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deʼromani, figliuola del re Latino ed erede, se dice il vero Virgilio nell' ultimo, ove induce Turno vinto così parlante ad Enea: Tu hai vinto, e gli Ausonj hanno veduto me vinto, a te sottomettermi: Lavinia è tua moglie. La quale ultima moglie fu d'Italia nobilissima regione deila Europa. Per questo è inanifesto che il padre del popolo Romano dal lato mascolino e femminino fu nobilissimo, e similmente il popolo da lui discendente. E a chi, dopo le sovraesposte ragioni, non sara ciò manifesto? Ovvero, a chi potrà rimanere oscuro, come in cotale doppio concorso della consanguinità da ogni parte del mon. do, avessevi luogo una certa predestinazione divina?

Quello eziandio che alla perfezione sua è aiutato da' miracoli, è da Dio voluto; e però è per ragione. E che questo sia vero, così si manifesta, come dice San Tommaso nel terzo contro a' gentili: Miracolo è quella cosa che per divino volere avviene fuori dell'ordine comune delle cose. Onde egli pruova che il fare iniracoli solo a Dio s'appartiene. La qual cosa si conferma con l'autorità di Mosè; il quale dice, che quando si venne all'operare de' segni, i magi di Faraone, che artificiosamente usavano i naturali principj, mancarono e dissono: in questo è il dito di Dio. Se adunque il miracolo è mediante la operazione del primo principio, sanza la operazione de' secondi fattori, come santo Tominaso in esso libro sufficientemente pruova; quando si distende in favore d'alcuna cosa, non è lecito dire, che Vol. 111.

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re, illud cui sic favetur, non esse a Deo, tanquam beneplacitum sibi provisum. Quare suum contradictorium concedere visum est: Romanum imperium ad sui perfectionem, miraculorum suffragio est adjutum: ergo a Deo volitum: et per consequens, de jure fuit et est. Quod autem pro Romano Imperio per. ficiendo, miracula Deus portenderit, illu· strium authorum testimoniis comprobatur. Nam sub Numa Pompilio, secundo Romanorum rege ritu gentilium sacrificante, an. cile de coelo in urbem a Deo electam delapsum fuisse, Livius in prima parte testatur: cujus miraculi Lucanus in nono Pharsaliae meminit, incredibilem vim austri, quam Libya patitur, ibi describens, ait enim sic: Sic illa profecto Sacrifico caecidere Numae, quae lecta juventus Patritia cervice movet: spoliaverat auster, Aut boreas populos ancilia nostra ferentes. Cumque Galli, reliqua urbe jam capta, noctis tenebris confisi, Capitolium furtim subirent, quod solum restabat ad ultimum interitum Romani nominis: anserem, ibi non ante visum, cecinisse, Gallos adesse, atque custodes ad defensandum Capitolium excitasse, Livius et multi scriptores illustres concorditer contestantur. Cujus rei memor fuit Poeta noster, cum clypeum AEneae describeret in octavo: canit enim sic: In summo custos Tarpejae Manlius arcis Stabat pro templo, et Capitolia celsa

quello a cui dà Iddio tale favore, non dipenda da Dio, come cosa a lui piaciuta e da lui provveduta. Per la qual cosa è lecito concedere il suo contrario: il romano imperio alla perfezione sua essere stato da' miracoli aiutato. Adunque Iddio così ha voluto; e però fa ed è secondo ragione. E che per crescere l'imperio romano, Iddio abbia dimostrato miracoli, si pruova per testimonii di degni autori. Imperocchè sotto Numa Pompilio, secondo re de' Romani, mentrechè sacrificava secondo il costume de' gentili, uno scudo cadde dal cielo nella città eletta da Dio, come testimonia Livio nella prima parte. Il quale miracolo Lucano racconta nel nono libro, quando tratta della forza incredibile del vento austro che regna in Libia, dove dice in questo modo: Quelle armi caddero pel sacrifizio di Numa, le quali la patrizia gioventù porta in campo. L'Austro, ovvero Borea, avea spogliato i popoli che portano queste nostre armi. Ed abbenchè i Franciosi, preso già il resto della città, confidandosi nelle tenebre della notte, nascosamente entrassino nel Campidoglio, la qual cosa sola restava all'ultima distruzione dello imperio romano, dice che le oche non mai pel passato quivi vedute, cantorno che i franciosi erano quivi presenti; e destorno le guardie a difendere il Campidoglio; e questo testimonia. Livio ed altri degni scrittori. Questo ancora raccontò Virgilio nell'ottavo descrivendo lo scudo di Enea, dove parla così: Manlio stava per guardiano della sommità della Rocca Tarpea per difensione del tempio, e guar

tenebat, Romuleoque recens horrebat regiaTM culmo. Atque hic auratis volitans argenteus anser Porticibus, Gallos in limine adesse canebat. At cum Romana nobilitas premente Annibale sie caderet, ut ad finalem Romanae rei deletionem non restaret nisi Poenorum insultus ad urbem, subita et intolerabili grandine proturbante, victores victoriam sequi non potuisse, Livius in bello Punico inter alia gesta conscribit. Nonne transitus Cloeliae mirabilis fuit, cum mulier et captiva in obsidione Porsennae, abruptis vinculis, miro Dei adjuta auri. lio, transnatavit Tiberim, sicut omnes fere scribae Romanae rei ad gloriam ipsius commemorant? Sic Illum prorsus operari decebat, qui cuncta sub ordinis pulchritudine ab aeterno providit, ut qui visibilis erat miracula pro invisibilibus ostensurus, idem invisibilis pro visibilibus illa ostenderet.

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Quicunque praeterea bonum Reipublicae intendit, finem juris intendit; quodque ita sequatur, sic ostenditur. Jus est realis et personalis hominis ad hominem proportio: quae servata hominum servat societatem, et corrupta corrumpit. Nam illa Digestorum descriptio, non dicit quod quid est ju ris: sed describit illud per notitiam uten. di illo. Si ergo definitio ista bene quid est

dava lo eccelso Campidoglio. Il regale e nuovo palazzo coperto di paglia romulea tremava. E qui la bianca oca, volando ne' portici dorati cantava che i franciosi erano presenti. Ancora quando la romana nobiltà, assediata da Annibale, rovinava in tal modo che all'ultima distruzione della romana repubblica, non restava se non lo assalto degli Affricani nella città, accadde che per una subita e intollerabile gragniuola gli Affricani vincitori non poterono loro vittoria seguire; e questo scrive Livio nell'affricana battaglia. Or non fu egli mirabile cosa il transito di Clelia che femmina e prigioniera nell'assedio di Porsenna ruppe i legami, e per aiuto di Dio, passò notando il Tevere, come gli scrittori ro mani, quasi tutti per gloria di quella città, narrano? E così si conveniva operare a Colui, il quale ab eterno con bell'ordine tutte le cose provvide, acciocchè colui che era invisibile, avendo a mostrare miracoli per le cose visibili, diventasse visibile, e quelle per le invisibili dimostrasse.

Colui che dirizza il pensiero suo al bene della Repubblica, dirizza il pensiero al fine della ragione; e che così seguiti, in questo modo si dichiara. La ragione è una proporzione reale e personale tra uomo e uomo, la quale quando s' osserva, conserva la umana congregazione, e quando è corrotta la corrompe. Inperocchè quella descrizione, che si fa ne' Digesti, non dice proprio quello che fia ragione, ma descrive quella secondo il modo d' usarla, Adunque se questa definizione bene compren༡་

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