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quelli che i papi morti lasciano pel cataletto), sopra cuscini di seta onorevoli si inginocchiarono gli oratori ed altri ad adorare; e così videro tutte quelle reliquie; fra le quali le più stimate sono: la testa di sant'Andrea, che è in una bellissima cappella, il ferro della lancia, e il Volto Santo, cioè il Sudario di santa Veronica; che non v' ha cuor di sasso che lo veda e non si commuova.

Nell'ultima licenza tolta dal papa, gli oratori furono per buon spazio di tempo in camera di Sua Santità, la quale, stando in piedi, benedì Matteo Dandolo, il Foscari, Agostino da Pesaro e gli altri; i quali gli baciarono il piede. E in questa udienza fu impetrato di vedere il Belvedere, il quale, sotto papa Leone, aveva dodici porte, per le quali si poteva comodamente e senza fatica alcuna andare. Questo papa le fece tutte murare, eccetto una, alla quale bisogna andare per le stanze sue. E così diede loro la licenza; ma pur si stette in un salotto più d'un'ora ad aspettare le chiavi; venute le quali, ed aperta la porta, passarono per alcuni corridori ovvero loggie a volta, nuove, non ancora smaltate, lunghe forse dieci passi, alte proporzionatamente; e di queste ve ne sono tre ordini, l'una sopra l'altra, di tale lunghezza, che uno che stia alla porta, uno in mezzo e l'altro in capo, non si conosceriano l'un l'altro. E queste loggie danno da una parte sopra alcune praterie, alcun monticello, alcun boschetto, il tutto serrato da muri, e questa è la parte de' pilastri; l'altra è del muro, nella quale per ogni certo spazio sono alcune gran balconate che danno sui prati di Roma. Dalla banda per dove gli oratori entrarono, vi è una veduta lunghissima sulla città, sui colli, sul fiume e sul foro di Roma; e molte altre belle cose; per cui merita bene il nome di Belvedere. E qui, fatte venire le cavalcature, in capo di queste loggie si entra in un bellissimo giardino, la metà del quale è piena di fresca erba e di lauri, e di mori e

di cipressi; l'altra metà è selciata a quadri di terra cotta in coltello, e da ogni quadro esce del selciato un bellissimo arancio, dei quali ve n'ha gran copia, posti con perfetto ordine. In mezzo al giardino vi sono due grandissimi uomini di marmo, l' uno dirimpetto all' altro, due volte più del naturale, i quali giacciono in atto di dormire. L'uno è il Tevere, l' altro è il Nilo, figure antiquissime; e da questi escono due bellissime fontane. Nel primo ingresso del suddetto giardino, a man manca, v'è come una cappelletta incastrata nel muro; dove sopra una base di marmo è l'Apollo, famoso nel mondo; figura molto bellissima e degna; di grandezza naturale, di marmo finissimo. Alquanto più in là, ma pure in quella faccia la quale va a volta, e in simile loco e sopra una simil base, alta da terra quanto un altare, dirimpetto a un perfettissimo pozzo, vi è il Laocoonte, per tutto il mondo celebrato; figura di grandissima eccellenza, di grandezza d'un comune uomo, con una barba irsuta, tutto ignudo; si veggono li nodi, le vene, e i proprii nervi da ogni parte, che più in un corpo vivo non si potria vedere; nè gli manca che lo spirito. Sta seduto con li due puttini, uno per banda; ambidue, insieme con lui, cinti dai serpenti, che dice Virgilio (ut in eo ). E in questo si vede tanta eccellenza dell' artefice, che non si potria dir meglio; e si vede manifestamente languire e morire, e si vede uno dei puttini dal lato destro, cinto strettissimamente a traverso dal biscione, ben due volte intorno; una delle quali gli traversa le tettine, e stringegli sì il cuore, che vien morto; l'altro puttino a mano sinistra, cinto ancor lui da un altro biscione, volendosi tirare dalla gamba col suo braccietto il rabido serpente, nè potendosi per modo alcuno ajutare, sta con la faccia lagrimosa, gridando verso il padre, e tenendolo con l'altra mano pel braccio sinistro. E veggendo il misero padre più acerbamente percosso che lui,

si scorge in questo puttino il doppio dolore: l'uno per vedersi la morte propinqua; l'altro, perchè il padre non lo può ajutare; e sì languisce, che poco gli manca a mandar fuora lo spirito. È impossibile che arte umana a arrivi a fare tanta opera e così naturale. Ogni cosa è integra, salvo che al Laocoonte manca il braccio destro. Mostra di etate anni quaranta, e somiglia messer Girolamo Marcello da San Tommaso; li due putti pajono di otto e nove anni. Il re di Francia dimandò in dono quest' opera a papa Leone, essendo a Bologna. Il papa gliela promise; ma per non privare il Belvedere, deliberò di farne fare una copia per dargliela; e già sono fatti li putti, che sono li in una camera; ma il maestro, se anche vivesse cinquecento anni, e ne avesse fatti cento, non potria mai far cosa eguale (1).

Vi è, non molto distante da questo, e in simil modo locata, una bellissima Venere di naturale grandezza, ignuda, con un poco di palio in spalla che le copre una parte delle pudibunde; figura bellissima, quanto è possibile a immaginarsi; ma l'eccellenza del Laocoonte fa dimenticar questa e l'Apollo, che per lo innanzi era tanto celebrato.

Da una parte di questo giardino vi è una bellissima loggia, a un capo della quale vi è una bellissima fontana, che per un canaletto per mezzo alla loggia va ad adacquare gli aranci e il resto del giardino. Dall' altro capo, per una porticella, si va sopra due loggie molto più belle e alte da terra come la metà del campanil di San Marco; perchè vengono a stare nella sommità d'un monte, dove è una mirabil veduta, chè più amena non si potria desiderare. Nello entrare di queste, a man manca, vi è una bellissima e devotissima cappelletta e benissimo adornata, dove sta il pontefice ad orare e a celebrare; poi a man dritta v'è

(1) Questa notizia non fu, ch'io mi sappia, riferita ancora da alcuno storico,

una frotta di camere e camerini molto gentili, sì di fabbrica come di sito: e questo è l'alloggiamento del papa. Da un' altra parte, pur contigua a questa, da man manca, vi sono infinite camere e camerini e salotti, in uno dei quali abita un pittore fiammingo, giovine di meno di trent'anni, molto eccellente per quello che si vedeva da alcuni quadri che teneva lì dove lavorava; cioè due ritratti del papa tanto somiglianti, che pareva di veder lui: ma i ritratti sì dipinti come incisi che si vendono lì in Roma, non gli somigliano. Il papa è di anni sessantaquattro, di una ciera e faccia allegra e gioconda, quanto sia possibile.

Ora partiti di Belvedere, andarono a casa; e spesero il mercordì seguente in far incassare, in far visite e commiati. La sera il Dandolo andò a cena dal cardinal Cornelio, e il Giustiniano dal Pisani. Il quale Cornelio è in grandissima estimazione a Roma e molto amato, forse più che qualunque altro cardinale; e di continuo ha la casa piena di gentiluomini romani. Tiene una bellissima corte; fa un bel trattamento; nè mai v'è settimana che due o tre fiate non margino alla sua tavola due o tre cardinali: il Pisani e l' Orsini spessissimo; e tutta casa Orsina è di Sua Signoria; sempre ha la casa piena di Orsini. La casa sua è in Borgo, per dove debbono passare i cardinali quando vengono da Palazzo; e come sono dirimpetto (chè vi è dinanzi una bellissima piazza) Sua Signoria dice: monsignore reverendissimo, state a desinare con noi; e così monsignore reverendissimo? e tanto li prega, che vi restano or l'uno ora l' altro.

Il cardinal Pisani è in ottimo nome, molto amato, gentilissimo e costumatissimo; ha presa abitudine di cortigiano e nella lusinga e nei gesti.

Cenando, come ho detto, a casa del cardinal Cornelio, gli oratori ebbero nuova che un corriere da essi spedito a mezzo giorno per Venezia, era stato ritenuto sulla porta di

Otricoli, quaranta miglia lontan da Roma, e toltegli le lettere. La qual nuova fu da tutti loro malissimo intesa, e ognuno astrologava quello che per sue lettere poteva aver scritto. Fu ritenuto, perchè il duca di Sessa, per la ritenzione del cardinal di Volterra, aveva impetrato dal papa di far ritenere e torre le lettere a ciascun corriere. E subito si levò da tavola l'orator Dandolo, e, andato all' alloggiamento e consultatosi cogli altri, fu spedito il segretario Niccolò Sagondino a palazzo. Il quale, avendo trovato che il pontefice dormiva, gli fu risposto dal suo segretario, essere stato un errore e che non si dubitasse, che il corriere saria rilasciato con tutte le lettere intatte. E così in quella notte fu fatto; e di questo fu molto mormorato per Roma, dicendo: li Veneziani, che furono dal papa tanto onorati ed accarezzati, vedete ora come sono trattati! Tal nuova si ebbe dalle ventidue alle ventitrè ore; e gli oratori voleano partire chi la mattina, chi il dopo pranzo, e mandare avanti i loro carriaggi e parte della famiglia. E acciò non si dicesse che fuggivano, mutarono consiglio, e fecero intendere ai nostri cardinali che voleano partirsi tutti la mattina, a ora conveniente; e li pregarono che mandassero le loro famiglie ad accompagnarli. E così fecero; e partirono di Roma il giovedì, che fu l' ultimo del mese di aprile, poco inanzi terza, con tutti i carriaggi avanti, e compagnia di circa trecento cavalieri fino a Santa Maria del Popolo; dove gli oratori vollero smontare e udir messa. Poi montarono a cavallo, e licenziaron la maggior parte di quelli che li accompagnavano (chè molti ne erano, oltre le famiglie dei cardinali e dei gran prelati e dei gentiluomini, massime degli Orsini); e molti vollero accompagnarli fino a Ponte Molle.

Ora poi cavalcarono verso Castelnuovo, quattordici miglia da Roma, dove desinarono, e parte degli oratori vi riposarono; gli altri quella sera andarono chi cinque e chi

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