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gonese (per il che, oltre l'ufficio fatto fare dal pontefice, Sua maestà ha mandato anche il Reverendissimo Caracciolo a quest' effetto insino a Mantova ); e sì perchè si vede che Sua Maestà procura il partito del Monferrato pel Conte Palatino. Si tiene quindi che il duca starà contento a vivere colla sua Boschetta; la quale si dice che avria già presa, se Cesare avesse voluto legittimare i figliuoli che il duca ha da lei; al che Sua Maestà non ha mai voluto consentire (1).

Anche il re di Scozia (per quello che più volte mi ha detto il papa) ha fatto gettare qualche parola per volere questa duchessina; e il duca d'Albania, suo Zio, che ha il governo del regno di Scozia, ne ha fatto ufficio quando venne a Roma, prima che parlasse del secondogenito di Francia. Ma il papa non vi fu mai inclinato; mostrando di non voler mandarla così lontano, dove spenderìa più in corrieri che portassero nuova di lei, quando fosse in quel regno, di quello che saria la dote.

Non potrebbe Sua Santità, a giudizio mio, fare miglior tratto, che darla a Guidobaldo figliuolo unico del duca d'Urbino: perchè, essendo ella figliuola di Lorenzino duca d' Urbino, si verrebbe a confortare il titolo che le dà il Cristianissimo. Ma a ciò non si vede propenso il duca d'Urbino, il quale sembra inclinato a quella di Camerino, credendo che quello stato faccia per lui; e già Sua Eccellenza, nel mio passaggio da Urbino, mi mostrò di ritenere la cosa per conclusa. Tuttavia sino ad ora non n'è seguito nulla; e il papa non lo consente; senza la volontà del quale non

(1) Federigo duca di Mantova ricusò di sposare ( perchè troppo attempata) donna Giulia d'Aragona, figliuola di Federigo ultimo re di Napoli, che l'Imperatore voleva dargli; come dichiara anche Galeazzo Visconti in una lettera a Francesco I (Molini, Documenti ec. vol. II, pag. 337). Essa sposò in seguito il marchese Gio. Giorgio, ultimo della Casa dei Paleologhi. — Federigo ebbe poi Margherita, erede del Monferrato; ed erasi avanti fidanzato alla di lei sorella Maria, che morì. La Boschetta (o sia Elisabetta Boschetti) era una delle sue amiche, che in quella piccola corte di Mantova fece molto parlare di sè.

si può fare, essendo la di lei madre, sorella del cardinal Cibo e cugina di Sua Santità, dalla quale dipende. E forse è ben possibile che il duca non mostri inclinazione a questa duchessina, perchè vede che nè anche il papa mostra pensarvi; e poi il duca, quando venisse a questo, vorrebbe la città di Fano, al che non è per consentire il papa. Ed ora, perchè vede il duca la cosa di Camerino avere difficoltà, pare s'inclini ancor lui alla Marchesa di Monferrato. Finalmente la pratica di questo matrimonio è ora riridotta in Francia col secondogenito; e questa pare che sia di magglor contentezza del papa; il quale però ne parla ora più caldamente ora più freddamente giusta la natura sua irresoluta; chè certo Sua Santità discorre bene, ma risolve male per la frigidità del core, che lo fa e mancar di giudizio, e parere molte fiate incostante e appresso alcuni mendace; venendo a dire altramente anzi disdire quello che ha detto. Circa questo matrimonio il papa dice che il secondogenito di Francia non è in età; e i Francesi vorrebbero che, fatta la promissione, avanti che si consumi, la duchessina andasse in Francia; e il papa non vi assente, acciocchè essa non sia come un pegno nelle mani del re di Francia, il quale assicuratosi con tal mezzo del papa, non discenda poi in Italia a conquistare la ducea di Milano. E in dissuadere il papa da tale trasferimento, senza consuonazione di matrimonio, ha molto operato il Mussetola, e con buona ragione; imperocchè i Francesi, avuta la duchessina nel loro paese e fatto quello che loro paresse in Italia, avriano potuto levando infamia alla putta, scusarsi dal matrimonio, con perpetua nota d'ignominia della medesima, e per conseguenza di Sua Santità. E fin qui la cosa è irresoluta, e messovi tempo in

mezzo.

.....

mostra buon

Il duca Alessandro è di anni. ingegno, ed ha questa qualità, che si sa accomodare alla

natura e al volere del papa meglio che il cardinal de' Medici. Però Sua Santità mi ha dimostrato apertamente di amare e di tenere più conto della persona del duca, ripromettendosi di lui molto più che del cardinale. E più volte Sua Santità, parlando meco del duca, mi affermò essere sua volontà che quello abbia a stare a Firenze, e tenga il primato della famiglia de' Medici e governi quella Signoria, come facevano li suoi antiqui progenitori. Non ha titolo da Cesare nè di Vicario nè di Locotenente cesareo. E Sua Santità mi ha detto, che non ha voluto ch' egli abbia alcuno dei suddetti titoli, ma avrà solo la denominazione di primate della famiglia. Potrà ben succedere che collo spazio del tempo Cesare gli dia qualche maggior preminenza, anche coll' assento del papa, che si muterà.

Sua Santità mi ha affermato di volere che il detto duca abbia la protezione della Signoria Nostra; e non son molti dì che Sua Santità parlò meco largamente in tale proposito; con dire, che quest' inclita Repubblica era da compararsi a una grossa nave, che non teme fortuna o commozione di venti, per grandi che siano; onde con essa navigano sicuri e i nocchieri e tutti quelli che a lei s' appoggiano; aggiungendo che il detto duca, fermato che sarà in Fiorenza, debba pigliare la protezione dalla Serenità Vostra.

Iacopo Salviati è il terzo laico, consanguineo del papa, per la Signora Lucrezia sua moglie, che fu sorella di papa Leone. Fra questo, il cardinal de' Medici, il duca Alessandro e la duchessina, vi è pessima intelligenza; di sorte che tutti costoro perseguitano Iacopo Salviati d'un odio così veemente, che v'è pericolo che un dì egli ne abbia a patire anche nella vita; e questo carnevale passato, poco mancò che il detto cardinale di sua mano non gliela levasse. La causa di tale odio è perchè al detto cardinale e agli altri pare che il Salviati faccia tutto e governi in tutto il papa e ne revochi la mente da loro nepoti e da tutta la casa

de' Medici, e persuada il papa a tenere strette le mani nè somministri danaro secondo l'appetito loro di spendere e spandere, che è grande.

Il prefato Salviati è uomo di buono intelletto e di grande discorso, per la lunga esperienza che da Leone in qua ha acquistata in molti ed importanti maneggi. Ha però una natura che tende al particolare suo utile, di sorte che inclina molto volentieri alla parte ove conosce di poter conseguire qualche guadagno, e s'ingegna, quanto può, a favorirla col consiglio e coll'opera, non tanto risguardando all'utile del suo Signore, quanto al proprio; il che è certo una specie di prodizione.

Credesi che il Salviati, da tanti anni che assiste alle deliberazioni dei pontefici Medicei, abbia con tali mezzi estorto una gran quantità di danaro; e massime dacchè ha il carico delle terre della Romagna e del restante; imperocchè lui è presidente sopra gli altri presidenti, specialmente nelle materie dei sali, delle tratte, e delle imposizioni. Ma già a Bologna Sua Santità cominciò a dolersi alquanto del Salviati, come di quello che nei maneggi predetti, massime dei sali, abbia intaccata Sua Santità; la quale principiò a dimandargli ragione di molte e grosse partite, di sorte che il Salviati fu costretto a scaricare la cosa sopra Bernardo Bini e Luigi Gaddi, fratello del cardinale, ambi fiorentini, che acconciarono la cosa in danari; e finalmente per tal causa fu qui in Roma posto il Bramo in Castel Sant' Angelo, e costretto a pagare ducati sessantamila.

Per questa e per qualche altra causa è successo, che il Salviati si è pure alquanto ritirato, nè più negozia così strettamente, come soleva, col papa; eccetto in queste materie della Romagna, nelle quali il pontefice si rimette in tutto al Salviati. E per questo, ogni qualvolta occorreva qualche difficoltà per li beni posseduti dai nostri nella Romagna, il papa non mi voleva ascoltare; ma rimetteva tutto

al detto Salviati, il quale si può dire essere stato causa di tutti i travagli e perdite che hanno fatto li nostri.

Eccetto queste parti, io trovai sempre il Salviati buon amico e amatore del nome di Vostra Serenità; e lo stesso anche il Reverendissimo suo figliuolo, e l'altro figliuolo signor Lorenzo, e il priore di Roma che è capitano dell' armata della religione; e in primis la Signora Lucrezia, moglie di messer Jacopo.

La Serenità Vostra ha nella corte di Roma tre cardinali suoi, ed un quarto che è più che suo. Li tre sono i reverendissimi Grimani, Cornelio, e Pisani; il quarto è il cardinal di Mantova. (1) Circa i quali io potrei dir grandi cose in lode e commendazione; ma tutto saria poco, rispetto a quello che ricercano i meriti delle Reverendissime Signorie loro. Non tacerò tuttavia, che esse sono colonne della Cristiana Religione, e pronti d' animo, quanto dir si possa, all' amplificazione di Vostra Celsitudine. E dei reverendissimi Grimani e Cornelio; che sono stati in corte al tempo mio, e coi quali ho avuto a negoziare, posso parlare più largamente che del cardinal Pisani, che non vi è stato al tempo mio; certo tutti tre sono in estimazione e in non volgare autorità presso il papa. Similmente il cardinal di Mantova, il quale non cessa di fare tutto quello che può a beneficio di Vostra Serenità; e se occorreva cosa alcuna di momento, con tutte le larghezze del mondo me l' ha sempre comunicata. Quando la Celsitudine Vostra concesse a di lui istanza la galea per condurre dal Regno a Pesaro la nuova sposa del signor suo fratello, egli mostrò di avere tal segno di amorevolezza di Vostra Serenità tanto grato, che non potria per alcun' altra cosa anche di maggior grandezza, aver ricevuto maggiore sodisfazione.

Per non attediare Vostra Serenità, che so essere occu

(1) Ercole Gonzaga, fratello del duca Federigo e di Don Ferrante, poi governatore del Milanese per Carlo V.

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