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Veniero; il quale, al suo ritorno, satisfarà appieno Vostra Serenità, come ha fatto e fa nelle operazioni sue.

Non terrò dunque più a tedio le SS. VV. EE; alle quali, se in questa mia legazione non ho in ogni cosa satisfatto, dirò ch' esse lo imputino, parte al difetto della umana natura che facilmente erra, e parte alla mia poca sufficienza; ed accettino la buona volontà, che, senza dirlo altrimenti, esse sanno essere in me, siccome è in ciascuna di esse. Le operazioni poi che seguirono secondo la loro intenzione, e massime la conclusione della pace, così necessaria alla salute d'Italia, attribuiscano alla Bontà Divina, ed a lei sola ne diano laude; perchè tanto bene non si può nè si deve riconoscere che da lei sola.

Notisi, che in voce io dissi particolarmente di tutti i cardinali che sono stati in Corte a mio tempo; ma per non essere relazione molto pertinente allo stato, mi parve superfluo il darla ora in iscritto.

RELAZIONE

DELLA

CORTE DI ROMA

LETTA IN SENATO AI 3 DI LUGLIO 1531

E

PRESENTATA AI 18 DI LUGLIO 1533

DALL'AMBASCIATORE

ANTONIO SORIANO (1).

(1) Tratta dai Codici miscellanei MSS. di Emanuele Cicogna a Venezia.

CENNI BIOGRAFICI INTORNO AD ANTONIO SORIANO

Antonio Soriano nacque in Venezia di Michele Soriano e di Orsola Cirano. Studiò a Padova intorno al 1500 e 1503, e nel 1506 vi riportò il grade di Dottore. In patria sostenne le cariche di Governatore delle Entrate, edi Auditor Vecchio; fu riformatore dello Studio di Padova, Consigliere e Savio del Consiglio. Inviato nel 1512 ambasciatore al Re d'Ungheria, stettevi fin tutto l'anno 1514. Nel 1522 trovavasi oratore ad Arrigo VIII re d'Inghilterra, allorchè l' Imperatore erasi recato colà per trattar della pace o della rinova zione della tregua. L'anno 1525 era Podestà a Brescia; e l'anno dopo u con Lorenzo Bragadino spedito a Carlo V, per rallegrarsi a nome del Senate i della pace conclusa tra esso e la Francia. Nel 1527 e 1528 era ambasciatore a Firenze; e il Varchi nella sua storia il ricorda come uomo di grande ti putazione. Passò di nuovo oratore a Carlo V nel 1529 a Bologna, ove corchiuse la pace con Clemente VII. In quest' anno medesimo fu oratore ordinario Roma; e tornato, tenne la sua relazione ai 3 di Luglio 1531, e ne fu lodato dal Doge. Questa relazione però non fu presentata al Senato che ai 18 di Luglio 1533. Tornò a Roma ambasciatore nel 1533; e di questa se conda ambasceria presentò in Collegio la relazione ai 15 di novembre 1535 Ambidue queste relazioni furono molto encomiate; ma specialmente la se conda, la quale (come bene osserva il Foscarini) dà per così dire la storia preliminare del Concilio di Trento, accompagnata da sensati giudizii; e molto uso ne fece il Cardinale Pallavicino nella sua storia di quel Concilio. Era stato nel 1532 eletto capitano a Famagosta, ma se ne dispensava per indisposi zione. Finalmente morì a Venezia nel 1542.

Oltre alle due relazioni suddette, abbiamo anche quella che fece tornando dalla legazione fiorentina; la quale sta inedita nell' Archivio diplomatico di Venezia, in data dei 2 d'Agosto 1533; ed è pregevole molto per le notizie che di quella Repubblica ci ha conservate. Per testimonianza del Sansovino, scrisse il Soriano un libro di Sentenze. Alcune sue lettere sono a stampa. Di lui veggasi il vol. II delle Iscrizioni Veneziane, pag. 61-63.

Una delle principali cose da osservarsi dagli oratori residenti appresso i principi è la loro natura: dirò adunque della natura di papa Clemente settimo.

Quelli che risguardano superficialmente alle operazioni di questo pontefice, lo giudicano di complessione malinconica; perchè invero Sua Santità è molto temperata e modesta in tutte le sue azioni umane, cioè nel cibo e nella bevanda e dà esempio di gran continenza, di sorte che niuno ora si trova (non dico del passato) che gli possa fare opposizione; o sia pur veramente tale la vita di Sua Santità, o sia perchè viva con tanta cautela, che niuno possa dir altro se non che vive molto incolpatamente. E continuando Sua Beatitudine il governo della vita in questa forma così regolata si può giudicare, e promettere lunghi anni.

È Sua Santità, per il vero, insignita di virtuose qualità, molto benigna e molto facile. Ode ognuno con gran pazienza (chè questa virtù gli è molto connaturale); e confesso io di aver visto in pochi tanta pazienza quanto ho visto in Sua Santità. Sta in udienza dalla mattina alla sera; e nel prandio osserva questo, che tutti li dottori che sono in Roma disputano per tutto il prandio con grande sodisfazione di Sua Santità; la quale (non degenerando in questo dalli antiqui suoi progenitori; Cosimo e gli altri) mo

stra di amare molto le lettere, sebbene lei non sia letterata, e presta pure favore ai letterati. È Sua Santità molto religiosa e cerimoniosa in Chiesa; e certo niun altro si vede più graziata e devotamente celebrare ed eseguire alcune ecclesiastiche osservanze, di quello che fa Sua Santità; servendola in questo anche molto la musica, arte a lui molto propria; di sorte che è fama, il papa essere delli buoni musici che ora siano in Italia.

Sua Santità comunica assai liberamente; ed io per me non trovo che, in cosa pertinente a stato, la sia proceduta con grande dissimulazione. È ben cauta; e quelle cose che non vuole s'intendano, più presto le tace che dirle sotto falso colore.

Tutte le azioni e qualità commemorate in Sua Santità fanno credere, come ho detto, che la sia di complessione malinconica. Ma certo, come tutti li medici concludono, è falso; i quali affermano, lei essere di complessione sanguigna e collerica; e perchè discorre benissimo, questo proviene dalla benignità della complessione sanguigna. È ben vero che Sua Santità è di un cuore frigidissimo, il quale fa ch'ella sia dotata di non ordinaria timidità, per non dire pusillanimità; il che parmi però di aver trovato comunemente nella natura fiorentina; ancorchè la gioventù fiorentina abbia mostrato altrimenti in questa ultima guerra, forse per la necessità. Questa timidità è causa che Sua Santità è molto irresoluta e molto tarda a risolversi, e seppur si risolve è molto facile a mutarsi; non già per cosa di momento (chè questa saria opera da savio) ma piuttosto per causa vile e di poco momento.

Il pontefice si trova ora in corte presso di sè quattro cardinali suoi congiunti Cibo, Salviati, Ridolfi e Medici; e de' suoi trovansi ancora ivi la duchessina, il duca Alessandro, e Jacopo Salviati. Il cardinal Cibo è figliuolo del signor Franceschetto, figliuolo di papa Innocenzio; e la ma

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