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Queste note critiche dichiarative Nel styr. F. Cavezzans bederzini, (one lodate dal chinnig: Melchiore Miffirini

nella vita dr Garte.

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J Chiarissimo Signor Marchese

Gian Giacomo Erivulzio

L' EDITORE

FORTUNATO CAVAZZONI PEDERZINI

Quando V. E., ristrettasi colla dotta compagnia

del cav. Vincenzo Monti e del signore Gian Antonio Maggi, ebbe l'animo in opera alla restaurazione del Convito di Dante Allighieri, Ella si dovette godere una ben viva giocondità, siccome è proprio dell' uomo quando e' riduce in atto le sue potenze, e tanto più quanto elleno sono più e migliore parte di lui. Certamente poi tutti gl' italiani n' ebbero una grandissima soddisfazione, come di cosa che compieva un tale desiderio, quale generalmente si dovea sentire da ciascuno di ricuperare una quasi perduta scrittura di Dante Allighieri, la quale anche si sapeva altamente

lodata da Giovanni Villani (1), dal Boccaccio (2), dal Salviati (3) e da altri; in questi tempi, dico, quando già sono per tutta Italia spregiate e abbominate le triste e poverissime e fastidiose forme di straniere favelle, che i nostri padri sventuratamente s'erano lasciati condurre a disposare co' loro concetti, in cambio delle caste e mirabili e compiutissime bellezze della propria. Ma l'opera che ci dovea rimettere nel bello ed onorevole possesso di quella antichissima prosa illustre, ch' era venutaci stranamente guasta e quasi in tutto disutile, fu opera inverso sè piena di grandi e non ordinarie malagevolezze. Le quali forse furono desse ch' ebbero spaventato, per tacer di tanti altri, il medesimo Tasso, che nelle postille al testo, pubblicate da V. E., si vede volto sempre in tutt'altro che nelle storpiature: certo poi ch' elleno in ben pochissime parti non resistettero al Biscioni, a mons. Dionisi ed al conte Perticari, i quali sopra di loro cimentarono gl' ingegni e gli studi niente in vero comuni. Ora a me piace alquanto di ragionarle, prima agli altri, perocchè egli debbono conoscerle tutte e bene a fine di potere accompagnare convenientemente la grandezza della gratitudine al debito ch' egli hanno con V. E.; e ragionarle pure al

E. V., perocchè forse non gliele permise bastantemente di conoscere la prepotenza delle forze che Ella si trovò per superarle; ed è pur bello che al presente, ritornando come indietro il guardo

(1) Stor. Lib. 9. cxxxiv.

(2) Vita di Dante. Firenze 1723. facc. 260.

(3) Avvertim. della Lingua ecc. Vol. I. lib. 2. cap. x11.

sopra di loro, le prenda l' animo un novello e saporosissimo diletto.

Qui in primo luogo è da porre che il Convito fu opera abbandonata dall' A. molto di qua dal mezzo della sua, composizione, o per mutamento di proposito o per mancamento di tempo, che il Boccaccio nol seppe definire (1). Essa scrittura adunque passò ai posteri forse in un esempio unico, e questo, come a me par di vedere, pieno di cassature e di parole accavallate e di sopraggiunte, quali nel margine quali nel corpo del dettato, e con abbreviature ed omissioni, come si vede avvenire troppo di leggieri quando la mano si studia affannosamente di seguitare il rapido corso del pensiero, Quinci vennero poscia gli amanuensi a trarne i pochi esemplari che dovettero essere desiderati; ed in quel fatto, ingegnandosi ciascuno, al poco lume del suo discernimento, di mettere nella migliore disposizione quelle membra sì scompigliate, e talvolta anche attentandosi di supplire i mancamenti reali od immaginati, ridussero la cosa a disperata. Ora dunque si voleva quasi divinando ritrovare, anzi diseppellire la vera e primitiva sentenza, cavandola di sotto il vario rovinio delle parole ne' varii testi che ci sono pervenuti. E se il libro fosse stato di genere narrativo o prudenziale o esortatorio o di quale altro argomento per sua natura dimestico e piano, pure avrebbe bisognato nell'imprenditore molto ingegno, molta dottrina e moltissima prudenza. Perocchè in quella maniera di lavori è necessario quasi deporre il modo

(1) Vedi, Vita di Dant. a face. 260.

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