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dre, nominata Madalena, fu sorella di papa Leone: dal quale papa Innocenzio, per vigore di tale parentela, fu fatto cardinale Giovanni dei Medici, che fu poi papa Leone predetto. Questo cardinal Cibo non è persona di grande affare nè di alto spirito, ma più presto è dedito ai piaceri mondani e a qualche lascivia. È ricco di forse ventiduemila ducati di entrata; e il papa non si serve di lui in consiglio, quanto a cose di stato; ma solo da molti anni nella legazione di Bologna. È stato poco alla corte in tempo mio; nè posso perciò molto estendermi in parlare di lui. Questo non voglio tacere che nello andare alla mia legazione in Fiorenza, lo visitai passando in Bologna, e da quel poco di maneggio che ho avuto con lui, l'ho ritrovato, col fratello Giovanni Bartolomeo, molto amorevole di Vostra Serenità.

Il reverendissimo Salviati è persona di grande intelletto, prudente e ben pratico, per le legazioni, ispana e francese da lui benissimo sostenute; per lo che il suo giudizio è molto stimato e dal papa e dal resto di quella corte. E Sua Santità si serve ora molto di lui nel consiglio, e forse più che non fa del padre; e per quello che ho potuto vedere, egli si mostra molto amorevole ed inclinato al nome di Vostra Serenità; usando parlare onoratissimamente di questa inclita città, nella quale afferma d'essere stato molto ben visto e trattato, quando vi fu ultimamente; commendando la grande umanità usatagli e nel visitarlo e nell' accompagnarlo da messer Marco Foscari e messer Gasparo Contarini; ed esprime il desiderio di volervi ritornare e di starvi molto lungamente. Questo istesso mi ha apertamente affermato madonna Lucrezia sua madre, ogni volta ch' io sono stato a visitarla; attestando largamente che quando la fu in questa città, ebbe tanto dolce e amorevole compagnia da messer Marco Foscari e dalla magnifica sua consorte e da tutti gli altri di casa sua, che la desidera di ritornarvi e godervi degli anni suoi.

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Del reverendissimo cardinal Ridolfi Sua Santità non si serve in consiglio o nel maneggio di cose pubbliche; ma certo mostra di amarlo molto, come anche merita; per essere di buona natura, quieto e molto virtuoso. Egli attende con grande assiduità alle lettere latine e greche, ed è di vita molto esemplare; e ben sarebbe per la Chiesa di Dio, che molti cardinali e prelati avessero le buone qualità di costui. È grandissimo fautore di letterati; e tra gli altri, essendo venuto in Roma il Lascaris (1), spogliato e lasciato nudo da quelli ch' erano in Bracciano, Sua Signoria reverendissima gli diede della sua propria entrata una pensione di cinquecento ducati: atto molto esemplare e raro, e che da niun cardinale o papa saria stato fatto. Sua Signoria reverendissima si dimostra tanto affezionato alla Serenità Vostra, quanto altro cardinale che sia in questa Corte; nè tanto per causa del vescovato di Vicenza, quanto per la sua buona natura; e quando fui a pigliar licenza da lei, la mi pregò con istanza che la raccomandassi a Vostra Celsitudine.

Il Reverendissimo cardinal de' Medici (2) è dell' età d'anni venti finiti alli ventitrè di marzo 1531. È di buono ingegno; ha dato qualche poco di tempo alle lettere, di maniera che non debbe passare nel numero dei cardinali per ignorante. È vero ch'è di natura viva e più presto inquieta; ma forse è per la gioventù, che lo consente. Fin qui mal volentieri vorrebbe esser prete; e me l'ha detto il papa di bocca propria, quando esso cardinale ritornò da Fiorenza ove era ito, come scrissi a vostra serenità per mie lettere dei 26 di aprile: allora il papa mi usò queste formali parole:

(1) Giovanni Lascaris, greco, uomo dottissimo e carissimo ai maggiori principi dell'età sua; e principalmente a Lorenzo il Magnifico, a Leone X, a Clemente VII, ai re Carlo VIII, Luigi XII e Francesco I di Francia; Non conosco il fatto al quale accenna l'orator nostro; quando per quelli ch'erano in Bracciano, non s'intendessero gli Orsini.

(2) Ippolito de' Medici, fatto cardinale da Clemente VII nel 1529.

« è matto, diavolo, è matto; non vuole esser prete ». Si è scoperto ch' egli porta invidia al duca Alessandro, parendogli che il papa gli faccia torto nel voler proporre il duca Alessandro al governo di Fiorenza; sì perchè gli pare appartenere a lui come a maggiore di età, come perchè non si crede bastardo ( dicendo molti essere egli legittimo figliuolo di una nobile di Cagli); ma quando fosse pure bastardo, gli pare essere di miglior condizione che il duca Alessandro, nato di una serva. Oltrechè Giuliano fu duca prima del Lorenzino, padre d' Alessandro. Gli pare anche di essere meglio voluto ed amato dalla città di Fiorenza, per rispetto ancor di suo padre, che fu molto amato dai Fiorentini; al contrario Lorenzino, padre di Alessandro, ne fu odiatissimo. Questa discordia ora scoperta è di non poca dispiacenza al papa; di sorte che egli è poco contento del cardinale, perchè gli pare che sturbi i suoi disegni, avendo lei destinato Alessandro al governo e già fattolo genero di Cesare; e dubita che questo abbia ad essere un principio di qualche scandalo, e di non poter tenere pacificamente quel governo di Firenze. E tanto più che accennava a questo il moto ultimamente fatto dal detto cardinale, che di soppiatto si partì da Roma ed andò a Fiorenza; benchè nulla vi operasse, per la solerzia del reverendo arcivescovo di Capua; il quale, presentito il moto, ordinò subito che Alessandro Vitelli scrivesse ai suoi a Città di Castello, e facesse gente; dal che nacque la fama che il papa avesse preparato sette bandiere; ma non fu vero, e non bisognarono, ritornando subito il detto cardinale a Roma. E ancorchè apparisse sedato quel moto, con essersi composto col papa che Sua Santità paghi li debiti suoi, ch' erano ducati dodicimila (per quanto mi ha detto l'oratore cesareo Maio) e che gli dia ducati settecento di pensione al mese; (il papa non volle però assicurarlo, come chiedeva, in tanti ufficii per lo ammontare di centomila ducati; chè Sua Santità non li ha in

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mano); tuttavia non resta che le radici dell'odio fra il predetto cardinale e il duca Alessandro non siano fondate in mezzo al cuore. Ho poi sentito mormorare da alcuni essere obbietto del cardinal de' Medici, dispretandosi, di pigliare per moglie la duchessina, nipote del papa, e sua cugina in terzo grado; con la quale vive in amor grande, essendo anche da lei riamato; nè più in altro ella confida nè ad altri riccorre nei suoi bisogni e desideri, salvo al detto cardinale. Il quale sempre si è mostrato amatore del nome veneto, tenendo in memoria che suo padre sia stato amato da Vostra sublimità. Da quelli che hanno spirito si fa in ogni modo questa conclusione, che un qualche giorno abbiano a vedersi movimenti notabili fra questi due; ed avrà sempre più favore il cardinale, che è molto magnifico e liberale, nè stima il danaro: col quale mezzo ha acquistato presso di molti non volgare amore e dilezione; onde la levata sua da Roma per Fiorenza pose il papa in gran confusione, dubitando che la cosa avesse fondamento, ma non l'ebbe (1).

La duchessina (2) è figliuola di Lorenzino duca d' Urbino, che fu figliuolo di Piero de' Medici. La madre fu madama di Bologna, francese, nipote del duca d'Albania; il quale è governatore degli stati che alla detta duchessina appartengono nel dominio di Francia per eredità materna; dove è fama che abbia una grossa entrata. E per tale causa, cioè per render ragione dell' amministrazione di quel governo, è venuto a Roma cotesto duca, e vi dimorò già fino ad ora da nove a dieci mesi; e s' intende ch' abbia acconce tutte le differenze che da tale governo nascevano col pontefice; intantochè Sua Santità pare che abbia troppo rispetto

(1) Alcune di queste particolarità concernenti la discordia fra i due nipoti del papa, sono veramente preziose; poichè gli storici contemporanei o le passarono sotto silenzio o le sformarono a posta loro.

(2) Caterina de' Medici, che nel 1533 sposò Enrico secondogenito del re

di Francia.

nel contentar detto duca in molti partiti, con pregiudizio non piccolo della duchessina. Questa fanciulla è ora entrata nell'anno decimoterzo; è di natura assai vivace; mostra gentile spirito; è bene accostumata, e fu educata colle monache nel monastero deile Murate in Fiorenza; donne di molto buon nome e santa vita. È piccola di persona, scarna, e di viso non delicato; ha gli occhi grossi, proprii alla casa de' Medici. Il Cristianissimo re, nelle sue lettere le chiama sempre duchessa di Urbino; la qual parola offende un poco questi agenti del duca di Urbino, ed è stata ponderata molto dagli oratori Cesarei. È stata desiderata in matrimonio dal duca di Milano; e so che Sua Eccellenza l'avria pigliata anche senza Piacenza e Parma; perchè egli non ha maggior sospetto o timore di alcuna cosa, salvo che la duchessina sia data al secondogenito di Francia; temendo che con tal mezzo si dia causa al Cristianissimo di discendere un giorno alla impresa di Milano. Ed ancorchè sopra di questo partito si siano fatte molte parole, tuttavia se ne avrà la risoluzione soltanto alla venuta del Reverendissimo d'Agramonte. Ma non si vede che il papa s'inclini a volerla dare al duca di Milano; o perchè sia di età sproporzionata, non gagliardo, povero e non stabile nel dominio, o più presto perchè Sua Santità abbia l'animo altrove. Anche il duca di Mantova la desidereria per sua moglie; ma il papa non si vede inclinato; forse per non aggradirgli la natura del duca assai viziosa (come a tutti è ben noto). Perlochè il duca, ora che ha disciolto il matrimonio con Donna Giulia, infante d'Aragona, attende a quella di Monferrato; dopo la morte della primogenita pure di Monferrato, che fu prima promessa al detto duca. E l'orator mantovano mi ha detto, non esservi dubbio alcuno dal canto della madre e della figlia di Monferrato, purchè l' Imperatore vi presti l'assenso; il che si negozia ora, e dubitasi che non succederà, si perchè Cesare mostra di odiare il duca per il repudio dell'ara

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