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2. Mentre i principi di Savoja si valevano da un lato della idea imperiale, si valevano dall'altro anche della idea latina per capitaneggiare la Elvezia burgundica o romana, in perpetuo contrasto colla Elvezia alemanna. La professione di vivere a legge romana, la quale s'incontra nelle antiche carte di casa Savoja, fra molti altri che ne può avere, ha senza dubbio anche questo significato. Così Tommaso I potè recuperare i diritti regali sul vescovado di Sion, e fece guerra a Bertoldo V duca di Zeringen per l'acquisto di Moudon. Così Pietro II combattendo successivamente contro gli Zeringen, i Kiburg e gli Habsburg, acquista il paese di Vaud, compartecipa alle giurisdiszioni temporali del vescovo di Losanna, s'impadronisce del castello di Ginevra, riceve ai patti i conti del Genevese, ed è salutato da quei di Berna e di Morat secondo fondatore delle loro città, di cui lo acclamano cittadino e Sovrano. Così Filippo I, già vecchio e cagionoso, aiutato dai Bernesi potè misurarsi, sebbene con avversa fortuna, con Rodolfo d'Hasbourg fatto imperatore, finchè la pace di Payerne (1283), a mediazione di Martino IV e di Margherita di Provenza, terminò la ineguale contesa. Frutto della idea latina fu la estesissima signoria che la casa di Savoja ebbe un tempo oltre alpe, finchè i suoi destini la chiamarono tutta da quest'altro lato.

3. Tommaso I fu padre di dodici figli. Eleonora, Margherita e Beatrice sue figlie, sposarono Azzo VII di Este, il conte di Kiburg, Raimondo Berengario ultimo conte di Provenza. Da Beatrice e Raimondo di Provenza nacquero quattro regine, poichè Margherita fu moglie di Luigi IX di Francia, Eleonora di Arrigo III d'Inghilterra, una terza sposò Riccardo di Cornovaglia poi re dei Romani, la quarta Carlo D'Angiò. Per tal modo i nove figli di Tommaso I (16) vennero ad essere zii di queste quattro regine, e zii per conseguenza dei re di Francia e d'Inghilterra. Anche dal re di Francial ebbero essi grazie e favori; ed in specie Tommaso II ottenne per di lui mediazione la mano di Giovanna figlia ed erede dell'ultimo conte di Fiandra e d'Hainaut, onde è conosciuto nelle storie come

giurisdizione e il misto impero della città, colla facoltà di reggersi per consoli, fortificarsi, e battere moneta.

(16) I figli di Tommaso I sono: Amadeo IV, Umberto, Tommaso II, Aimone, Guglielmo, Amadeo, Pietro II, Filippo I, Bonifacio. Ad Amadeo IV successe il figlio Bonifacio: poi; essendo questi morto senza prole, regnarono i due figli di Tommaso I, Pietro II e Filippo I.

conte di Fiandra (17). Ma favori e grazie maggiori ottennero i figli di Tommaso I dal re Arrigo d'Inghilterra, talchè le relazioni tra i principi di Savoja colla corte inglese formano una delle pagine più singolari di questa fortunata famiglia. Guglielmo fu primo ministro del re. Bonifacio, chiamato da Matteo Paris Primatus Loricalus, fatto arcivescovo di Cantorbery, nella cappella di Westminster intimò la scomunica al re, ed a chiunqu'altro fosse per violare la magna carta. Amadeo IV si riconobbe vassallo del nepote per Susa, Avigliana, Bard e San Maurizio. Tommaso II gli fece omaggio delle Fiandre. Pietro II, che dopo la morte del nepote Bonifacio figlio di Amadeo IV ebbe lo scettro di Savoja, andò più innanzi di tutti. Egli era al tempo stesso avveduto politico e audacissimo guerriero. Il signor Cibrario, che ha esaminato le sue lettere scritte dalla Fiandra a maestro Arnaldo, afferma che esse rendono splendida testimonianza del suo senno civile. Lo stesso Matteo Paris, niente benevolo ai principi di Savoja, perchè stranieri nel suo paese, gli dà lode ciò nonostante di talento, di perspicacia e di prudenza. Infatti, più accorto degli altri cercò i favori inglesi, ma volgendoli ad uno scopo più solido e più sicuro, ne usò per accrescere la potenza dei suoi stati ereditarj dalla parte di Francia, e specialmente ai danni del Delfino di Vienna. Ferveva allora la guerra tra i Francesi e gli Inglesi. La occasione era buona, e Pietro non mancò di approfittarne. Dividendo il tempo, la vita e l'ambizione tra Savoja e Inghilterra (18), si fece grande e temuto in ambo i paesi. In Inghilterra fu signore di Richemond e conte di Essex, ed ebbe la mano in tutte la faccende di quella che anche allora poteva chiamarsi politica anglo-francese. In Savoja diventò il terrore dei nemici e di tutti i rivali della casa, di cui parte colle armi, parte per accordi, e parte coll'oro inglese, accrebbe mirabilmente gli stati (19). I contemporanei lo paragonarono a Carlo Magno, e molti anni dopo

(17) Da Tommaso II conte di Fiandra uscirono le tre linee di Casa Savoja: quella di Savoja propriamente detta, rappresentata da Amadeo V; quella di Piemonte o d'Acaia, rappresentata da Tommaso III, il cui figlio Filippo si chiamò principe d'Acaja, avendo sposata Isabella figlia ed erede di Guglielmo di VilleHardouin, ultimo principe d'Acaja e Morea (questa linea si estinse nel 1418); quella di Vaud, rappresentata da Lodovico I, che si estinse nel 1349.

(18) Nel 1244 fa in Londra il suo ingresso quasi regio. Gli altri viaggi sono

del 1244, 1249, 1256, 1258, 1261, 1263.

(19) Il signor Cibrario cita quasi 60 titoli di acquisto.

la sua morte, non vi era leggenda maravigliosa delle sue geste che non trovasse fede nelle popolari credenze. Tanta era la superstìziosa ammirazione che aveva saputo diffondere tra le alpestri vallate delle alpi. Per una felicità (dice il Müller) stata concessa a un piccolo numero di eroi, Pietro di Savoja riuscì a stampare nel cuore del popolo una durevole impressione delle sue grandi virtù.

4. Pietro II creava in tal modo la politica esterna di sua famiglia. Il senno civile, la bravura personale, il coraggio di arrischiarsi a tutte le imprese, le qualità insomma che ci volevano per continuare questa politica, non mancarono ai suoi successori. È questo il periodo veramente eroico di Casa Savoja, i cui principi non trovano in altra casa sovrana chi possa vincerli per generosità di animo, per energia di carattere, per intrepidità e bravura cavalleresca. Amadeo V, che meritossi il nome di grande, guerreggiò tutta la vita contro il Delfino di Vienna, il barone di Fossigny, il conte di Ginevra, i due marchesi di Saluzzo e di Monferrato; fu personalmente a trentacinque assedi; consumò un intiero anno in viaggi tra Francia e Inghilterra (20) per concludere la pace tra Odoardo e Filippo il Bello. Odoardo il liberale, il più avventato tra tutti i principi di Savoja, guerreggiò ferocemente contro il Delfino di Vienna, e fu alleato di Francia nelle guerre fiamminghe (24). Aimone, richiesto d'aiuto da ambe le parti nella nuova guerra tra i Francesi e gli Inglesi, preferì di stare coi primi, e poi fu mediatore della pace. Amadeo VI, il Conte Verde, il più cavalleresco degli altri (22), non appagandosi della gloria acquistata nelle guerre contro i vicini baroni, o nei più celebri tornei di quella età, riunì un grande naviglio a Venezia (1366), e di là recossi in Oriente in soccorso di Giovannì Paleologo insidiato dai Turchi, ed imprigionato dai Bulgari. Espugnate Gallipoli, Mesembria, Lassillo, e Lemona contro i Turchi, assediò Varna, liberò l'Imperatore, e poi andò a Roma per la riunione delle due chiese, scopo, nel suo concetto, della arditissima impresa. Poi fu arbitro della pace (1381) tra Genova e Venezia

(20) Dal maggio 1302 al luglio 1303.

(24) Fu alle due battaglie di Mons-en-Puelle del 1304, e di Mont-Castel del 1328.

(22) Ebbe educazione molto accurata. Furono comprati per lui a Parigi il libro De regimine Principum, e il Vegezio De re militari. Le Cronache di Savoja dicono di lui: « et en outtre, ly firent apprendre tellement, qu'il fust. clerc entendant et bon lattinieux ».

per finire la famosa guerra insorta fra le due repubbliche per il possesso dell'isola di Tenedo. Più tardi, accompagnò Lodovico d'Angiò alla impresa di Napoli, nella quale egli e 70 cavalieri che lo seguitarono, vi perirono di stenti e di malattie (23). Amadeo VII detto il conte Rosso, che fermando con Nizza i patti di dedizione, ebbe l'onore, come dice il signor Cibrario, di ribenedirla e restituirla all'onore di città Italiana, quale la natura l'aveva fatta, e i Romani l'avevano dichiarata, educato alla forte scuola del padre (24), condusse 700 lance in ajuto del re di Francia che pugnava al solito contro i Fiamminghi e gli Inglesi; e il suo nome andò famoso in quella età per prodezza e cortesia cavalleresca nelle battaglie e nei tornei (25). In somma non fuvvi mai in questo tempo alcuna impresa guerresca cui non partecipassero i principi di Savoja, o dalla quale si ritraessero per mancanza di ardire.

5. Era questa la età dei comuni e delle franchigie popolane. Non vi è alcuno dei nostri lettori che non conosca i caratteri e gli effetti che ebbero fra noi quei rivolgimenti, mercè i quali le città italiane usando nomi, idee e tradizioni latine non spente dalla conquista barbarica, seppero emanciparsi successivamente dai conti, dai vescovi e dall'impero, ordinarsi popolarmente, e costituirsi in quella forma di politico reggimento che la storia conosce col nome di repubbliche del medio evo. Le stesse cause che eccitarono e coadiuvarono quei moti nelle città di Lombardia e della media Italia, gli eccitarono, e coadiuvarono anche nelle città soggette ai principi di Casa Savoja, ai baroni vassalli di quella casa, ai

(23) Amadeo VI è il fondatore dell'Ordine del Collare, detto poi della Santissima Annunziata, che ha la celebre insegna dei nodi d'amore, e il motto FERT. Il Cibrario e tutti i moderni storici sono concordi nel rigettare la interpetrazione Fortitudo ejus Rodhum tenuit, giacchè è provato che Amadeo V, cui il motto farebbe allusione, non fu mai in Oriente. Vedi DATTA, Spedizione di AmaIdeo VI in Oriente.

(24) Essendosi ribellato il signor di Beaujeu, Conte Verde mandò a dire al figlio Amadeo, che a se egli non riduceva il signor di Beaujeu alla debita soggezione per le terre che dipendono dal paese di Bressa, non avrà mai parte nessuna di ciò che posseggo: ed altro non dite ».

(25) È celebre nelle cronache cavalleresche il torneo del Conte Rosso all'assedio di Borbourg contro i tre cavalieri inglesi, Hedinton, il Conte di Pembroke, e il Conte d'Arundel. Non vi è dubbio che morisse di veleno; ė incerto però se il Granville glielo propinasse per ignoranza o per delitto. Vedansi su questi principi le Cronache edite nei Monum. Hist. Patr., T. II.

ARCH, ST. IT. Nuora Serie, T. VI. P. I.

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marchesi di Monferrato e di Saluzzo. Era dovunque la stessa voglia di emanciparsi, lo stesso amore per le franchigie scritte, la stessa bramosia di governarsi con magistrati e leggi proprie. Non sapevasi immaginare allora un modo diverso per ridurre i nobili alla eguaglianza civile, nè altra guarentigia per salvarsi dalla prepotenza feudale. Non è possibile il determinare le relazioni giuridiche che stabilivansi per tali carte di privilegi e di libertà, tra il comune che le otteneva e il principe che le accordava meno che mai potremmo dire quali fossero quelle che pure coesistevano al dirimpetto dell'Impero o della Chiesa, secondo che le franchigie ora dal primo, ora dalla seconda, e spesso da ambedue fossero o concesse o approvate o confermate. Il carattere di quei tempi (giova il ripeterlo) è il difetto assoluto di scentifiche definizioni, come è carattere del tempo nostro il volerle cacciare da per tutto, e di supporle altresì dove non sono. Ci basti invece il notare che Casa Savoja favorì la emancipazione comunale, che era la forma onde la società di allora si moveva e progrediva. La favori concedendo ultroneamente carte di libertà alle città vassalle; la favorì pigliando la difesa aperta dei comuni contro i baroni; la favorì inalzando come suo stendardó la croce bianca in campo rosso. L'esempio di Umberto II fu seguitato da Tommaso I, da Pietro II, da Amadeo V, da Amadeo VI, che prodigarono carte di franchigie e libertà a quante città e terre gliene fecero istanza. Pietro II educato alle libertà inglesi surrogando, con sapiente consiglio, all'aquila imperiale il gonfalone popolano, pose Casa Savoja dalla parte del popolo contro i feudatari ghibellini e contro l'Impero. Fattosi borghese di Berna (1255), prese la difesa di quella città e di Morat, minacciate da Artmanno conte di Kiburg. Più tardi, Amadeo V (1287), amicissimo dei Fiorentini, fece alleanza con Milano, Pavia, Piacenza, Brescia e Cremona, che giurarono di mantenere e di aumentare lo Stato e l'onore del conte di Savoja al di qua dei monti. Questa nuova politica, inaugurata e seguita arditamente dai principi di Savoja, giovò alla loro potenza tanto per deprimere l'arroganza baronale, quanto per ampliare lo Stato.

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La storia interna delle città italiane è sempre la stessa. Lacerate dalle gare dei nobili e dei popolani stretti in alberghi, ospizi, consorterie, compagnie, arti, ora guelfe ed ora ghibelline; non appena furonsi constituite in libertà, o caddero in balìa di un cittadino più possente degli altri, che se ne fece arbitro e signore, o

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