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d'intendere l'animo di quel principe verso gli altri principi, e specialmente verso questo illustrissimo Stato; (nel che molte volte gli uomini s'ingannano, parlando d' una cosa molto secreta, che è la mente dell'uomo, potendo essa variare secondo le occasioni e gli accidenti) però io parlerò di questo, come di cosa che possa essere altrimenti, e ne parlerò più per sodisfare in questa parte alle EE. VV. che

a me.

Naturalmente il papa abborriva il nome dell'imperatore e della nazione spagnuola; perchè, oltre che dice di essere buono italiano e di sentire infinito dispiacere, che quelli che solevano essere cuochi o mozzi di stalla in Italia, ora comandino; molte particolari ingiurie, come ho detto in principio, hanno accresciuto questo malanimo suo; e quindi si dimostrò inclinato alle cose di Francia, perchè vedeva di potere per quella sola via abbassare la grandezza di casa d'Austria. L'occasione dei tempi porta, che questi (i Francesi) gli siano cari, o che almeno mostri che gli siano. Noncredo che odierà mai il re di Francia; perchè, oltre che non fa per i pontefici di non s'intrattener bene con quella corona i particolari benefizii ricevuti da quest'ultimo, di genti e di danari, fanno che gli avrà sempre rispetto; potendosi anco dire, che il re, per rispetto del papa, abbia messo. tutto il suo regno in mano della fortuna.

Odia naturalmente, per conto della religione, l'Alemagna e la parte della Svizzera luterana; e in somma tutti, si principi come privati, dei quali ha questa opinione.

Stima tutti i principi molto poco; nè per rispetto loro fa cosa che non gli piaccia. Aveva posto tutte le sue speranze nelle forze del re di Francia; nientedimeno a quel tempo non fece pure un cardinale a sua istanza. Conosceva quanto poteva fare il contestabile per impedire o almeno ritardare le cose promesse; e non volle, per istanza sua e del re, dispensare il matrimonio del Montmoransi suo figliuolo,

Yol. VII.

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nella figliuola naturale lasciata dal signor Orazio Farnese (1), sebbene gli era mostrato da molti, con ragioni e con esempii, che lo poteva fare. Ma quel che è più, non solamente non assentì, ma avendo disciolta la prima congregazione, ne fece poi chiamare un'altra; e credendosi che fosse fatta per compiacere il re, fu esso quello che interruppe chi parlava a favore del re, e spaventò gli altri per modo che non ebbero ardire di parlare.

Verso la Serenità Vostra, se si vuole considerare quello che dovrebbe essere, per la naturale pietà e religione di lei, per l'obbedienza che ha sempre dimostrata alla Chiesa, e poi per le cortesie usate a Sua Santità nel tempo delle sue minori fortune, le dovrebbe essere inclinatissima, e superare tutti gli altri in far beneficii e grazia alla Serenità Vostra. Quale animo sia veramente il suo, non mi pare di poter dire risolutamente; perchè alcune volte so che è rimasto poco sodisfatto della Serenità Vostra, non avendo ella voluto rimuoversi dal suo savio proponimento di voler pace con tutti. Giudicò averla onorata grandemente col mandare a lei il cardinal suo nepote, e però di ritrarne altro che parole. So che si dolse con alcuni suoi, che si avesse mancato al benefizio d'Italia e al rispetto della persona sua; e prese occasione dal passo concesso dalla Serenità Vostra alle genti del re Filippo; che, per tanti giorni, come sanno le SS. VV, non mi volle udire; il che io dissimulai, e gli faceva dimandare l'udienza solita, non mostrando alcun risentimento; finchè, avvertito il cardinal Caraffa, che questi non erano modi di procedere con una Repubblica così grande, la quale ormai si risentiva di questa dilazione di udienza, esso cardinale prima, e poi il pontefice si scusò, che per le molte occupazioni non mi aveva potuto udire. Ha avuto

(1) Dovrebbe dire nella vedova di Orazio Farnese; che era Diana, figliuola naturale del re di Francia. Il Farnese era stato ucciso, combattendo pei Francesi, sotto la fortezza di Edino (Esdin ), l'anno 1556.

anche opinione altre volte, che Vostra Serenità attendesse a stringersi col re Filippo in maggiore amicizia con partiti di stato; il che io, d'ordine delle EE. VV. affermai che non sarebbe; e che la mira di questo illustrissimo Stato era la pace: e per queste cause qualche volta ho dubitato ch'abbia un animo alterato verso la nostra Repubblica. Dall'altro canto, essendo egli un uomo accorto, e avendomi detto molte volte, non esser in Italia rimasto altro che quella mitra e questa berretta (1); si può quasi affermare, che i avrà sempre rispetto alla Serenità Vostra, cercando di intertenersi con lei; perchè così giova a quella Sede. Credo che nessuno accidente lo potrebbe condurre all'arme contro questa Repubblica; ma credo anche, che da lui si potrà aver poco altro che parole. Ha mostrato al mio tempo grande prontezza nel concedere quattro decime; facendo sempre in concistoro onorata menzione di questa Repubblica, chiamandola ornamento d'Italia e del mondo. Rivocò le facoltà, poco avanti date al cardinal Trivulzio, il che fu riputato gran segno di rispetto: ha promesso a me, che gli ho parlato molte volte del vescovato di Brescia, che lo darà ad un nobile confidente, che vi farà residenza. Quel che abbia da essere, e se con la giunta del cardinal Caraffa, Sua Santità si sia per mutare di opinione, non debbo, nè posso affermare. Quello che ho detto inanzi è verissimo: che nel conferire i benefizii, il cardinal Caraffa non ha compiuta autorità, nè tanta quanta n' ha nelle altre cose; e questo si è veduto coll'esperienza in alcune vacanze che il cardinale suddetto voleva dare a suo gusto, e non l'ottenne da Sua Beatitudine. È stato avvertito che nella promozione dei cardinali, non ne abbia fatto alcun veneziano, avendo giustissima causa di farne molti. Ma siccome dell'animo di Sua Santità, per li rispetti sopradetti, non so affermare come

(1) Cioè, la Chiesa e la Repubblica di Venezia.

veramente sia, così affermo alla Serenità Vostra, che l'animo dei cardinali e di tutta Roma non potrebbe esser migliore verso questo Stato; perchè, oltre tanti officii fatti dai due segretarii, il non essersi mosso alla venuta del cardinal Caraffa, e il non aver voluto udire le proposte di Ravenna e di Cervia e d'altro, giudicano che sia stato gran causa della pace; perchè, se la Serenità Vostra si risolveva, dava fomento ai disegni del papa, che, non essendo poi ridotto alla necessità, che fu causa della pace, sarebbesi ancora in guerra. E perchè il pontefice è di ottantun anno, nè ha da essere immortale, credo che non sia fuori di proposito, dire del numero dei cardinali, e di chi possa esser pontefice.

Della dignità cardinalizia non si trova che se ne faccia menzione, se non sotto papa Silvestro, del 344; nel qual tempo furono approvati tutti li gesti niceni, e li preti romani nominati cardinali; avendosi anco, nel tempo del medesimo papa Silvestro, mandati Vittore e Vincenzo, preti romani, suoi legati al concilio, senza nominarli altrimenti cardinali. Questi sono stati pochi un tempo, e di poca entrata e di poca riputazione; poi sono andati crescendo; e massime dopo che ebbero l'autorità di eleggere pontefice uno del numero loro. Papa Paolo II accrebbe loro dignità negli abiti, facendoli portare il cappello rosso, stimandoli più degli altri e preferendoli a tutti. Alcune volte non furono che sei; e si aveva gran rispetto e grande considerazione a fare un cardinale; perchè giudicavano, che a questa dignità fosse necessaria la nobiltà del sangue congiunta colla virtù e particolarmente colla bontà; e per questo si riputava onorata non solamente una casa, ma una città e una provincia, che per avventura avesse un cardinale. Ora sono in numero di sessantasei; la maggior parte così obbedienti al nuto del Pontefice che, o per ignoranza o per paura, non ardiscono o non sanno contradire cosa alcuna. Di questo numero, tredici sono di nazione francese; tre spagnuoli; tre

tedeschi; un portoghese, un inglese e gli altri quarantacinque sono italiani. E perchè la disgrazia di questa Italia, già padrona di tutti, vuole che i suoi si chiamino con nome forastiere, e pare che le grandezze siano ridotte in queste due cose, dell' Imperio e della casa di Francia, però non v'è alcun cardinale italiano che non sia chiamato o imperiale o francese. Delli nostri cardinali, Pisani e Cornaro, affermo alla Serenità Vostra, che non avranno rispetto nè alla roba nè alla vita in servizio della patria loro. L'uno e l'altro si dimostrarono sempre pronti nei coneistorii, e dove è accaduto; nè mai è occorsa cosa di momento ch' abbiano saputo, che non me l'abbiano fatta intendere. Il che, sebbene era debito loro (perchè l'obbligazione che si ha alla patria abbraccia tutte le altre) pure mi pare di ricordare riverentemente alla Serenità Vostra, che anche a loro, nelle cose giuste, s' abbia rispetto; perchè, oltre l'inclinazione naturale, alcuni buoni ufficii infiammano i cittadini a sorpassare alcuna volta sè stessi.

Chi sia per succedere al pontificato (essendo cosa futura e di natura sua incerta, e potendo occorrere in un momento molte cose che non si possono veder ora) non ardirei affermare a Vostra Serenità. Pure mi pare di poterle dir questo: che, essendo la fazione imperiale assai potente, ed essendo assai ragionevole che gli Italiani non lascino uscire d'Italia quella dignità, crederei che la elezione si potesse ridurre in tre: in Puteo, in Carpi, e in Medici (1). E perchè Carpi è uomo di sangue ed ha l'inimicizia col duca di Ferrara, dalla elezione di esso (col recente esempio di Paolo IV, di gran casa e di grandi disegni) potrebbero allontanarsi, e ridursi al Puteo ed al Medici. Ma per opinione mia, molto maggiori suffragi avrebbe il Puteo, per

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(1) Quest'ultimo, Giovan Angelo dei Medici, milanese, fu assunto al · Rodolfo pontificato, sotto il nome di Pio IV, sulla fine dell'anno 1559. Pio, dei Conti di Carpi, fu fatto cardinale da Paolo III nel 1536. Puteo, nizzardo, fu fatto cardinale da Giulio III nel 1551.

Jacopo

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