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il cielo: ond❜io sostenea si grande angoscia, che lo mio deboletto sonno non potè sostenere (1), anzi si rappe, e fui disvegliato. Ed immantinente cominciai a pensare, e trovai che l'ora, nella quale m'era questa visione apparita, era stata la quarta della notte; sì che appare manifestamente, ch'ella fu la prima ora delle nove ultime ore della notte. E pensando io a ciò che m'era apparito, proposi di farlo sentire a molti i quali erano famosi trovatori (2) in quel tempo: e con ciò fosse cosa ch'io avessi già veduto per me medesimo (3) l'arte del dire parole per rima, proposi di fare un Sonetto, nel quale io salutassi tutti i fedeli (4) d'Amore, e pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi loro ciò ch' io avea nel mio sonno veduto; e cominciai allora questo Sonetto:

A ciascun'alma presa (5) e gentil core,
Nel cai cospetto viene il dir presente,
A ciò che mi riscrivan suo parvente (6),
Salute in lor signor, cioè Amore.
Già eran quasi ch'atterzate l'ore (7)

Del tempo ch'ogni stella è più lucente (8),

(1) Sostenere in significato neutro, per sostenersi. (2) Trovatori, poeti, dal provenzale troubadors. E i nostri antichi diceano pure trovare per poetare. (3) Cioè, appreso da me stesso.

(4) Fedeli per servitori, soggetti.

(5) Presa per innamorata, e si trova pure in altri antichi.

(6) Parere; suo, il loro.

(7) Cioè, erano quasi le quattr' ore.

(8) Vale a dire, della notte, poichè nel giorno lo splendore delle Stelle è vinto da quello del Sole,

Quando m'apparve Amor subitamente (1) Cui essenza membrar mi dà orrore. Allegro mi sembrava Amor, tenendo Mio core in mano, e nelle braccia avea Madonna,involta in un drappo dormendo. Poi la svegliava, e d'esto core ardendo Lei paventosa umilmente pascea: Appresso gir lo ne vedea piangendo. Questo Sonetto si divide in due parti: nella prima parte saluto, e domando risponsione; nella seconda significo a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi: Già eran.

A questo Sonetto fu risposto da molti e di diverse sentenze, tra li quali fu risponditore quegli cui io chiamo primo de' miei amici (2); e disse allora un Sonetto lo quale comincia: Vedesti al mio parere ogni valore. E questo fu quasi il principio dell'amistà tra lui e me, quando egli seppe ch' io era quegli che gli avea ciò mandato (3). Lo verace giudicio (4) del detto sogno non fu veduto allora per alcuno, ma ora è manifesto alli più semplici.

(1) All'improvviso, dal lat. subito.

(2) Questi che Dante chiama primo de' suoi amici, è Guido Cavalcanti. Fra gli altri poeti, i quali scrissero a Dante il loro parere intorno quella sua visione, si fu uno Cino da Pistoja col Sonetto Naturalmente chere ogni amadore, ed un altro Danle da Majano con quello Di ciò che stato sei dimandatore.

(3) Mandato qui forse vale comandato, come opina il Salvini, dal franc. mande.

(4) La vera interpetrazione, il vero senso.

Da questa visione innanzi cominciò il mio spirito naturale ad essere impedito nella sua operazione, perocchè l'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima ; ond'io divenni in picciolo tempo poi di sì frale e debole condizione, che a molti amici pesava della mia vista (1): e molti pieni d'invidia si procacciavano di sapere di me quello ch' io voleva del tutto celare ad altrui. Ed io accorgendomi del malvagio domandare che mi faceano, per la volontà d'Amore, il quale mi comandava secondo il consiglio della ragione, rispondea loro, che Amore era quegli che così m'avea governato (2): dicea d'Amore, perocchè io portava nel viso tante delle sue insegne, che questo non si potea ricoprire. E quando mi domandavano: per cui t'ha così distrutto questo Amore? ed io sorridendo li guardava, é nulla dicea loro. Un giorno avvenne, che questa gentilissima sedea in parte ove s'udiano parole della Regina della gloria, ed io era in luogo, dal quale vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di lei e di me per la retta linea sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, maravagliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei terminasse; onde molti s'accorsero del suo mirare. Ed in tanto vi fu posto mente, che partendomi da questo luogo, mi sentii dire appresso: vedi come cotale donna distrugge la persona di costui; e

(1) Del mio aspetto.

(2) Governato, cioè concio, fatto di me un tal governo.

nominandola, intesi che diceano di colei che in mezzo era stata nella linea retta che movea dalla gentilissima Beatrice, e terminava negli occhi miei. Allora mi confortai molto, assicurandomi che il mio segreto non era cómunicato, lo giorno (1), altrui per mia vista: ed immantinente pensai di fare di questa gentile donua schermo della veritade; e tanto ne mostrai in poco di tempo, che il mio segreto fu creduto sapere dalle più persone che di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti mesi e anni, e per più fare credente altrui, feci per lei certe cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere qui, se non in quanto facessero a trattare di quella gentilissima Beatrice; e però le lascierò tutte, salvo che alcuna cosa ne scriverò, che pare che sia loda di lei. Dico che in questo tempo che questa donna era schermo di tanto amore, quanto dalla mia parte, mi venne una volontà di vo ler ricordare il nome di quella gentilissima, ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente del nome di questa gentildonna; e presi i nomi di sessanta le più belle donne della cittade, ove la mia donna fu posta dall'altissimo Sire, e composi una epistola sotto forma di serventese (2), la quale io non scriverò;

(1) Lo giorno, cioè quel giorno, illo die. Così in una Canzone di Giuliano de' Medici, attribuita al Poliziano: Ch' io mi credetti il giorno Fosse ogni Dea di ciel discesa in terra.

(2) Serventese dicevasi un poetico componimento talvolta in quadernarii, talaltra in ottave, ma più specialmente in terza rima.

e non n'avrei fatto menzione, se non per dire quello che componendola maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nove, tra'nomi di queste donne.

La donna, con la quale io avea tanto tempo celata la mia volontà, convenne che si partisse della sopradetta cittade, e andasse in paese lon→ tano: per che io quasi sbigottito della bella difesa che mi era venuta meno, assai me ne discoufortai più che io medesimo non avrei creduto dinanzi (1). E pensando che, se della sua partita io non parlassi alquanto dolorosamen te, le persone sarebbero (2) accorte più tosto del mio nascondere, proposi di farne alcuna lamentanza in un Sonetto, il quale io scriverò, perciocchè la mia donna su immediata cagione di certe parole, che nel Sonetto sono, siccome appare a chi lo intende: e allora dissi questo Sonetto (3):

O voi che per la via d'Amor passate,
Attendete e guardate,

S'egli è dolore alcun, quanto il mio, grave;
E prego sol ch'audir mi sofferiate;

(1) Per l' innanzi.

(2) Si sarebbero, tralasciata la particella si, come di frequente s'incontra negli antichi.

(3) Dante chiama talvolta la Ballata, siccome nel caso presente, col nome di Sonetto, perciocchè questo nome non era in quel secolo particolarmente adoprato a significare il noto componimento di 14 versi, ma si adoprava generalmente a indicare qualunque breve componimento poetico.

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