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re gli dia seicento uomini d'arme e seicento svizzeri in aiuto per l'impresa di Romagna; senza però le artiglierie, delle quali il papa ha gran copia: e ciò fa per scacciare da Bologna messer Giovanni Bentivoglio, e poi insieme andare all'impresa del regno; e i detti capitoli sono stati mandati al re.

Quello che si può sperare dal papa si è che Sua Santità stima più la Signoria nostra che niun altro potentato del mondo, e però desidera che ella protegga il figliuolo; e dice voler fare tale ordine, che il papato o sia suo, ovvero della Signoria nostra. E il duca ha detto, che farà far papa (morendo il papa presente, suo padre) quello che la Signoria nostra vorrà ; e che se i nostri Cardinali saranno uniti, il papa non sarà altri che veneziano.

Contra i Turchi è da sperare che il papa farà ogni cosa; e li denari per l' Ungheria sono preparati. Il papa commemorò all' oratore qualche volta quello che ha fatto per la Signoria; e che, pregato per lettere del Consiglio dei Dieci di assolvere dalla escomunicazione il vescovo di Treviso, Niccolò Franco, gli fece fare la bolla. Tuttavia il papa de jure non può nulla; anzi due cardinali deputati, se loro non paion giuste, possono stracciare le bolle che fa il papa; e così fa pure il Datario.

Poi disse che i Genovesi a Roma sapevano sempre prima d'ogn' altro le cattive nuove; e facevano le loro prove col navigare in Levante e torre spezie.

Laudò li nostri prelati: il Reverendo primicerio di San Marco, messer Dandolo; messer Jacopo da Pesaro, vescovo di Baffo; il protonotario Lipomano, il protonotario Pesaro, il protonotario Zane, figlio di messer Alvise; il vescovo Trevisan di Cividale, il quale si raccomandava alla Signoria (1).

(1) Intorno a questi prelati vedi le Iscrizioni Veneziane di Emanuele Cicogna, e l'opera sulle Chiese Veneziane di Flaminio Cornaro. Di alcuni avremo occasione di parlare nelle seguenti Relazioni.

Nel partire, il papa concesse all' oratore tre cose: il canonicato del Datario, il vescovato di Cividale a Don Bartolo Trevisan, ed una certa lite del Brevio, vescovo di Ceneda. Inoltre, nel torre commiato dal papa, esso oratore gli domandò sei cose (e fu a' dì diciannove). Primo, un breve di assoluzione per la ritenzione di Ascanio (1); e fu contento di farlo. Secondo, la confermazione del vicario di Cremona per il vescovato ad Ascanio; e disse che faria. Terzo, che le entrate del vescovato di Cremona siano messe contro i Turchi; Sua Santità non volle far breve, ma disse a bocca: siamo contenti; fate spenderle, e poi faremo il breve. Quarto domandò un giubileo per tutto il dominio; e Sua Santità voleva darlo a duecento ovvero a trecento, come ha dato a Spagna e a Francia; e l'oratore disse: 0 tutto o niente. E il papa disse: avete voi commissione? Rispose: Padre Santo, no; sicchè dimandando si avrà. Quinto, gli domandò due decime, oltre le consuete al clero, durante bello Turcorum; disse il papa: vedremo di servire la Signoria; benchè da un degno prelato vicino a Venezia ne sia stata fatta coscienza di questo dar decime. Sesto, sollecitò le provvisioni ordinate contro l'impeto dei Turchi; e disse che faria, e si partì.

Lodò Giampiero Stella suo segretario (2), il quale è rimasto per attendere questi brevi; e per avere le gotte non poteva seguirlo. In mesi sedici, giorni ventuno, che è stato nella legazione, avrà speso ducati duemila novecento; nelle spese straordinarie però sono computati i salarii, ducati quattrocento, e più; in affitti, ducati centocinquanta; in malattie ducati centotrenta; in cortesie ducati trentatrè; in robe

(1) Ascanio Sforza cardinale, fuggendo verso Piacenza (dopo che gli Svizzeri tradirono suo fratello Lodovico il Moro sotto Novara), fu preso dai Veneziani; che poi per paura o per deferenza lo consegnarono al re di Francia. Chiesero quindi dal papa l'assoluzione dalla scomunica in che erano incorsi per aver fatto prigione un cardinale.

(2) Divenne più tardi Gran Cancelliere della Repubblica, e mori nel 1523.

comperate, che lasciò al suo successore, ducati settanta: in tutto ha speso ducati duemilanovecento; come mostrerà nei suoi conti alle Ragion Nuove, giusta il consueto. Dimandò perdono se non aveva fatto meglio; e il principe, venuto a sedere sul tribunale, giusta il solito, lo laudò molto; replicando qualche parte della sua relazione.

SOMMARIO

DELLA

RELAZIONE DI ROMA

DI

PAOLO CAPPELLO

1 APRILE 1510 (1)

(1) Diarii inediti di Marin Sanuto, Vol. X. pag. 50 e seguenti. (Biblio

teca di San Marco. )

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