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Ho imparato, Serenissimo Principe, nelle legazioni nelle quali per molti anni è piaciuto a Vostra Serenità servirsi di me, che l' uffizio dell' ambasciatore è diviso in tre parti nello intendere ed avvisare, nel che è necessaria la diligenza; nel negoziare, in che giova mirabilmente la destrezza; e nel riferire, ove il giudizio importa grandemente, parlando delle cose necessarie, e utili, e lasciando le vane e inutili; le quali tre parti sono certamente manche se non sono trattate con fede. E però, potendo io aver mancato di diligenza nello scrivere e intendere, e di destrezza nei negozj, e potendo anco non satisfare di giudizio in questa ultima parte, che è la relazione, affermo bene, che siccome nelle cose scritte e trattate, ho sempre osservato la fede a Vostra Serenità, mio principe, non aggiungendo, nè minuendo cosa alcuna, così farò oggi in questa relazione; non avendo rispetto di dire quello che io reputerò benefizio suo. E perchè si trovano nel mondo diverse sorta di principati, giudico, che non sarà inutile e sarà grato considerare di che sorta di principi si ha oggi da parlare.

Ritrovo, Serenissimo Principe, alcune grandezze essere per successioni; le quali successioni in alcuni regni sono così ordinate, che non si può dubitare in ogni caso di fortuna chi sia per succedere nel regno, come è nella Francia, escludendo però le femmine. Sono alcune altre

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che vanno pure per successioni per la linea mascolina, sempre che ve ne sia; e non ve n'essendo, vanno nelle conne; per benefizio delle quali, la Casa d'Austria ha avuto tanto accrescimento di stato, quanto sa la Serenità Vostra; di che mi ricordo, già dodici anni sono, quando tornai dalla legazione di Carlo V, avere particolarmente riferito a questo Senato (1). Ad alcuni altri principati si viene per elezione o di pochi, o di alquanti di mediocre numero, o di molti. Di molti era l'elezione dell' Imperio Romano, che era fatta dagli eserciti; di pochi l'elezione degli Imperatori presenti, facendosi solamente da sette, per le cause ben note a questo Illustrissimo Consiglio. Di mediocre numero trovo essere quella di Vostra Serenità, e dei pontefici; e questa è stimata migliore elezione, perchè è d' uomini prudenti, e che attendono alla conservazione degli stati loro; e sebbene succedono alle volte molte rovine anco da queste elezioni, questo avviene, perchè quelli che eleggono s'ingannano credendo, che questi che eleggono siano buoni, e siano per essere utili. Vi è ancora una certa sorta di grandezza, che è di successione e di elezione insieme, come è quella del Signor Turco; facendosi sempre Signore uno di casa Ottomana del sangue regio, ma non sempre il primogenito; nel che importa la volontà, e l'animo de' Giannizzeri, e il valore e liberalità di quello che disegna ottener quell' imperio. Grandezza di questo medesimo modo, per successione ed elezione, si può chiamare per mio giudizio quella del regno di Polonia; chè non vale essere figlio di Re; e se non sia eletto dai Consiglieri ordinarj del regno (i quali non sogliono però far cosa alcuna straordinaria) non si chiama, nè è accettato per Re. Lascio una certa sorta di grandezze, che si possono chiamare violenti; come quelle che con forza e con

(1) Vedi la Relazione del Navagero ritornato da Carlo V nel 1546: stampata nel Vol. I, pag. 289 delle Relazioni degli ambasciatori Veneti al Senato.

inganni s'acquistano; le quali sono pericolose, e travagliano non solamente quelli che desiderano vivere quietaI mente, ma anco chi le possiede, o, per meglio dire, chi le occupa:

ire

La creazione del pontefice è stata diversa in diversi tempi. Dell'anno 772, il clero ed il popolo romano eleggevano il papa. Di poi, venuto Carlo Magno in Italia a liberarla da' Longobardi, ed avendo ammazzato Desiderio re loro, il papa, volendo remunerar Carlo, lo fece imperatore dell' Occidente, ed insieme (perchè l'elezione dei pontefici si faceva con sedizioni e omicidj, per l'ambizione che cominciava ad aver forza) il detto papa trasportò nella persona di Carlo e successori suoi questa ragione di potere eleggere il pontefice romano quando vacasse; il che si osservò fino al tempo di Pasquale I, che fu dell' anno 817.

Nel qual tempo, Lodovico Secondo, pronepote di Carlo Magno, renunziò in mano del detto Pasquale il privilegio sopradetto, ordinando che li Romani avessero piena libertà di eleggere per l'avvenire il papa, non facendo menzione più di cardinali, che d'altri. Successe poi Niccolò II, che fu dell' anno 1059, il quale, per sua costituzione registrata nel decreto alla distinzione 23a, ordinò che, morendo il papa: in primis cardinales episcopi diligentissime simul de electione tractarent; mox Christi clericos, cardinales adhiberent, sicque reliquus clerus, et populus ad consensum novae electionis accedat. Ultimamente, l'anno 1274, Gregorio papa X instituì il Conclave, ed il modo di eleggere il papa, lasciando il carico dell' elezione ai cardinali soli. La quale elezione, Serenissimo Principe, si può fare in tre modi; o per via di compromesso, o per via di scrutinio, o per adorazione. Quella di compromesso è quando, essendo difficultà nell' elezione, tutti i cardinali si compromettono in un solo, o più; promettendo di obbedire a chi

sarà eletto da quello, o da quelli in cui si saranno compromessi. Questa sorta di elezione è andata in dissuetudine, da poi che papa Giovanni XII elesse sè stesso, dicendo: papa ego; affermando non trovare persona più atta in quel carico di sè medesima. L'elezione per scrutinio è la più reale, e che riesce con manco fraude, perchè è più libera; potendo ognuno eleggere uno o più di quelli, che giudica degni di così alto grado. E perchè difficilmente, e in lunghezza di tempo, la quale non è a proposito, potrebbono concorrere i due terzi dei voti (chè tanti bisognano alla elezione del pontefice), però sono istituiti gli accessi, cioè il consenso di quelli, che avessero nel suoi voti eletto altri. E perchè in questo si potria fare delle fraudi, acciocchè quello che ha dato il voto, non dia anco l'accesso, dice: guardate nei voti che ho dato, segnati con la tale sottoscrizione, e vedrete che accedo a persona che non ho votato. Se con i voti ed accessi arrivano al numero determinato dei suffragi, sono dichiarati pontefici, se anco non si continua fino che si arrivi a quel numero.

Per adorazione si elegge il pontefice, quando li cardinali (com' essi dicono) tratti dallo Spirito Santo, al quale non si può resistere, vanno ad adorare per papa quello che a loro pare. Questa sorta di creazione potria essere che alcune volte fusse stata buona, quando gli uomini erano migliori; ma al presente essendo guidata da cardinali giovani e parziali, si crede che abbia del violento assai; perchè i più deboli sono tirati dai più potenti, e i più timidi dai più animosi: e molte volte, quelli che non assentivano con voto libero, vedendo quegli impeti, si lasciano condurre per mostrare ancor loro di aver parte in quella elezione. A questa adorazione fece resistenza il cardinal Polo, al quale mancava un sol voto per avere i due terzi dei cardinali; e se si lasciava adorare, tutti sariano concorsi, per quel rispetto che ho detto di sopra, di aver parte in

quella elezione. Diceva Sua Signoria Reverendissima, che voleva ingredi per ostium et non per fenestram. Segui poi quello che si sa, che fu eletto, dopo tanti giorni, Giulio II. Per questa via d'adorazione sono stati fatti li due ultimi pontefici, Marcello II. e Paolo IV. Marcello con universale consenso di tutti; il presente pontefice, con divisione e quasi scisma tra'cardinali; perchè diciassette si erano ritirati col reverendissimo Puteo, ed esso con il resto nella cappella, ove sogliono ridursi i pontefici da poi che sono stati eletti (1).

Ho adunque oggi da parlare d'un principe non ereditario, ma per elezione, non di una moltitudine concitata nè di alcuni pochi, ma di un numero determinato, come sono li cardinali; di uno, non come gli altri principi eletti capi di alcune nazioni e d'alcuni stati, ma di uno che, poco inanzi privato, si fa padrone non solamente dello stato, che ha la Chiesa, siccome fusse principe naturale ed ereditario; ma, come pontefice e vicario di Cristo, diventa capo di tutta la cristianità. E però si può considerare in due modi: e come principe con lo stato che ha, e come pontefice con l'autorità. Nel primo modo, lo ritrovo padrone di Roma, della Campagna, del Patrimonio, del ducato di Spoleti, della Marca, e della Romagna; ed è anco sottoposta alla Chiesa la nobilissima città di Bologna, la città di Benevento, 30 miglia lontana da Napoli, la città d'Avignone in Francia. Con quai titoli veramente siano possedute dai pontefici queste città, saria lungo ed inutile a commemorare; non scrivendo io ora istoria, ed essendo di queste cose pieni i libri.

Roma, Serenissimo Principe, siccome già crebbe con l'armi, e in seicento anni si fece padrona del mondo, aven

(1) Del Puteo avremo occasione di parlare più innanzi. Quanto all' elezione di Paolo IV, vedi il libro intitolato: Conclavi dei Pontefici Romani; pag. 201-218.

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