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citato è, manifestamente, naturalmente, un seguito, uno sviluppamento, una illustrazione del concetto espresso nell'altro

<<< Questi si tolse a me, e diessi altrui? (1).

Ma la contraddizione nel Bartoli è altra ancora, e gravissima perchè egli afferma (St. ecc., 6', pag. 26-31) che è vano cercare in Dante, nel Convivio che è opera indirizzata con la Divina Commedia a far che l'uomo consegua l'uno e l'altro suo fine, di felicità terrena e celestiale, il più piccolo vestigio di una filosofia contraria al dogma; e nega che di una siffatta filosofia egli abbia accusa da Beatrice, nel paradiso terrestre; e nondimeno fa dire a Beatrice che Dante si era messo in una via non vera, via di filosofiche speculazioni, non di amori donneschi. E che altro poteva essere la via non vera in fatto di filosofia, che l'errore, la contraddizione alla teologia cristiana, la miscredenza? Avrebbe Beatrice chiamato con quel nome gli studî filosofici non avversi al dogma; ed accusato Dante di averli seguitati (sebbene li imprendesse per poter dire di lei in modo degno), se il troppo zelo di essi studî lo avesse solo distolto per alcun tempo dal recare in atto il suo proposito (2), e

(1) Il Bartoli (St ecc., 6', in nota, a pag. 23) dice che i due versi, citati nel testo, bisogna riferirli a colpe diverse, perchè altrimenti uno stesso concetto apparirebbe ripetuto a breve distanza. Ma, più che ripetizione, è una giunta, un rincalzo; è un dimostrare quanto c'era di pericoloso e di tristo nello straniarsi di Dante da Beatrice.

(2) Bartoli St. della Lett. vol. 6 1, pag. 23 « Io ammetto che nei rimproveri di Beatrice si alluda anche agli studi filosofici, ma non già perchè questi studi fossero contrari al dogma, sibbene perchè allontanavano il Poeta dalla Beatrice celeste, perchè ritardavano l'adempimento della promessa solenne di dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna ».

non altro più grave effetto avesse avuto ? Tanta severità, anzi ingiustizia di accuse, per un indugio: indugio non male speso, del resto, e che servì in ultimo a fornir la materia delle altissime lodi? E c'è un'altra obbiezione da fare al Bartoli, e a quanti hanno la sua maniera d'interpretare il canto XXX. Il Bartoli, come ho detto, riferisce il verso

<< E volse i suoi passi per via non vera,

a un vivo zelo di studî filosofici; ma chi ha tale opinione, dovrà, in quei versi che poco appresso seguono

<< Tanto giù cadde, che tutti argomenti
<< Alla salute sua eran già corti,

<< Fuor che mostrargli le perdute genti,

vedere significati i tristi effetti di colpe amorose (riprese innanzi), e insieme il reo degenerare e corrompersi (concetti assurdi e parole improprie, perchè di cose essenzialmente buone non si può dire che degenerino e si corrompano) della filosofia esercitata da Dante. E dovrà credere, quindi, che Dante si diè in preda al vizio della lussuria, e insieme divenne empio e ribelle quant' altri mai: come, più logicamente, sebbene anche con errore, stima lo Scartazzini, e nega il Bartoli. Col quale si accorda il D'Ancona nella opinione che Dante errasse per amore della umana scienza eccessivo, e per obblio di Beatrice: il che argomenta, sopra tutto, dal Convivio. In questo, come crede il D'Ancona, è manifesto uno, di tre deviamenti dell'intelletto e dell'animo di Dante, da Beatrice (1) แ verso gli studj, verso la scienza per sè me

(1) Discorso su Beatrice, pag. LXIII.

desima, insufficiente e vana in ogni caso, e più particolarmente nel caso di Dante „. Così il D'Ancona, sapientemente, (sebbene con un giudizio, che a me pare non retto, dell' opera filosofica di Dante), schiva la strana contraddizione del Bartoli: che il Convivio sia opera di schietta e intera preparazione filosofica alla Commedia, e nonostante, Beatrice accusi Dante, nel purgatorio, di aver amato la filosofia (1). E i versi 130-132 del canto XXX, il D'Ancona interpreta altrimenti dal Bartoli, così: che Beatrice vi alluda a "vita dissipata, di Dante, e più forse a gare di parte, agli odj di setta, e sopratutto a quella appassionata partecipazione nelle pubbliche faccende, che gli fu cagione del bando e della vita raminga per tutta Italia, (loc. cit. pag. LXIII). Ma questa interpretazione, ingegnosissima, non mi pare si possa accoglie. re in ciò, che i rimproveri di Beatrice, e i più diretti ed acerbi, fa che sieno rivolti contro ai costumi politici di Dante. Se così fosse, quel Tanto giù cadde col quale ha fine il canto XXX, e si concludon le accuse, dimostrerebbe che nelle gare faziose Dante si invilisse oltremodo: ma veramente egli, nel suo partecipare alla cosa pubblica, fu sventurato, non reo, e potè farsi annunziare, ad altissima lode, da Cacciaguida in paradiso, che gli sarebbe bello aversi fatta parte per se stesso. E, in simil modo, farsi predire da Brunetto, in inferno (XV),

(1) Il D'Ancona, a pag. LXII del suo Discorso, dice: « Questo periodo di preparazione dottrinale al Poema, è in gran parte segnato nel Convito..... » Soggiunge appresso « Naturale era, del resto, che affaticandosi a raccogliere tutto quel tesoro di cognizioni che, più tardi, doveva servire al monumento poetico da innalzarsi all'amata, e compiacendosi nella bellezza e nella nobiltà degli studj, qualche volta il pensiero di Dante fuorviasse, sebbene momentaneamente, dall'antico oggetto.... »

che il popolo fiorentino gli si farebbe per suo ben far nemico; e dir da Ciacco che due son giusti in Firenze, dei quali uno era egli, come è a credere (1). Con che mostra di aver sicura coscienza della sua onestà politica (2).

Vengo ora alla opinione dello Scartazzini; a quella che lo Scartazzini esprime nelle nuove edizioni del suo commento al poema. Già egli aveva affermato che nei rimproveri di Beatrice al poeta si alludesse a colpa di lussuria (3), e insieme, e più, a colpa di filosofico orgoglio,

(1) Cfr. Par., XXV, 1–6:

<< Se mai continga che il poema sacro,

«

Al quale ha posto mano e cielo e terra,

« Si che m'ha fatto per più anni macro,

<< Vinca la crudeltà, che fuor mi serra

Del bello ovile, ov'io dormii agnello
Nimico ai lupi, che gli danno guerra

(2) Onestà politica appunto, vale il ben fare e l'esser giusto, che Dante attribuisce a sè e ad altri, nei luoghi citati nel testo; non certo, onestà e bontà di costumi, generalmente. Ne sia prova lo altissimo onore che egli fa (non bene, io credo) al Rusticucci e agli altri due, peccatori abbiettissimi (Inf., XVI), ai quali osa dire:

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E già dello stesso Rusticucci, e di altri non meno rei, aveva detto, domandandone a Ciacco, che a ben fare avevan posto gl'ingegni! Valga questo a confutazione dello Scartazzini, che vuol dimostrare, Dante non aver peccato di lussuria principalmente; e ne ha la prova in ciò, che Dante, in alcuni luoghi del suo poema (fra' quali, i due su riferiti) si afferma buono ed onesto (v. in Barbi, 1. c.).

(3) Comm. Lips. II, pag. 702. nota a v. 90 «.... ragion vuole che ad essi (peccati amorosi) anzi tutto si riferiscano e i rimproveri di Beatrice e le proprie sue confessioni »>.

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di dubbio in cose di fede, di miscredenza forse anche. Ed ora afferma (Comm. ed. 3a, Hoepli, 1899, pag. 656) che i rimproveri di Beatrice non ponno riferirsi a veruno di quei peccati che si purgano nei gironi del Purgatorio, chè i sette P sono cancellati dalla fronte del Poeta ed il suo arbitrio è libero, diritto e sano (Purg. XXVII, 140) „. E questa affermazione, e questo argomento (validissimo in sè), erano anche nel commento Lipsiese; sebbene lo Scartazzini concedesse che le accuse di Beatrice tocca van pure la colpa della lussuria. Nei nuovi commenti, alle parole che ho riportate su, aggiunge "Ma Beatrice gli rimprovera di essersi dato quasi esclusivamente alla scienza umana trascurando quasi del tutto la divina....... E, seguitando, cita un luogo del Gelli Ritrovandosi Dante fuori dei primi anni della sua puerizia ne' quali egli era stato instruito e ammaestrato.... de' principii della fede, e delle altre cose appartenenti a la religion cristiana.... e dandosi a gli studii di filosofia e delle scienze umane, dove si truovono molte opinioni contrarie dirittamente al lume della fede, cominciò a poco a poco a lasciarsi svolgere e tirare al tutto nella lor sentenza da quelle.... „ Nel qual giudizio, di un graduale sviarsi dell'intelletto di Dante, non è dubbio che lo Scartazzini consenta, riferendolo egli (come pare) ad illustrazione del suo. Così, tolto che Beatrice alluda a colpe amorose, i rimproveri tutti di lei e le confessioni di Dante son da rifertre a colpa d' intelletto: si vedrà poi, con quanta ragione. Nè lo Scartazzini applica, in ogni parte, o mantiene ferma la sua opinione dell'unica accusa. Di fatto, a verso 136 del canto XXX, afferma che Dante cadde" non tanto moralmente, quanto intellettualmente,. Bisognava dire, nel secondo modo, unicamente. E se la via non vera del v. 130 pare essere

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