Sayfadaki görseller
PDF
ePub

detto "vilissimo „ (XXXVIII), “ avversario della ragione „ "malvagio,,, e si narra che ei ne fu preso per " alquanti dì, solamente (XXXIX). Ma io non vedo in che le parole del Convivio contraddicano insanabilmente e sostanzialmente a quelle della Vita Nuova; sì che possa sembrar lecito negar fede all'autore, e attribuirgli ciò ch' ei rifiuta con tanta chiarezza. E innanzi tutto, chi per lievissime apparenti differenze fra' due racconti, non crede a Dante, deve stimar costui disavveduto e maldestro; perchè non vide le differenze, o non le seppe emendare. E gli costava ben poco! E gli era a cuore assaissimo, che il nuovo amore distruttor dell'antico non gli si attribuisse! E tuttavia nel Convivio dichiara che non ha voluto derogare alla Vita Nuova con quello, anzi giovarle; sebbene in opera non giovanile più, e di materia più grave, parli più virilmente (I, 1). Adunque, la sola differenza che egli pose fra' due libretti, (in ciò che hanno comune), e riconosce fra loro, è, non nelle cose, ma nella maniera di considerarle e di esporle: il che è vero, come si è dimostrato altrove, di tutto quanto il Convivio (che è ligio a Beatrice, nel nuovo aspetto di teologia, e in quello ancora di donna), e così dunque di quella parte dove si parla del nuovo amore, cioè dei nuovi studî. Ma, si creda o no alla sostanza allegorica della donna gentile, certo è che Dante (non uomo ingenuo, o sciocco, o inesperto) considerò le due opere, e non vide che differissero, se non per la forma e per lo stile, o poco più; e così volle che differissero. Nè altra è la differenza. Gli attributi malvagio, vile, contrario alla ragione, che nel racconto della Vita Nuova paiono repugnare a ciò che poi nel Convivio si afferma della donna gentile, non vanno applicati alla cosa amata (foss'ella una donna o la filosofia), ma all'amore, ed anche all'amante: la cosa amata è detta gentile, savia, bella

molto. Anzi, per dir più proprio, nemmen l'amore era vile per sè, e Dante stesso lo chiama gentile, come quello che andava a donna gentile (1); ma gli pareva vile in quel tempo, perchè repugnava alla costanza della ragione, (2). La qual ragione voleva che fosse invitto, e regnasse solo in lui, l'antico amore: ogni altro pensiero, anche nobile e buono, pareva a quello nemico, perchè interrompeva o scemava la benefica signoria di esso sopra ogni sua facoltà. Nè è meraviglia che la filosofia paresse dover cedere innanzi ad un amore di donna; chi pensi che ciò era in un giovane ancor pieno di quel suo amore tanto sopra l'usato; in un giovane, dotato da natura, più che altro, di una indole siffattamente vigorosa ed intera che in un pensiero dovessero consentire le facoltà tutte, e accendersene a un tempo, e servirgli; in un giovane ignaro ancora di tutto ciò (o di gran parte almeno) che di soave, di nobile, ha in sè la filosofia, e che non ha ancora pensato o non vede come i due amori, l'antico e il nuovo, possano stare insieme senza contrasto, o l'uno superare l'altro senza distruggerlo. Nè c'è contraddizione vera fra gli alquanti di della Vita Nuova, e i trenta mesi del Convivio; chi pensi che in quella, con una finzione amorosa, si accenna al vero, cioè agli studi incominciati con vivo zelo, ed interrotti dopo alcun tempo dal risorto pensiero di Beatrice. Nè conveniva, o non era necessario, che la finzione amorosa si rappresentasse nel modo istesso che la verità

(1) XXXVIII «.

e dissi questo sonetto, il quale comincia: Gentil pensero; e dico gentile in quanto ragionava di gentile

donna.... >>

(2) XXXIX «... . . . lo mio cuore si cominciò dolorosamente a pentère de lo desiderio, a cui si vilmente s'avea lasciato possedere alquanti díe contra la costanzia de la ragione. . . . ».

degli studî; e le si attribuisse una durata eguale a questi ultimi: bastando alla necessità della allegoria e alla interezza della storia d'amore, che si parlasse di una qualunque non duratura contrarietà a questo, di una interruzione di esso. Interruzione, a cui seguì il tornar di Dante a Beatrice, e questa volta per sempre; salvo un secondo obblio. E che il pensiero di Beatrice rinacque in Dante, con dignità e grado maggiore, chi nega? Chi nega che in lui rinacque, o mai non si spense, l'amore della filosofia? Senonchè in questo, paiono contraddirsi o non esser concordi, Vita Nuova e Convivio, perchè in quella, Beatrice appare ultimamente vittoriosa, e vinta affatto la donna gentile, che Dante ci afferma altrove esser figura della filosofia; e nel Convivio, la filosofia appare essere prevaluta sul pensiero di Beatrice, averlo distrutto. Paiono, io dico, contraddirsi in questo la Vita Nuova e il Convivio; e contraddire al vero; perchè nè la filosofia vinse e discacciò a lungo o per sempre il pensiero di Beatrice, nè questo quella. Anzi, dopo breve lotta, occuparono insieme l'animo di Dante, e si accordarono. Ma si consideri che, nella Vita Nuova, la finzione per cui d'una scienza si era fatta una donna e dello studio un amore, non poteva convenientemente esser condotta tant'oltre che, dopo aver narrato il trionfo del pensiero di Beatrice, si aggiungesse che quell'amore appunto risorse, e si rimase con l'altro, come fu in fatti, fuori di allegoria. Nè quel che è detto nel Convivio, che il filosofico zelo distrusse il pensiero di Beatrice (1), se pur

(1) II. Canzone 1.a strofa 3.a

« Trova contraro tal, che lo distrugge,
« L'umil pensiero che parlar mi suole
«D' un' angiola che in cielo è coronata....

non fosse una maniera poetica, è da intendere altrimenti che una breve vittoria. E veramente, nel Convivio, non si fa altro che narrar di nuovo, spogliandolo di allegoria, l'episodio della donna gentile; ma se ne narra fin quando la nuova cura prevalse sull'antica. E non è strano così: perchè nel libro scientifico, che ha per fine di divulgare la nuova dottrina acquistata da Dante, quel che importava a costui era esaltare la scienza ed affermarne sopra sè stesso il potere. Ma nella Vita Nuova il racconto va fino al punto che l'antico amore riarse: nè si poteva, nel libretto amoroso, lasciar da parte il trionfo di quella per cui fu scritto il libretto. Differiscono dunque le due opere in questo, sebbene il poeta le dica sostanzialmente simili, per ragione appunto della finzione allegorica che egli intesse nell'una e discopre nell'altra; cioè differiscono per la forma, come egli stesso afferma, e niente altro. Ma non sì che in esse la verità intera del fatto, cioè il tornar dell'autore alla filosofia e il conciliarla con l'amore di Beatrice, non apparisca certissima; perchè nella Vita Nuova, sebbene si sia narrato che il secondo amore fu spento in breve, si dice in ultimo che a celebrar Beatrice l'autore si apparecchia, studiando; e nel Convivio, sebbene si parli di discacciamento anzi di distruzione del pensiero di Beatrice, di questa appunto si ripete il nome più volte con grande ossequio ed affetto, e a lei già fatta un simbolo della divina scienza, si indirizza e si impronta il discorso filosofico; e si rifà la promessa di ragionarne altrove più degnamente. Concordano, dunque, le due opere in tutto: nè gli alquanti dì della Vita Nuova (i quali, come dimostra il Casini nel suo commento, non poterono esser pochissimi) escludono i trenta mesi del Convivio. Quelli sono uno spazio immaginato da Dante al primo zelo del nuovo amore, finchè il pensiero di Beatrice non

ritornò prepotente; e poichè il nuovo amore è finzione, non è a richiedere, come si potrebbe in una storia letteralmente vera, una precisione di particolari eccessiva. Tanto più che una precisione siffatta, in quell'episodio, avrebbe recato troppa onta alla verità, facendo credere che un nuovo amore durasse in Dante tant'oltre. I trenta mesi del Convivio son poi lo spazio in che il poeta si fece abile a gustare alquanto dei nuovi studî: nè qui conveniva, o era necessario, dir più o meno del vero.

Ma, nonchè valgano le obbiezioni su riferite a toglier fede alle parole stesse di Dante, queste appaiono probabili per altri argomenti. Uno è la verisimiglianza delle ragioni che Dante adduce nel Convivio (II, 13) per iscusare l'allegoria della donna gentile. Le quali ragioni sono, che, quando egli scriveva la Vita Nuova, gli era avviso che alla lingua volgare non convenisse una così alta e nuova materia, onde in quella non si sarebbe potuto degnamente concludere le lodi della filosofia; e che per avventura i lettori non avrebbero nè inteso, nè creduto di lui che ei si fosse inclinato a studî severi e non piuttosto ad amori. Delle quali due ragioni, la prima ha sua prova e riscontro nel cap. XXV della Vita Nuova, in cui si giudica appunto della lingua volgare, che ella sia atta solo ad argomenti amorosi (1), ed oltre a questo, concorda con l'attributo che Dante stesso assegna alla Vita Nuova (I, 1), la quale è e debba essere fervida e passionata (ed il Convivio, al contrario, temperato e virile): onde è a credere, chi pensi qual era Dante, cioè un ingegno

(1) « E il primo, che cominciò a dire sì come poeta volgare, si mosse però che volle fare intendere le sue parole a donna... E questo è contro coloro, che rimano sopr'altra materia che amorosa; con ciò sia cosa che cotale modo di parlare fosse dal principio trovato per dire d'Amore ».

« ÖncekiDevam »