Sayfadaki görseller
PDF
ePub

nione considera i danni e i pericoli di essa guerra, e li giudica di tanta importanza, che non pensa ad altro che alla pace; nè vuol disperare che non possa succedere in qualche modo; nè vuol lasciar mezzo intentato per introdurla, parendole non poter seguire cosa peggiore della guerra; vuol procurare e coadiuvare l'abboccamento; vuole che i pontificii (e il papa poi, se i pontificii consiglieranno) sappiano la speranza che si può avere, per quanto sappiamo, che Palliano debba restare al pontefice. E se viene opposto, che il Papa non vuol la pace, che se gli farà dispiacere parlargliene, e che finalmente si farà nostro nemico, si risponde: che questa opposizione non è vera: perchè procurando e coadiuvando l'abboccamento, si procura cosa che è maneggiata dal cardinal suo nepote, come si ha per diverse vie; e quel che importa più, manifestandogli la speranza che si può avere, che Palliano resti a Sua Santità, le si dice cosa che non sa, e desidera e vuole, non solo come papa, ma come padre particolare e protettore di casa Caraffa e de' suoi nepoti.

Vede dunque la Serenità Vostra, che questi eccellentissimi Signori che vogliono discendere ai particolari, non vogliono nè procurano cosa, che per ragione possa dispiacere al papa. E se vien detto, ch' ei vuol la guerra; che ha il pensiero fisso al regno di Napoli; che spera di averlo col mezzo del re di Francia, cogli aiuti che vengono e camminano tuttavia, si risponde: che, quando il pontefice da una banda penserà davvero alle difficoltà del suo disegno (perchè il prendere un Regno di Napoli non è impresa così facile come si dice); e dall' altra, al danno della guerra e al pericolo certo di perder lo stato della Chiesa, e d' appiccare un fuoco che arderà per tutta l'Italia; chi dubita, che Sua Santità non ritorni in sè stesso, e riconosca, che il desiderio è sopra al potere? Si acquieterà dunque a quello ché porta l'onestà e la giustizia, al consiglio dei suoi e al

beneficio della Chiesa, della casa, e di tutta la cristianità; ed alla fine renderà grazie alla Serenità Vostra degli ufficii ch'ella avrà fatto per la pace.

Se si dice: tu farai dispiacere al Re di Spagna; si risponde allo stesso modo, che questa opinione non è vera; perchè il Re di Spagna e il duca d'Alva sono pentiti, e con ragione, di aver mosso le armi nello stato della Chiesa; perchè vedono che, avendole mosse, procurano la grandezza del loro nemico principale, che è il Re Cristianissimo; mettendo il papa in disperazione e in necessità di gettarsi nelle braccia ai Francesi, e di farli padroni delle principali fortezze dello Stato Ecclesiastico.

Se vien detto: tu fai dispiacere al Re di Francia; si risponde similmente, che questo non è; perchè il Re procura la pace; il Re e il Contestabile sanno molto bene, che la guerra del regno di Napoli è sempre riuscita a rovina e pernicie di tutta la Francia; nella quale dicesi per proverbio, che la sepoltura dei Francesi è l'Italia, e massime il regno di Napoli; perchè varie volte in diversi tempi hanno tentato di conseguirlo, e sempre ne riportarono squarciato il petto e i panni, come dice il poeta. E però mal volentieri discendono a far la guerra; avranno grata la pace, e loderanno gli ufficii che ha fatto e che farà la Serenità Vostra, affinchè succeda.

Adunque l'opinione di quelli eccellentissimi Signori, che vogliono scendere ai particolari della pace, è buona per tutti: per il Pontefice, per il Re Cattolico, per il Re Cristianissimo, e molto più per tutti i principi d'Italia, e principalmente per lo Stato della Serenità Vostra. È opinione utile, perchè si procura la pace, la quale è di beneficio grandissimo a tutti, ma specialmente alla nostra Repubblica; perchè, se per mala sorte continua la guerra, il Re Cristianissimo farà venire in Golfo certissimamente l'armata del Signor Turco, alla espugnazione ed assedio della Puglia, del Regno,

Vol. VII.

54

e della Sicilia; onde i danni, i pericoli e il travaglio che patirà la navigazione, e lo Stato di mare della Serenità Vostra, chi è quegli che non l'intenda? Conciossiachè, il lasciar venire un' armata turchesca in golfo, è lasciar assediare Venezia; il voler proibire che non venga, è venire alla guerra col Turco, con Francia e col Pontefice. E però, questa opinione che, discendendo a' particolari, negozia per la pace, è utile, come ho predetto, perchè, non venendo alle difficoltà, mai si potrà accordarsi; è opinione necessaria ancora, perchè, senza l'abboccamento e senza la risoluzione di Palliano, è impossibile che segua pace, nè mai si farà frutto alcuno. In fine, è opinione che opportunamente provvede al bisogno; perchè questa deliberazione sarà portata a Roma, a tempo che vi arriverà la nuova di Francia di questo negozio di pace; perchè Vostra Serenità è informata, che il conte di Scialan, piemontese, doveva, secondo le lettere di Francia dei ventiquattro ottobre, partirsi di Fiandra; e prometteva di far venire un uomo al Re Cristianissimo per trattare la pace; il quale uomo si spedirebbe poi a Roma, con ordine di far ritirare l'esercito regio dallo Stato della Chiesa; sicchè facilmente occorrerà, che ad un tempo medesimo arrivi a Roma la deliberazione presente e la persona di Francia; perchè il Conte giungerà in Fiandra ai ventisette; ai trenta avrà risolto la sua missione; sarà di ritorno in Francia ai tre o ai quattro del presente mese, e potrebbe giungere a Roma ai sedici od ai diciotto; al qual tempo sarà stata portata la commissione che Vostra Serenità delibererà oggi; talchè verranno ad incontrarsi l'ufficio di Vostra Serenità, dell' oratore e segretario suo in Roma col cardinal Caraffa e col Pontefice, coll' ufficio ed ordine che il Re Cattolico e Cristianissimo avranno mandato al duca d'Alva e al duca di Guisa nell'esercito; e così, con l'aiuto e grazia di Dio, seguirà forse la conclusione della pace, con onore e dignità della Serenità Vostra e delle Signorie

Vostre Eccellentissime. E però, questa opinione pare a quei Signori ed a me, minimo servitor suo, che sia utile, necessaria e opportuna. Nè si deve stimare l'autorità di quegli altri Signori che le contradissero, e giudicano che di necessità debba succeder la guerra; perchè nel giudizio dei successi delle cose dei principi, si può dire che avvenga quello che occorre nel giudizio degli astrologi sulle cose del mondo; i quali, avendo cognizione di alcune poche stelle, pronosticano effetti corrispondenti all' influsso di quelle'; e perchè non hanno cognizione della maggior parte di esse, non discorrono gl' influssi delle non conosciute: e il più delle volte, gli effetti da loro pronosticati non succedono. Similmente nelle volontà dei principi, molti savi considerano gli accidenti che occorrono di presente; come in questi del papa, del Re Cattolico e Cristianissimo, si hanno davanti agli occhi le parole del pontefice, che paiono disperate di pace; le utilità della guerra per quei re; perchè il Re Cattolico è già fatto padrone d'una parte dello Stato della Chiesa, e il Cristianissimo, per quello che si vede, spera di farsi padrone dell' altra, pigliando in protezione e acquistandosi ragioni in essa, col danaro che sborserà per la difesa; e pronosticheranno per certissima la guerra. E perchè non vogliono attendere ai molti altri accidenti che possono con miglior ragione accadere; come, che la durezza del papa di voler pace, si potrebbe facilmente convertir nell'opposto, ossia nella facilità e prontezza di abbracciarla; perchè, essendo buono e savio, com' io lo reputo, conviene di necessità che prevegga di non poter fare altrimenti; e similmente le pretese utilità dei re si potrebbero scoprir disoneste e impossibili, come di quelli che, collo stato d' altri, cercano di farsi grandi: alla fine resteranno ingannati del loro pronostico, come gli astrologi delle operazioni e degli influssi celesti. Però non si deve attendere, il ripeto, all'autorità di quelli che sentono diversamente dalla opinione pro

posta, e che vogliono differire; perchè considerano solamente le cose presenti nello stato in che appaiono, e non in quello della vera ragione; cioè, secondo la pietà, la religione e il bene universale della cristianità, che è la pace; la quale, sempre che si possa avere senza inganno, è il maggior bene che possano avere i principi del mondo e massime le repubbliche. Fra le quali, se alcuna mai ha sentito il beneficio della pace, questa nostra l'ha provato; perchè, fuggendo i tumulti delle incursioni dei barbari, ebbe principio in questi canali; andò poco a poco crescendo, dentro e fuora, acquistando stato da mare e da terra, conservando e ampliando il dominio e le forze al termine in cui si trova; sempre con l'occhio e con la mira alla pace, senza insidie, dalle quali in ogni tempo ha cercato di liberarsi, col consiglio in casa, e con la guerra fuori; pigliando le armi e adoperandole valorosamente contra quelli che hanno cercato di disturbarla e di offenderla: onde è pervenuta a quest' ora, con l'aiuto e grazia principalmente di Dio, autore e conservator suo, dall' anno 554 in che ebbe principio, sino all' anno corrente 1556; che sono anni mille e due.

Preghiamo dunque, serenissimo principe, illustrissimi ed eccellentissimi signori, che sua Divina Maestà ci indirizzi a camminare nella via della pace, e ad abbracciare quel dono, più prezioso e nobile, che il sommo Iddio dona agli uomini, ai principi, alle repubbliche e a tutto il mondo, che non è altro che la pace.

« ÖncekiDevam »