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trechè patisce la punizione, così: E to; che vuol dire, egli è adempiuto, non resta a fare alcuna cosa. Per intendere la convenienza, è da sapere che la punizione non è semplicemente pena allo ingiuriante, ma pena data allo ingiuriante da chi ha giurisdizione di punire. Onde se la pena non è data dal giudice ordinario, non è punizione, ma piuttosto ingiuria. Onde egli diceva a Mosè: Chi ti costitui giudice sopra noi? Adunque se Cristo non avesse patito sotto giudice ordinario, quella pena non sarebbe stata punizione; ma il giudice ordinario non poteva essere se non uno che avesse giurisdizione sopra tutta la generazione umana. Conciossiachè tutta la umana generazione, come disse il profeta, in quella carne di Cristo portante i dolori nostri, fus. se punita. E sopra tutta la generazione umana, Tiberio Cesare, del quale era vicario Pilato, non avrebbe avuto giurisdizione, se il romano Imperio non fusse stato per ragione. Di qui nasce che Erode, benchè non sapesse quello che si faceva, come ancora Caifas, che seppe quello che si disse di celeste deliberazione, rimandò Cristo a Pilato a giudicarsi, come parla Luca nel suo evangelio. Erode l'aveva commesso, non tenendo il luogo di Tiberio Cesare sotto il segno dell'aquila o del sénato, ina re in singolar regno da lui ordinato, e sotto il segno del regno a se commesso governando. Restino adunque di turbare e vituperare il romano Imperio coloro che fingono d'essere figliuoli della Chiesa; conciossiachè vegghino lo sposo della Chiesa, Cristo, avere quello in

litiae comprobasse. Et jam sufficienter manifestum esse arbitror, Romanum populum sibi de jure orbis Imperium adscivisse. O felicem populum, o Ausoniam te gloriosam, si vel nunquam infirmator ille imperii tui natus fuisset, vel numquam sua pia intentio ipsum fefellisset!

tal modo approvato nell'uno e nell'altro termine della sua milizia. E già sufficientemente estimo avere dimostrato che il popolo romano per ragione sopra tutti gli altri s'attribui l'imperio. O felice popolo, o Italia gloriosa, se quello che indeboli l'imperio tuo mai non fusse nato, ovvero la sua pia intenzione mai lo avesse ingannato!

QUALITER OFFICIUM MONARCHAE, SIVE
IMPERII DEPENDET A DEO IMMEDIATE.

Conclusit ora Leonum, et non nocuerant mihi: quia coram eo justitia inventa est in me. In principio hujus operis propositum fuit de tribus quaestionibus, prout materia pateretur, inquirere. De quarum duabus primis, in superioribus libris, ut credo, sufficienter peractum est. Nunc autem de tertia restat agendum. Cujus quidem veritas, quia sine rubore aliquorum emergere nequit, forsitan alicujus indignationis causa in me erit. Sed quia de throno immutabili suo Veritas deprecatur; et Salomon etiam sylvam Proverbiorum ingrediens, meditandam veritatem, imperium detestandum in se futurum, nos docet; ac praeceptor morum Philosophus familiaria destruenda pro veritate suadet; assumpta fiducia de verbis Danielis praemissis, in quibus divina potentia, clypeus defensorum veritatis, astruitur, juxta monitionem Pauli, fidei loricam induens, in calore carbonis illius, quem unus de Seraphim accepit ex altari caelesti, et tetigit labia Isaiae; gymnasium prae. sens ingrediar; et in brachio Illius, qui nos

COME L'OFFICIO DEL MONARCA, OVVERO DELL'IMPERO, DIPENDE IMMEDIATAMENTE DA DIO.

Egli ha chiuso le bocche a' lioni, ed essi non m' hanno nociuto, perchè nella presenza di Lui s'è in me trovata giustizia. Net principio di questa opera fu nostro proposito ricercare tre quistioni secondo che patisse la presente materia: due delle quali ne' libri di sopra estimo essere sufficientemente trattate; ora ci resta a trattare della terza. E perché la verità di questa non si può dichiarare senza vergogna e rossore d'alcuni, sară forse in me qualche cagione d'indegnazione. Ma perchè la verità dal suo immutabile trono ci priega; ed anche Salomone, entrando nella selva de'Proverbj, ci ammaestra che dobbiamo meditare la verità e detestare la tirannide; ed ancora il precettore de'costumi, Aristotele, ci conforta che dobbiamo per difendere la verità, distruggere ancora le proprie nostre opinioni; io però piglierò fidanza insieme con le premesse parole di Daniello profeta, nelle quali la diviua potenza è chiamata lo scudo del difensore e de' difesi, secondo il primo ammonimento di Paolo dicente: Colui vestitosi la corazza della fede, nel caldo di quello carbone, il quale uno de' serafini prese dal celeste altare, e toccò le labbra d'Isaja; e cosi, presa questa fidanza, io entrerò nella pre

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