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perfluo, più tosto partorirebbe fastidio che frutto alcuno. E come tra l'altre verità occulte e utili, la notizia della temporale Monarchia è utilissima e molto nascosa e non mai da alcano tentata non vi si vedendo dentro guadagno; però il proposito mio è di trarre questa dalle tenebre alla luce, acciò che io m' affatichi per dare al mondo utilità e primo la palma in questo esercizio a mia gloria conseguiti. Certamente grande opera e difficile e sopra le forze mie incomincio, confidandomi non tanto nella propria virtù, quanto nel lume di quello Donatore che dà a ognuno abondantemente e non rimprovera.

Prima è da vedere brievemente che cosa è la temporale monarchia, affinchè io dica nella forma e secondo l'intenzione. La monarchia temporale, la quale si chiama imperio, è uno principato unico e sopra tutti gli altri nel tempo, ovvero in quelle cose che sono nel tempo misurate: nella quale tre dubbii si muovono: primo, si dubita e si dornanda s'ella è al bene essere del mondo necessaria; secondo, se il Romano popolo ragionevolinente s' attri bui l'officio della monarchia; terzo, se l'autorità della monarchia dipende sanza mezzo da Dio, o da alcuno ministro suo ovvero vicario. Ma perchè ogui verità, che non è un princi pio, si manifesta per la verità d'alcuno principio, è necessario in ciascheduna inquisizione avere notizia del principio al quale analiticamente si ricorra per certificarsi in tutte le proposizioni che dopo quella si pigliano; e però essendo il presente trattato una certa in

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quisitio quaedam, ante omnia de principio scrutandum esse videtur, in cujus virtute inferiora consistant. Est ergo sciendum, quod quaedam sunt quae nostrae potestati minime subjacentia, speculari tantummodo possumus, operari autem non: velut Mathemathica, Physica, et Divina. Quaedam vero sunt, quae nostrae potestati subjacentia, non solum speculari, sed et operari possumus: et in iis non operatio propter speculationem, sed haec propter illam assumitur: quoniam in tali operatione est finis. Cum ergo materia praesens politica sit, imo fons atque principium rectarum politiarum: et omne politicum nostrae potestati subjaceat: manifestum est, quod materia praesens non ad speculationem per prius, sed ad operationem ordinatur. Rursus cum in operabilibus principium et causa omnium sit ultimus finis, movet enim primo agentem: consequens est, ut omnis ratio eorum quae sunt ad finem, ab ipso fine sumatur: nam alia erit ratio incidendi lignum propter domum construendam, et alia pro. pter navim. Illud igitur, si quid est quod sit finis utilis civilitatis humani generis, erit hic principium, per quod omnia quae inferius probanda sunt, erunt manifesta sufficienter. Esse autem finem hujus civilitatis et illius, et non esse unum omnium finem, arbitrari stultum est.

Nunc autem videndum est, quid sit finis totius humanae civilitatis: quo viso plus

quisizione, in prima è da cercare del principio nella verità del quale le cose inferiori consistaΠΟ. È de sapere che alcune cose sono, che non sono sottoposte alla potestà nostra, le quali possiamo solamente ricercare e conoscere, ma non operarle: come sono le cose di aritmetica e geometria, e simili, e naturali, e logiche, e divine. Altre cose sono alla nostra potestà suggette, le quali non solo conoscere, ma eziandio operare possiamo; e in queste non si piglia la operazione per la cognizione, ma la cognizione più tosto per la operazione: imperocchè in essa il fine è operare. Adunque essendo la presente materia civile, anzi fonte e principio d'ogni retta civilità, e le cose civili essendo alla potestà nostra saggette, è manifesto che la presente materia non è principalmente alla cognizione, ma alla operazione ordinata. Ancora, perchè nelle operazioni il principio e la cagione di tutto è l'ultimo fine, il quale muove colui che fa, è ragionevole che tutta la ragione di quelle cose che sono a fine ordinate da esso fine si pigli. Perciocchè sarà altro il modo di tagliare il legname a fine di edificare la casa, ed altro a fine di fare la nave. E però quello che è ultimo fine di civilità della generazione umana, sarà questo principio pel quale tutte le cose che di sotto si pruovano, sufficientemente si manifesteranno. E non è ragionevole che s'egli è certo fine di questa e di quella civilità, non sia ancora di tutte le civilità uno fine comune.

Abbiamo ora a dichiarare quale sia della civilità il fine altimo, e veduto questo, secon

quam dimidium laboris erit transactum, juxta Philosophum ad Nicomachum. Et ad evidentiam ejus quod quaeritur, advertendum, quod quemadmodum est finis aliquis ad quem natura producit pollicem, et alius ab hoc ad quem manum totam, et rursus alius ab utroque ad quem brachium, aliusque ab omnibus ad quem totum hominem; sic alius est finis ad quem singularem hominem, alius ad quem ordinat domesticam communitatem, alius ad quem viciniam, et alius ad quem civitatem, et alius ad quem regnum: et denique optimus ad quem utiliter genus humanum, Deus aeternus arte sua, quae natura est, in esse producit. Et hic quaeritur, tanquam principium inquisitio. nis directivum. Propter quod sciendum primo, quod Deus et natura nil otiosum facit:

quicquid prodit in esse, est ad aliquam operationem. Minime enim essentia ulla creata ultimus finis est in intentione creantis, in quantum creans, sed propria essentiae operatio. Verum est, quod non operatio propria propter essentiam, sed haec propter illam habet ut sit. Est ergo aliqua propria operatio humanae universitatis, ad quam ipsa universitas hominum in tanta multitudine ordinatur. Ad quam quidem operationem nec homo unus, nec domus una, nec vicinia, nec una civitas, nec regnum particulare pertingere potest. Quae autem sit illa, manifestum fiet, si ultimum de potentia totius humanitatis appareat. Dico ergo, quod nulla vis a pluribus specie diversis partici

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do il Filosofo nella etica, sarà più che 'l mezzo della opera adempiuto. Alla dichiarazione di questo che si cerca si debbe considerare che come è alcuno fine al quale la natura produce uno dito della mano, ed altro fine al quale il braccio, ed altro fine al quale tutto lo aomo; così è altro fine al quale ella produce uno noino, e altro al quale ella ordina la famiglia, altro al quale la vicinanza, altro al quale la città, e altro al quale il regno. E finalmente uno ultimo fine al quale Iddio eterno con l'arte sua, che è la natura, produce in essere la generazione umana. E questo qui si cerca come principio che dirizzi tutta questa nostra inquisizione. Imprima si vuole intendere che Iddio e la natura nulla fanno di ozioso, ma ciò che producono in essere è a qualche operazione ordinato. Perchè non è quella essenzia creata l'ultimo fine della intenzione del Creante, in quanto egli è creatore, ma la propria operazione della essenzia. Di qui nasce che la operazione propria non è a fine della essenzia, ma la essenzia è a fine della propria operazione. È adunque alcuna propria operazione della umana università, alla quale tutta questa università è in tanta moltitudine ordinata : alla quale operazione nè uno uomo, nè una casa, nè una vicinanza, nè una città, nè uno regno particolare può pervenire. Qual sia questa operazione sarà manifesto se la ultima potenzia di tutta la umanità apparirà. Dico adunque che nessuna forza participata da più diversi in ispezie è di potenzia d'alcuno di quelli. Im

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