dolce accorto onesto umile.
Lasso me, presi insieme l' amo e l'esca.
Vel quod magis placet:

Nel labirinto entrai nè veggio ond' esca.

A questo sonetto nell' Autografo della Vaticana si legge: Mirum, hoc cancellatum, et damnatum per multos annos, casu relegens absolui et transcrip. in ord. statim non obst. 1361. Junij 22, hora 23. Veneris. pauc. postea die 27 in vesperis mutavi: sive idem hoc erit.

INDICE ALFABETICO DEL CANZONIERE.

SONETTI.

Ahi, bella libertà, come tu m' hai
Al cader d' una pianta, che si svelse
Alma felice, che sovente torni
Almo Sol, quella fronde ch' io sol' amo
Amor, che meco al buon tempo ti stavi
Amor, che 'ncende il cor d' ardente zelo
Amor, che nel pensier mio vive e regna
Amor, che vedi ogni pensiero aperto.
Amor con la man destra il lato manco
Amor con sue promesse lusingando
Amor ed io sì pien di maraviglia.
Amor, Fortuna e la mia mente schiva
Amor fra l' erbe una leggiadra rete
Amor, io fallo, e veggio il mio fallire
Amor m' ha posto come segno a strale
Amor mi manda quel dolce pensero
Amor mi sprona in un tempo ed affrena
Amor, Natura e la bell' alma umile
Amor piangeva, ed io con lui talvolta
Anima bella, da quel nodo sciolta
Anima, che diverse cose tante

A piè de' colli ove la bella vesta
Apollo, s' ancor vive il bel desío
Arbor vittoriosa trionfale.

Aspro core e selvaggio, e cruda voglia.
Aura, che quelle chiome bionde e crespo
Avventuroso più d' altro terreno

Beato in sogno, e di languir contento
Benedetto sia 'l giorno e 'l mese e l'anno
Ben sapev' io che natural consiglio.

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Deh porgi mano all' affannato ingegno

Deh qual pietà, qual angel fu sì presto

Del cibo onde '1 Signor mio sempre abbonda
Del mar tirreno alla sinistra riva
Dell' empia Babilonia, ond' è fuggita
Dicemi spesso il mio fidato speglio.
Dicessett' anni ha già rivolto il cielo

Di dì in dì vo cangiando il viso e 'l pelo
Discolorato hai, Morte, il più bel volto
Dodici donne onestamente lasse
Dolce mio caro e prezioso pegno

Dolci durezze e placide repulse.

Dolci ire, dolci sdegni e dolci paci
Donna, che lieta col principio nostro

Due gran nemiche insieme erano aggiunte
Due rose fresche, e colte in paradiso
D'un bel, chiaro, polito e vivo ghiaccio

E' mi par d' ora in ora udire il messo
E questo 'l nido in che la mia fenice
Era 'l giorno ch' al Sol si scoloraro
Erano i capei d'oro all' aura sparsi

Far potess' io vendetta di colei.
Fera stella -se'l Cielo ha forza in noi
Fiamma dal ciel sulle tue trecce piova
Fontana di dolore, albergo d'ira.
Fresco, ombroso, fiorito e verde colle
Fu forse un tempo dolce cosa amore
Fuggendo la prigione ov? Amor m' ebbe

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Io sentia dentr' al cor già venir meno
Io son dell' aspettar omai sì vinto
Io son già stanco di pensar si come
Io son sì stanco sotto 'l fascio antico
Io temo sì de' begli occhi l'assalto
I' piansi; or canto, chè 'l celeste lume
I' pur ascolto, e non odo novella
Ite, caldi sospiri, al freddo core
Ite, rime dolenti, al duro sasso
I'vidi in terra angelici costumi
I'vo piangendo i miei passati tempi

La bella donna che cotanto amavi
La donna che 'l mio cor nel viso porta
La gola e 'l sonno e l'oziose piume
La guancia che fu già piangendo stanca
L'alma mia fiamma oltra le belle bella
L'alto e novo miracol ch' a' di nostri
L'alto Signor dinanzi a cui non vale
L' arbor gentil che forte amai molti anni
L'ardente nodo ov' io fui d' ora in ora
Lasciato hai, Morte, senza Sole il mondo
La sera desïar, odiar l' aurora
L'aspettata virtù che in voi fioriva
L'aspetto sacro della terra vostra

Lasso, Amor mi trasporta ov' io non voglio

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L' aura, che 'l verde lauro e l' aureo crine
L'avara Babilonia ha colmo il sacco.
La vita fugge e non s' arresta un'ora
Le stelle e il cielo e gli elementi a prova
-Levommi il mio pensier in parte ov' era
Liete e pensose, accompagnate e sole
Lieti fiori e felici, e ben nate erbe.

L'oro e le perle, e i fior vermigli e i bianchi
L'ultimo, lasso, de' miei giorni allegri

Mai non fu' in parte, ove sì chiar vedessi
Mai non vedranno le mie luci asciutte
Ma poi che 'l dolce riso umile e piano
Mente mia, che presaga de' tuoi danni
Mentre che 'l cor dagli amorosi vermi
Mia ventura ed Amor m' avean sì adorno
Mie venture al venir son tarde e pigre
Mille fiate, o dolce mia guerrera.
Mille piagge in un giorno e mille rivi

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Non d'atra e tempestosa onda marina
Non fur mai Giove e Cesare si mossi.
Non può far Morte il dolce viso amaro
Non pur quell' una bella ignuda mano

Non Tesin, Po, Varo, Arno, Adige e Tebro
Non veggio ove scampar mi possa omai

O bella man che mi distringi 'l core
O cameretta, che già fosti un porto
Occhi miei, oscurato è il nostro Sole
Occhi, piangete, accompagnate il core
O d'ardente virtute ornata e calda.
O dolci sguardi, o parolette accorte
O giorno, o ora, o ultimo momento
Ogni giorno mi par più di mill' anni
Oimè il bel viso, oimè il soave sguardo
O invidia, nemica di virtute

O misera ed orribil visïone
Onde tolse Amor l'oro e di qual vena
- passi sparsi, o pensier vaghi e pronti
Or che 'l cielo e la terra e 'l vento tace
Or hai fatto l'estremo di tua possa
Orso, al vostro destrier si può ben porre
Orso, e' non furon mai fiumi nè stagni
O tempo, o ciel volubil che fuggendo
Ove ch' i' posi gli occhi lassi o giri
Ov'è la fronte che con picciol cenno

Pace non trovo, e non ho da far guerra
Padre del Ciel, dopo i perduti giorni
Parrà forse ad alcun che 'n lodar quella
Pasco la mente d'un sì nobil cibo
Passa la nave mia colma d' obblio
Passato è'l tempo omai, lasso che tanto
Passer mai solitario in alcun tetto
Perch' io t' abbia guardato di menzogna
Per far una leggiadra sua vendetta.
Per mezzo i boschi inospiti e selvaggi
Per mirar Policleto a prova fiso
Perseguendomi Amor al luogo usato
Piangete, donne, e con voi pianga Amore
Pien di quella ineffabile dolcezza.
Pien d' un vago pensier, che mi desvia.
Pióvonmi amare lagrime dal viso.
Più di me lieta non si vede a terra

Più volte Amor m' avea già detto: Scrivi
Più volte già dal bel sembiante umano.
Po, ben può tu portartene la scorza
Poco era ad appressarsi agli occhi miei
Poi che la vista angelica serena
Poi che 'l cammin m' è chiuso di mercede
Poi che mia speme è lunga a venir troppo
Poi che voi ed io più volte abbiam provato
Ponmi ove 'l Sol occide i fiori e l'erba

Qual donna attende a glorïosa fama
Qual mio destin, qual forza o qual inganno
Qual paura ho quando mi torna a mente
Qual ventura mi fu quando dall' uno.
Quand' io mi volgo indietro a mirar gli anni
Quand' io movo i sospiri a chiamar voi
Quand' io son tutto vôlto in quella parte
Quand' io veggio dal ciel scender l' Aurora
Quand' io v' odo parlar si dolcemente
Quando Amore i begli occhi a terra inchina

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