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tribunali non abbiano avuto occasione di deciderla. Savie ed adequate allo scopo ci sono pure apparse le norme che il Sartori propone per operare lo svincolamento degli oneri feudali, sul quale più particolamente insiste, mostrandola impresa di grande utilità economica. Nel che, a dir vero, noi crediamo che egli siasi fatto interpetre dell'universale desiderio, poichè le lodi che il suo libro si è meritato da molti giornali della Lombardia e della Venezia, e da alcuni dell'Impero austriaco, muovono precipuamente dall'aver egli perorata con calore la causa dell'abolizione dei feudi.

Noi che viviamo in Toscana, ove fin del 1808 e per opera delle leggi francesi, la feudalità cessò di vivere, noi che facemmo testè le maraviglie per averne conosciuta la esistenza in codeste provincie italiane, non sapremmo davvero appuntare come immaturo o pericoloso il pubblico voto che nel 1857 con tanto unanime consenso si manifesta onde vederli ancor là aboliti. Hanno i feudi vissuto abbastanza, e compiuto, non certamente innanzi sera, il loro cammino; e quei vantaggi morali e politici che in addietro poterono arrecare, da molto tempo hanno cessato di produrli; dimodochè la loro esistenza rispettata dalle leggi è a puro scapito della buona agricoltura. È ormai tempo che siano sradicati come piante insterilite dai terreni che infettano e aduggiano; è tempo che rientrino da per tutto nel dominio della storia, e che i resti e le memorie di essi siano depositate nei pubblici archivi, in questi nobili sepolcreti delle istituzioni umane defunte, oggigiorno con tanto amore custoditi ed onorati, a documento degli studiosi del passato. E noi nutriamo fiducia che i Rettori di queste belle provincie italiane siano per porgere orecchio al comune e non precoce desiderio, vedendoli da più tempo rivolti a sollevare e migliorare con la diminuzione dei vincoli la sorte dell'agricoltura. Nell'anno decorso fu sancito, se non andiamo errati, lo scioglimento del pensionatico, una delle più insopportabili servitù che inceppassero la produzione delle terre nel veneto; nutriamo ora lusinga che i feudi siano per incontrare sollecitamente la stessa sorte.

Venendo alla parte storica del libro, che è quella a cui si volgono le ricerche dell'Archivio Storico, dobbiamo confessare che essa lascia molto a desiderare. Forse il Sartori non tanto si preoccupò della storia, perchè la reputò un accessorio ed un semplice ornamento del suo lavoro; ma s'egli amava di assicurargli una vita più lunga di quella non saranno per avere nel suo paese (così almeno

lo speriamo, e lo spererà egli pure con noi) i contratti, e gl'istituti feudali, questa era la parte che doveva precipuamente curare, nella fiducia che sarebbe allora sopravvissuta all'abolizione totale dei feudi. Direm di più; questa era la parte in cui poteva rendere un vero servigio alle discipline storiche, contribuendo a rischiarare con la esplorazione dei documenti e delle carte friulane, ed all'appoggio dei molti studj fatti negli ultimi tempi fra noi, l'età ancor molto oscura del medio evo. Nè l'ingegno nè la perizia gli poteano far difetto, apparendo molto versato nella materia da lui discorsa, e dando prova di coglier nel segno le poche volte che gli è venuta occasione di fermarsi su qualche fatto attenente alla storia particolare del suo paese.

Ed oggimai la storia della feudalità, per esser avvantaggiata, non d'altro, a nostro avviso, abbisogna che d'esser tolta dal campo delle nozioni generiche ed astratte, in parte vere e in parte false, per esser portata in quello delle nozioni positive desunte dai fatti particolari della storia di ciascuna provincia occupata dai barbari. Oggimai il concetto ideale, la sostanza del sistema feudale si conosce abbastanza, nè può dar più luogo a dubbj, od a controversie. Quel che rimane sempre a studiarsi ed a chiarirsi è la genesi di esso, cioè la determinazione dei vari elementi che contribuirono a costituirlo, e che il Romagnosi chiamerebbe i fattori di quello; si è la distinzione dei periodi caratteristici in cui ne seguì lo svolgimento, perfino a che non raggiunse la pienezza della vita nel completo organamento delle signorie feudali.

Tali indagini non assunsero gli scrittori del secolo passato perchè gli studj storici sopra siffatti argomenti non erano allora così avanzati. Da trent'anni in poi molto si è raccolto ed illustrato dei documenti del medio evo, molto e dottamente si è scritto; ma la indagine storica non fu mai bene risoluta perchè non bene assunta. Si studiò e si discusse lungamente la questione intorno alla condizione dei Romani vinti dai Longobardi, e varie furono le opinioni, varie le conclusioni, e noi pure, abbenchè gli ultimi, dicemmo la nostra. Ma più opportuna, a nostro credere, sarebbe stata la ricerca del quando e del come nascessero in Italia gli ordini signorili che poi ebber nome di feudali; poichè questa, bene studiata, avrebbe agevolato la risoluzione della prima che v'era racchiusa.

Tenendosi invece alle opinioni antiche, il Sartori non ha fatto avanzare di un sol passo la storia della feudalità, ed è caduto

negli stessi errori di quelli che lo aveano preceduto. Noi segnaleremo i principali, parendoci opera di gran momento, or che ferve ardente la passione di trar fuori dagli archivi delle chiese, dei comuni, e degli stati, documenti e carte rimaste per tanti secoli sconosciute, il mettere in guardia gli studiosi perchè non ricalchino le vecchie vie per le quali, se male non ci apponiamo, la storia del medio evo viepiù s'invilupperebbe.

Noi segnaleremo tra i primi errori il preconcetto che ha servito per troppo tempo di base fondamentale alla ricerca storica, che cioè il problema delle origini degl' istituti feudali si possa risolvere coi soli dati degli usi e dei costumi dei popoli barbari. Eppure le storie antiche ci mostrano moltiplici esempj di popoli nomadi con usi e costumi non dissimili dai Germani, i quali dopo emigrazioni più o meno lunghe avean preso stabile dimora sopra nuovi territorj; nè per questo s'era visto nascere il sistema signorile. Aggiungi che si conoscevano eziandio conquiste e dominazioni di popoli sopra altri popoli; e la feudalità quale la vediamo nascere in Italia e in altre regioni occidentali dopo la caduta del romano impero, non sorse. Onde non vale allegare, siccome fa il Sartori all'appoggio dell' Hallam e del Robertson, benchè valentissimi nelle storiche discipline, che alcune relazioni personali, ed alcuni usi simili a quelli dei tempi di mezzo rammentano le storie antiche dei popoli voltati di fresco alla vita ċivile; perchè la esistenza di codesti usi particolari e di quelle relazioni, essendo stati allora insufficenti a dar vita alle istituzioni signorili, non l'avrebber data di per sè soli neppure nel medio evo.

Nè la classe dei clienti in Roma, nè quella degli oberati nelle Gallie, di cui parla Giulio Cesare nei suoi Commentarj, sono da pareggiarsi ai fedeli ed ai vassalli dell'età posteriori. Vi si notano somiglianze ed analogie tra quelli e questi, ma non identità di condizioni; nè lo stato sociale di Roma antica, nè quello della Gallia potrebbe compararsi allo stato feudale. Peggio poi se nei compagni dei Duci longobardi (comites) tu cerchi la prima generazione dei fedeli, e se nei così detti doni che ricevevano dal capo tu intendi ravvisare il modello primo del feudo. Conciossiachè fede giuravan pur quelli al Duce, e ne ricevevano pari giuramento; ma fede e giuramento d'eguale a eguale, che bastava a stringerli insieme per le comuni imprese guerresche, non a procurare ai compagni una tutela o protezione personale della quale

non abbisognavano, e che avrebbero superbamente sdegnato. E i doni di spade, o di altre insegne militari che ricevevano i nobili giovanetti dal Duce siccome segno di stima e di onore, non han nulla che fare coi feudi; come non sono concessioni di terre feudali quelle distribuzioni di beni che dopo le conquiste si facevano tra i vincitori d'ogni classe, e che ricevevansi da tutti non come doni ma come parte delle cose acquistate in comune.

All' incontro, i primi fedeli ed i primi raccomandati del medio evo ci appariscono umili ed avviliti, inesperti al maneggio delle armi, minacciati d'ogni più grave pericolo nell'esercizio delle industrie, e nel godimento delle proprietà che alcuni avevano. Nè di terre concesse dal signore al fedele, o da questo incommendate abbiamo esempj in Italia nel primo secolo della conquista dei Longobardi. Più tardi, i compagni si prestarono a farsi vassalli dei duchi e del re; ma allora la soggezione era per essi scala a maggior potenza, ed a maggior ricchezza; gl'inalzava, non gli deprimeva, avviandoli ad usurpare il grado di rettori di stato. E tutto quello che dei costumi guerreschi, della fierezza dei modi, dell'amore per la caccia e per le giostre si narra rispetto ai nobili longobardi ed altri popoli nordici, basta a spiegar la disposizione che in essi v'era ad accettare la lenta formazione degli ordini signorili che seguiva nei primi tempi senza che ne avesser coscienza, basta del pari a farci intendere come si svolgessero le passioni cavalleresche, non appena fu costituita per intiero la gerarchia feudale, ma non basta a darci la spiegazione del nascimento di simili istituti.

Descrive il Sartori con molta vivacità di stile, e con molta perspicacia siffatte costumanze dei barbari ingentiliti dopo una residenza lunghissima nei paesi conquistati, ma non si accorge che queste non furono il fondamento dell'edifizio feudale; sì bene materia atta ad agevolarne l'incremento, e ad ornarne con qualche eleganza la estremità superiore.

Un altro e più grave mancamento che al Sartori ed agli storici da lui seguitati rimproveriamo, egli è quello di avere omesso lo studio della condizione economica e giuridica della proprietà fondiaria negli ultimi secoli dell' Impero, non che l'esame dello stato in cui si trovavano le popolazioni rustiche, gl' industriosi, l'agricoltura, le finanze imperiali; onde non han saputo tener conto dell'addentellato che gli avrebber pôrto i resti delle istitu

zioni e degli usi romani, per intendere le primarie ragioni del nascere, e del lento e per lunga pezza inavvertito svolgimento degli ordini signorili. Cotale inchiesta non si compieva col semplice indagare se in qualche periodo delle storie romane fossevi un modello, una prima forma della proprietà feudale, perchè esser non vi poteva, nè v'era; ma occorreva partirsi dagli ultimi tempi dell'Impero per conoscere lo stato economico, politico e civile delle soggette provincie al momento delle invasioni barbariche. Imperocchè gli usi e gl' istituti sorti nelle ultime età imperiali prepararono, vogliasi o no, il maggiore e miglior cemento alla creazione del sistema feudale, onde la storia di esso male può intessere chiunque non risalga ai tempi romani. Questa verità fu tanto sentita dall' illustre Gio. Batista Garzetti autore della dottissima opera intitolata Della storia e della condizione d'Italia sotto il governo degl' Imperatori romani, ch'egli ci narra essersi risoluto a scriverla, siccome necessaria introduzione a ben trattare la storia italiana del medio evo, alla quale principalmente intendeva. Ecco le precise parole con cui dà principio alla sua opera, e che ne piace referire. « L'Autore di questi libri, messosi a far qualche studio << della storia d'Italia nel medio evo con animo di condurla dalla << caduta dell' Impero d'Occidente fino al passaggio del re Carlo VIII << di Francia, s'ebbe più d'una volta ad accorgere che per illustrare << i tempi di cui aveva preso a trattare, gli era necessario ricorrere « ai secoli precedenti nei quali essi avevano le loro radici. Per la <«< qual cosa, conoscendo come queste molte e necessarie digressioni << non si potevano altrimenti evitare, che premettendo a quella sto<< ria un quadro della condizione d'Italia nel tempo in cui ancora << era romana, e d'essere romana cessò, egli a tal lavoro si accin<< se; e ne resultarono questi suoi libri, che si possono risguardare « o come un introduzione alla storia d'Italia ne'secoli di mezzo, 0 « anche come un'opera a parte ».

Ma quel che intese il Garzetti, ben pochi prima di lui il compresero; e l'errore ch'egli seppe saggiamente sfuggire, valse a fuorviare altri scrittori anco dei tempi più moderni. I quali tirato un velo sul passato come se ogni reliquia dell'età romana fosse dalla conquista dei barbari estinta, e non sospettando perciò che alcuni fatti economici, alcuni istituti giuridici, alcune condizioni di persone più appariscenti nel medio evo traessero dai precedenti tempi le loro origini, queste andarono vanamente cercando presso i popoli

ARCH.ST.IT., Nuova Serie, T. VI, P. I.

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