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sette miglia più avanti. E la mattina, tutti furono insieme ad Otricoli, miglia trenta da Roma; nè più si trovarono tutti insieme infino a Foligno. Il Dandolo e il Giustiniano andarono insieme; e il Dandolo volle andare a vedere Assisi; e poi la sera a cena a Sigillo, dove si troveria esso Giustiniano. E così andò in Assisi, dove è bellissima chiesa ed immensa, e con grandissimo artificio fabricata, di sito e d'aere gentilissimo, dove giace il corpo del Serafico San Francesco. E di là partito, per una pessima via di ascese e discese, venne a desinare a Val Fabrica, sullo stato di Urbino; e dopo desinare, per peggior strada gli conveniva andare, volendo arrivare a Sigillo; ed essendo stato esortato ad andare ad Augubio (1), che avria miglior strada, deliberò di andarvi, e mandò a dire al Giustiniano che non lo aspettasse a cena. E verso Augubio, da alcuni gentiluomini delle duchesse d'Urbino, che lì si trovavano, fu incontrato e condotto in grandissima festa e piacer loro in Augubio, terra non molto minore di Vicenza, posta alle coste d'un monte in bellissimo sito e gentilissimo aere. E in uno dei più bei palazzi ch' abbia mai visto, e benissimo adornato, cenò, e fu persuaso di restarvi il giorno dietro, almeno a desinare; ma non volle per niente restare. E poi, alle quattro ore di notte, di nuovo, dormendo, fu persuaso a restarvi, e gli convenne promettere. E così la mattina andò a messa al Duomo, che è episcopato di settecento ducati d'entrata; e poi andò a desinare; e volendo visitare le duchesse, intese che erano nel letto; ma appena levato il mantile di tavo-la, esse duchesse vennero allo alloggiamento a visitarlo; e l'oratore le andò a ricevere nella corte; e salite, stettero a ragionare per mezz' ora; ed aveano seco alcune damigelle bellissime e gentilissime. E partito, a ore diciotto, accompagnato da molti cavalli per buono spazio fuor della Terra,

(1) Gubbio.

venne di lungo a Cagli; e nel viaggio ebbe grandissima e continua pioggia. E qui stette la notte; e levato di buon mattino, venne a desinare a Fossombrone, dove trovò il Giustiniano che avea già desinato; il quale montò poi a cavallo e venne in Pesaro, miglia venticinque lontano. E il Dandolo per essere stracco, si riposò per quel giorno a Fossombrone; e la seguente mattina venne a desinare a Pesaro, ove stette quel giorno. Il dì seguente, levati a ore sei, vennero insieme, con grande pioggia, alla Cattolica presso Rimini a desinare, e a cena a Cervia, miglia quarantacinque dove ebbero la nuova della morte del serenissimo principe nostro, Antonio Grimani. Onde più accelerarono il cammino; e il sabbato vennero a desinare a Ravenna e a cenare in Primaro; e poi la domenica a desinare a Volano e a cena alle Fornaci, miglia sessantacinque, convenendo loro passare quattro porti delle bocche di Po. Ed il lunedì giunsero a desinare a Chioggia, e a cena, tutti sani, a Venezia; che fu addì 11 maggio 1523.

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(1) La Relazione è copiata dai Codici Cicogna, e confrontata cogli apografi esistenti nell' Archivio generale veneto. Il Sommario è tratto dai Diari inediti di Marin Sanuto, Vol. XLI. pag. 203 e seguenti.

Vol. VII.

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CENNI BIOGRAFICI

Marco Foscari figliuolo di Giovanni e di una figliuola di Triadano Gritti, fa uno dei più cospicui senatori ed ambasciatori veneziani. Fino dai 22 agosto 1522 lo si trova eletto ambasciatore estraordinario a papa Adriano VI, per congratularsi della sua promozione al soglio pontificio, e ai 29 dello stesso mese, stabilito ambasciatore ordinario presso la corte di Roma, ove stette oltra tre anni, cioè dal 1522 al 1526 inclusive. Nel gennajo 1526 ( more veneto) fu scelto oratore ai Fiorentini per mantenerli nella lega col Pontefice, cogli altri stati italiani e colla Francia contro l'Imperatore, che voleva passare in Italia. Del 1528, nel mese di aprile, andò Provveditore generale a Brescia e nel Bresciano. Del 1532, e del 1535 fu ambasciatore straordinario a Carlo V; la prima volta per incontrarlo ai confini del Friuli, mentre tornava in Italia, e la seconda per congratularsi delle vittorie da lui riportate in Affrica. E prima è dopo queste epoche, essendo Savio del Consiglio, mostrò grande facondia in Senato; sicchè passava per uno dei primi politici del suo tempo. Morì nel 1551. Abbiamo di lui:

1.o Relazione di Roma. Tornato da questa ambasceria, il Foscari lesse, ai 2 di maggio 1526, nel Senato la sua relazione, la quale, per testimonio del contemporaneo Marino Sanuto, fu lodabilissima. Ma essendo andata in disuso un' antica legge della Repubblica, che ogni ambasciatore ritornato, dovesse depositare nella Cancelleria ducale la sua relazione scritta, nè il Foscari nè altri si curarono di adempire tale obbligo: motivo per cui manchiamo delle più antiche relazioni, o quelle che se ne hanno, non sono veramente tali quali le lessero gli ambasciatori, ma compilate dopo. Ora, essendosi nel 1533 richiamata in vigore quella legge, ed obbligati gli ambasciatori, subito dopo il ritorno, ad eseguirla, il Foscari, che non aveva copia della Relazione già letta nel 1526, si richiamò alla memoria alcune delle principali cose, e le diede in iscritto; e stanno nei codici dell'Archivio generale di Venezia e in altri privati, col titolo : Relatio viri nobilis Marci Foscari reversi oratoris ex Curia Romana, praesentata die decimaquinta Julii 1533 in executione deliberationum.

2.o Relazione di Fiorenza. Il Foscari lesse questa sua relazione in Senato nel 1528, il giorno nove di marzo, come attesta il Sanuto ne'suoi Diarii; il quale aggiunge, che fu assai lunga, con gran tedio del Consiglio, e che il Doge lodò l'oratore, ma molto più il suo segretario Daniele dei Ludovici. Questa relazione (stampata e annotata dal Sig. Albèri nella serie 2.a, volume I delle Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato. Firenze 1839) non fu presentata dal Foscari del 1528, quando la lesse; e ciò per il disuso in cui

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