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COME L'OFFICIO DEL MONARCA, OVVERO DELL'IMPERO, DIPENDE IMMEDIATAMENTE DA DIO.

Egli ha chiuso le bocche a' lioni, ed essi non m' hanno nociuto, perchè nella presenza di Lui s'è in me trovata giustizia. Nel principio di questa opera fu nostro proposito ricercare tre quistioni secondo che patisse la presente materia: due delle quali ne' libri di sopra estimo essere sufficientemente trattate; ora ci resta a trattare della terza. E perchè la verità di questa non si può dichiarare senza vergogna e rossore d'alcuni, sarà forse in me qualche cagione d'indegnazione. Ma perchè la verità dal suo immutabile trono ci priega; ed anche Salomone, entrando nella selva de' Proverbj, ci ammaestra che dobbiamo meditare la verità e detestare la tirannide; ed ancora il precettore de'costumi, Aristotele, ci conforta che dobbiamo per difendere la verità, distruggere ancora le proprie nostre opinioni; io però piglierò fidanza insieme con le premesse parole di Daniello profeta, nelle quali la divina potenza è chiamata lo scudo del difensore e de' difesi, secondo il primo ammonimento di Paolo dicente: Colui vestitosi la corazza della fede, nel caldo di quello carbone, il quale uno de' serafini prese dal celeste altare, e toccò le labbra d'Isaja; e cosi, presa questa fidanza, io entrerò nella pre

de potestate tenebrarum liberavit in sanguine suo, impium atque mendacem de palaestra spectante mundo ejiciam. Quid timeam? cum Spiritus Patri et Filio coaeternus dicat per os David: In memoria aeterna erit justus, ab auditione mala non timebit. Questio igitur praesens, de qua inquisitio futura est, inter duo luminaria magna versatur: Romanum scilicet Pontificem, et Romanum Principem ; et quaeritur, utrum authoritas Monarchae Romani, qui de jure Monarcha mundi est, ut in secundo libro probatum est, immediate a Deo dependeat ; an ab aliquo Dei vicario vel ministro, quem Petri successorem intelligo, qui vere cst claviger regni caelorum.

Ad praesentem quaestionem discutiendam, sicut in superioribus est peractum, aliquod principium est sumendum : in vir. tute cujus, aperiendae veritatis argumenta formentur. Nam sine praefixo principio, etiam vera dicendo,laborare quid prodest? cum principium solum assumendorum mediorum sit radix. Haec igitur irrefragabilis veritas praemittatur, scilicet quod illud quod naturae intentioni repugnat, Deus nolit. Nam si hoc verum non esset contradictorium ejus non esset falsum; quod est: Deum non nolle quod naturae intentio ni repugnat. Et si hoc non est falsum, nec

sente battaglia, confidandomi ancora nel braccio di Colui, che col suo sangue, dalla potenza delle tenebre ci liberò contro allo impio e bugiardo mondo, il quale co'suoi agguati ci combattè. Sotto l'aiuto di Colui, che temerò io? conciossiachè lo Spirito coeterno al Padre ed al Figliuolo dica per la bocca di David: Il giusto sarà nella memoria eterna, e non temerà del male udire. Adunque la quistione, della quale prima abbiamo a ricercare, tra due grandi lumi si rivolge; e questo è tra il romano pontefice ed il romano principe. E cercasi se l'autorità del monarca romano, il quale di ragione è monarca del mondo, come nel secondo libro abbiamo provato, senza mezzo dipende da Dio, ovvero pel mezzo d'alcuno suo vicario o ministro, il quale intendo successore di Pietro, che veramente porta le chiavi del celeste regno.

Come nelle superiori quistioni abbiamo fatto, similmente nella soluzione di questa, si vuole pigliare qualche principio fermo, nella verità del quale si formino gli argomenti della verità che al presente si ricerca. Imperocchè senza un principio prefisso, non giova affaticarsi ancora dicendo il vero; conciossiachè solo il principio è la radice del pigliare i mezzi. Adunque si presuppone questa verità irrefragabile che Iddio non vuole quello che repugna alla natura. Imperocchè, se questo non fusse vero, il suo contradittorio non sarebbe falso; il quale è: che Iddio voglia quello che repugna alla intenzione della natura. E se questo non è falso, non sono false ancora quel

ea quae sequuntur ad ipsum. Impossibile enim est, in necessariis cousequentiis falsum esse consequens, antecedente non falso existente. Sed ad non nolle, alterum duorum sequitur de necessitate, aut velle, aut non velle: sicut ad non odire, necessario sequitur, aut amare, aut non amare: non enim non amare, est odire; nec non velle, est nolle, ut de se patet. Quae si falsa non sunt, ista non erit falsa: Deus vult quod non vult; cujus falsitas non habet superiorem. Quod autem verum sit quod dicitur, sic declaro: Manifestum est quod Deus finem naturae vult: aliter coelum otiose moveret, quod dicendum non est, si Deus vellet impedimentum finis, vellet et finem impedimenti; aliter etiam otiose vellet. Et cum finis impedimenti sit, non esse rei impeditae; sequeretur, Deum velle non esse finem naturae, qui dicitur velle esse. Si enim Deus non vellet impedimentum finis, prout non vellet, sequeretur ad non velle, nihil de impedimento curaret, sive esset, sive non esset. Sed qui impedimentum non curat, rem quae potest impediri non curat, el per consequens, non habet in voluntate; et quod quis non habet in voluntate, non vult. Propter quod, si finis naturac impediri potest, quod potest; de necessitate sequitur, quod Deus finem naturae non vult; et sequitur quod prius, videlicet Deum velle quod non vult. Verissimum igitur est illud princi

senle battaglia, confidandomi ancora nel braccio di Colui, che col suo sangue, dalla potenza delle tenebre ci liberò contro allo impio e bugiardo mondo, il quale co'suoi agguati ci combattè. Sotto l'aiuto di Colui, che temerò io? conciossiachè lo Spirito coeterno al Padre ed al Figliuolo dica per la bocca di David: Il giusto sarà nella memoria eterna, e non temerà del male udire. Adunque la quistione, della quale prima abbiamo a ricercare, tra due grandi lumi si rivolge; e questo è tra il romano pontefice ed il romano principe. E cercasi se l'autorità del monarca romano, il quale di ragione è monarca del mondo, come nel secondo libro abbiamo provato, senza mezzo dipende da Dio, ovvero pel mezzo d'alcuno suo vicario o ministro, il quale intendo successore di Pietro, che veramente porta le chiavi del celeste regno.

Come nelle superiori quistioni abbiamo fatto, similmente nella soluzione di questa, si vuole pigliare qualche principio fermo, nella verità del quale si formino gli argomenti della verità che al presente si ricerca. Imperocchè senza un principio prefisso, non giova affaticarsi ancora dicendo il vero; conciossiachè solo il principio è la radice del pigliare i mezzi. Adunque si presuppone questa verità irrefragabile che Iddio non vuole quello che repugna alla natura. Imperocchè, se questo non fusse vero, il suo contradittorio non sarebbe falso; il quale è: che Iddio voglia quello che repugna alla intenzione della natura. E se questo non è falso, non sono false ancora quel

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