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na gloriosamente), che alquanti peregrini passavano per una via la quale è quasi in mezzo della cittade, ove nacque, vivette e morio la gentilissima donna, e andavano secondo che mi parve, molto pensosi. Ond' io pensando a loro, dissi fra me medesimo: Questi peregrini mi pajono di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare di questa donna, e non ne sanno niente; anzi i loro pensieri sono d'altre cose che di questa qui; chè forse pensano delli loro amici lontani, li quali noi non conoscemo. Poi dicea fra me medesimo: io so che se questi fossero di propinquo paese, in alcuna vista parrebbero turbati passando per lo mezzo della dolorosa cittade. Poi dicea fra me stesso: S'io li potessi tenere (1) alquanto, io pur gli farei piangere anzi ch'egli uscissero di questa cittade, perocchè io direi parole che farebbero piangere chiunque le udisse. Onde passati costoro dalla mia veduta, proposi di fare un Sonetto nel quale manifestassi ciò ch'io avea detto fra me medesimo; ed acciocchè più paresse pietoso, proposi di dire come se io avessi parlato loro, e dissi questo Sonetto, lo quale comincia Deh peregrini etc.

Dissi peregrini secondo la larga significazione del vocabolo: chè peregrini si

E viene a Roma seguendo il desio Per mirar la sembianza di Colui Ch'ancor la sù nel ciel vedere spera. (1) Intrattenere.

possono intendere in due modi, in uno largo ed in uno stretto. In largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della patria sua: in modo stretto non s'intende peregrino se non chi va verso la casa di sunto Jacopo, o riede: e però è da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le genti che vanno al servigio dell'Altissimo. Chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare là onde molte volte recano la palma: chiamansi peregrini in quanto vanno alla Casa di Galizia, però che la sepoltura di santo Jacopo fu più lontana dalla sua patria, che d' alcuno altro Apostolo: chiamansi romei in quanto vanno a Roma, là ove questi ch' io chiamo peregrini andavano. Questo Sonetto non si divide, però ch'assai il manifesta la sua ragione.

Deh peregrini, che pensosi andate

Forse di cosa, che non v'è presente (1),
Venite voi di sì lontana gente,
Com' alla vista voi ne dimostrate?
Chè non piangete quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone, che neente
Par che intendesser la sua gravitate (2).
Se voi restate, per volere udire,
Certo lo core ne' sospir mi dice,
Che lagrimando n' uscirete pui.

(1) Cioè de' loro amici lontani, come l'Autore stesso ha detto sopra.

(2) La sua mestizia.

1

Ella (1) ba perduto la sua Beatrice;
E le parole, ch' uom di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

Poi mandaro due donne gentili a me pregandomi che mandassi loro di queste mie parole rimate; ond' io pensando la loro nobiltà proposi di mandar loro e di fare una cosa nuova, la quale io mandassi loro con esse, acciocchè più onrevolmente adempiessi li loro prieghi. E dissi allora un Sonetto, il quale narra il mio stato, e mandailo loro col precedente sonetto accompagnato, e con un altro che comincia Venite a intender ec. Il Sonetto, il quale io feci allora, è Oltre la spera ec.

Questo Sonetto ha in se cinque parti. Nella prima dico là ove va il mio pensiero nominandolo per nome di alcuno suo effetto. Nella seconda dico per che va lassù, e chi'l fa così andare. Nella terza dico quello che vide, cioè una donna onorata. E chiamolo allora spirito peregrino; acciocchè (2) spiritualmente va lassù, e sì come peregrino, lo quale è fuori della sua patria, evi sta. Nella quarta dico, com'egli la vede tale, cioè in tale qualità, ch'io non la posso intendere; cioè a dire che il mio pensiero sale nella qualità di costei in grado che il mio intelletto nol può comprendere ; conciossiacosachè il nostro in

(1) Ella, cioè la città. (2) Perciocchè.

telletto s'abbia (1) a quelle benedette anime, come l'occhio nostro debole al sole: e ciò dice il Filosofo nel secondo della Metafisica. Nella quinta dico, che avvegnachè io non possa vedere là ove il pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile qualità, almeno intendo questo, cioè che tal è il pensare della mia donna, perchè io sento spesso il suo nome nel mio pensiero. E nel fine di questa quinta parte dico donne mie care, a dare ad intendere che son donne coloro cui parlo. La seconda parte incomincia Intelligenza nova; la terza Quand' egli è giunto, la quarta Vedela tal; la quinta So io ch' el parla. Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più fare intendere, ma puossi passare con questa divisione,e però non mi trametto di più dividerlo.

Oltre la spera, che più larga gira (2),
Passa il sospiro, ch' esce del mio core;
Intelligenza nova, che l'Amore
Piangendo mette in lui, pur su lo tira:
Quand' egli è giunto là dov' el desira,
Vede una donna che riceve onore,
E luce si, che per lo suo splendore

(1) Si stià. Aversi è qui usato nel senso di starsi in una data proporzione, nel modo che si pratica nella Geometria, per esempio: il 4 sta al 6, come il 6 al 9.

(2) Intendi: Il sospiro ch' esce dal mio cuore tanto si alza, che va al di là della nona ed ultima sfera (il primo Mobile), e giunge all' Empireo.

Lo peregrino spirito la mira. Vedela tal, che quando il mi ridice, lo non lo intendo, sì parla sottile Al cor dolente, che lo fa parlare. So io ch' el parla di quella gentile Perocchè spesso ricorda Beatrice, Sicch' io lo intendo ben, donne mie care. Appresso a questo Sonetto apparve a me ana mirabil visione, nella quale vidi cose, che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, infintantochè io non potessi più degnamente tratture di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sa veracemente. Sicchè, se piacere sarà di Colui, per cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, spero didire di lei quello che mai non fu detto d' alcuna. E poi piaccia a Colui, ch'è Sire della Cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua Donna, cioè di quella benedetta Beatrice che gloriosamente mira nella faccia di Colui, qui est per omnia saecula benedictus.

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