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tuale, ovvero umano o divino, asserivano essere senza errore (conforme l'assioma, opus naturae, opus intelligentiae non errantis), e supponevano prender origine dalla prima mente, e ad essa dover ritornare (23). Tale era il linguaggio del Platonicismo amoroso, assai familiare nel Parnaso Italiano fino dal tredicesimo Secolo, e che durò per insino al deci*mosesto (24).

» Non è se non splendor di quella idea
» Che partorisce amando il nostro Sire.
Dant. Par. XIII, v. 52.

> lo veggio ben sì come già risplende
» Nell'intelletto tuo l'eterna luce,
» Che vista sola sempre amore accende;
» E s' altra cosa vostro amor seduce,
» Non è se non di quella alcun vestigio
» Mal conosciuto che quivi traluce.

Parad. V, 7.

(23) Amor che muovi tua virtù dal Cielo
» Come 'l Sol lo splendore.

Dant. Canz. VIII, 1.

» La beltate ch'Amore in voi consente

» A virtù solamente

>> Formata fu dal suo decreto antico.

Canz. XVI, St. 1.

(24) Il Salvini illustrando que' versi del Petrarca Aprasi la prigione ov'io son chiuso, E che 'l cammino a tal vita mi serra, dice: « Questi sono i mi. >> steri della Platonica filosofia, e non che uno s'ab» bia a fissare in amando tutto il tempo di sua vita » una creatura, senza mai cercare di levarsi a migliore, » più sublime, più conveniente e più bello senza com» parazione e più amabile oggetto. Scala non è dun » que questa del tutto immaginaria, ma presa pel suo » verso, e non abusata viene ad essere assaí più vicina

Così Giovanni dell'Orto Aretino, che fiorì nel 1250, cantava

Amor solo, però ch'è conoscente
D'alma gentile e pura,

Sovr' essa gira, e pur ad essa torna;
E poi ch'è giunto a lei immantinente,
D'un ben sovra natura

Perfettamente lei pasce ed adorna.
Così Loffo Bonaguida :

Che Iddio vi formò pensatamente
Oltre natura ed oltre uman pensato.

Così Guittone d'Arezzo:

Che non può cor pensare,

Ne lingua divisare

Che cosa in voi potesse esser più bella.
Ah Dio! com' sì novella

Puote a esto mondo dimorar figura,

Ched' è sovra natura?

Che ciò che l'uom di voi conosce e vede,
mia fede

Somiglia per

Mirabil cosa a buon conoscitore (25).

» a' buoni e non adulterati nè falsi mistici e alla dot» trina de' nostri contemplativi, che sino dalle cose ir» razionali prendono di continuo motivi ed occasione » beata di portarsi in Dio, e dalla moltitudine delle » cose di quaggiù ridursi all' Uno di lassù anagogica

>> mente ».

(25) Anche nella sua lettera V diretta a una donna, Guittone adopra consimili espressioni: « Gentil mia » donna, l'onnipotente Dio mise in voi sì maraviglio. >>samente compimento di tutto bene, che maggior» mente sembrate angelica creatura che terrena in det»to ed in fatto, e in le sembianze vostre tutte, che » quant' uomo vede di voi sembra mirabil cosa a cia>> scun buon conoscidore. Perchè non degni fummo

Così il Cavalcanti nella Canz. VIII. e II.
Amore che innamora altrui di pregio,
Da pura virtù sorge

Dell'animo, che noi a Dio pareggia.

Di questa donna non si può contare ;
Che di tante bellezze adorna viene
Che mente di quaggiù non la sostiene.
Così Cino da Pistoja nella Canz. I.

Quando Amor gli occhi rilucenti e belli,
Ch'han d'alto fuoco la sembianza vera,
Volge ne miei, sì dentro arder mi fanno,
Che, per virtù d'Amor, vengo un di quelli
Spirti, che son nella celeste sfera.

Dal lampeggiar delle due chiare stelle....
Prende il mio cuore un volontario esiglio
E vola al Ciel tra l'altre anime belle.

Donna, i vostri celesti e santi rai
Vedendo avvolto in tenebre il mio core
Immantinente il fer chiaro e sereno;
E dal carcer terreno

Sollevandol talor, nel dolce viso
Gustò molti de' ben del Paradiso.

ed altrove

Come poteva d' umana natura

Nascere al mondo figura sì bella
Com' voi, che pur maraviglia mi fate?

Così finalmente il nostro Alighieri :

Credo che in ciel nascesse esta soprana

» che tanta preziosa e mirabile figura, come voi siete, >> abitasse intra l'umana generazione d'esto secolo mor» tale, ma credo che piacesse a Lui di poner voi tra »> noi per fare maravigliare ec. ».

E venne in terra per nostra salute.

E par che sia una cosa venuta

Di cielo in terra a miracol mostrare (26). Io non dirò che questo fosse il vero modo di trattare l'amore, e che que' primi italiani poeti rinvenissero un bello sconosciuto a Tibullo e a Properzio; ma dirò solo che tale si era il mistico e biz. zarro gusto del tempo. Perciò l'Alighieri, non tanto dalla sua elevata fantasia, e dalla nobiltà del suo animo, quanto dall' esempio de' suoi contemporanei, fu spinto a sublimare l'affetto per la sua donna, e a far di essa un essere meraviglioso e più che terreno. Che se a ciò avesse voluto por mente il Biscioni, non avrebbe mosso tante dubbiezze intorno Beatrice, nè avrebbe prodotta quella sua speciosa opinione intorno l'amore del divino Poeta, affannandosi tanto nel torgli di dosso una taccia che egli ha comune con tutto il genere umano, e sforzandosi nel far creder che uno solo ed identico, cioè quello della Sapienza, sia stato l'amore, ch'egli ha si vivamente descritto in tutte e quattro le sue opere italiane, la Vita Nuova, il Canzoniere, il Convito, e la Divina Commedia. Parecchi dati storici, parecchie deduzioni, e parecchi argomenti stanno per me a provar questo: che Dante dopo avere ne' suoi più verdi anni amato Beatrice Portinari non per libidine, ma per gentilezza di cuore, si diede nella sua gioventù alla passione e allo studio della Filosofia morale ch'è la bellissima femmina del Convito, e da questo passò poi facilmente all'amore della celeste Sapienza o Scienza delle cose divine, simboleggiata nella gloriosa Beatrice della Commedia.

(26) Tutti sanno in quanto gran numero furono in Italia i servili imitatori del Petrarca, e perciò non sopraccarico il mio discorso con inutili citazioni.

E se io di leggieri vorrò concedere, che gli ultimi due amori possano prendersi l'uno per l'altro e identificarsi, non vorrò nè potrò concedere altrettanto del primo, accettando per buone e per vere le ragioni del Biscioni e de' suoi illusi seguaci, perciocchè io tengo opinione che possa fino all' ultima evidenza mostrarsi come due, cioè il naturale e l'intellettuale, siano stati gli amori di Dante Alighieri: della qual cosa a far persuasi coloro che di tali ricerche prendon vaghezza, stimo conveniente il ragionare alcun poco.

Più volte dice Dante nella Vita Nuova, nel Canzoniere ed anco nella Commcdia, che egli erasi innamorato di Beatrice fino dalla sua puerizia: -Nove fiate appresso il mio nascimento era tornato lo cielo della luce quasi ad un medesimo punto (cioè erano trascorsi quasi nove anni), quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata Beatrice (Vita Nuova pag. 3).. E Amore mi dicea queste parole.... voglio che tu dica certe parole per rima, nelle quali tu comprenda la forza ch' io tegno sopra te per lei (per Beatrice), e come tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia (Vita Nuova, pag. 17). -La mia persona parvola (pargoletta) sostenne Una passion nuova, E a tutte mie virtù fu posto un freno (Canz. X, st. V).. Nella vista mi percosse L'alta virtù che già m' avea trafitto Prima ch'io fuor di puerizia fosse (Purg. XXX, 40). — Altrove poi egli dice (e lo abbiamo veduto più sopra da uno squarcio del Trattato II del Convito), che s'innamorò della Filosofia ovvero della Sapienza, qualche anno appresso la morte della Portinari, avvenuta (narra egli stesso) il 9 Giugno del 1290; le quali cose valgono a significare che Dante s'innamorò della FiJosofia in età pressochè di sei lustri. Qui pertanto abbiamo due innamoramenti, l' uno da giovinetto,

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