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Disse, come addì 18 di Aprile 1520 partì da questa Terra per andare alla sua legazione; e giunto a Comano, stette alcuni giorni aspettando la sua commissione; onde ivi si levò fama che andava oratore al Signor Turco, ovvero all' Imperadore. Addì 14 maggio giunse in Roma; e Marco Minio, orator nostro, gli venne incontro fino a Ponte Molle, e poi la famiglia dei cardinali e prelati nostri. Addi 15 ebbe l'udienza pubblica da papa Leone.

Disse che in Roma, da dieci anni in qua, sono state fatte diecimila case da lombardi, che per le guerre vennero ad abitare colà. Al governo di Roma (il Senatore, che fa il Papa, era un anconitano) sono sei Conservatori, i quali vollero provvedere esso orator nostro, ma egli non lo permise. E sopra le cose necessarie per la città sono tredici Caporioni, i quali hanno un priore e un vicario; e allora era priore uno dei Giacomazzi; tutti però romani (1).

Sono in Roma al presente trentaquattro cardinali; sei dei quali sono vescovi. Il primo è Santacroce, che ha d' entrata ventitremila ducati. È spagnuolo e poco amico dello stato nostro; e parlandosi dei Turchi, disse, che venticinque spagnuoli basterebbero a tagliare a pezzi turchi e vene

(1) Andrea, fratello del cardinale Domenico Giacomazzi o Giacobazio dei Faceschi, romano.

ziani. Il secondo è Grimani, cardinal di San Marco, che ha d'entrata quattordicimila ducati; e molti lo vorriano far papa. Il terzo è il cardinal di Volterra, fiorentino, pratico di stato e giudizioso. Questi diceva, che la causa per cui il papa presente l' ha ritenuto, fu per certa lettera trovata in cifra ch' egli scriveva al re di Francia, sollecitando la sua venuta in Italia; ed esso e il cardinal Colonna furono contrarii al cardinal de' Medici, che non fusse papa (1). Il quarto è il cardinal del Fiesco, genovese, affezionato allo stato nostro; ed ha buona e costumata corte. Il quinto è il cardinal Farnese, romano, che mostra d'essere amico nostro. Il sesto è il cardinal del Monte nativo di Montepulciano, pratico di stato; il quale si loda della Signoria nostra per gli onori che gli furono fatti quando fu in questa Terra.

Dei cardinali preti nominò il cardinale d' Ancona, di Arezzo, pratico di bolle; il quale, morto il papa, venne a trovar l'oratore nostro a casa, pregandolo che gli desse favore al papato; e questo istesso fece Santacroce. Poi vengono il cardinal Grassi, bolognese; e il cardinal Santiquattro (2), fiorentino. Questi, sotto papa Leone, trovava modo di segnatura e far brevi, e papa Leone molto lo stimava. Il cardinal de' Medici sotto Leone, era il primo; uomo di grande ingegno e cuore; e il papa faceva quello che lui voleva. Poi, Colonna, romano (3); Aix (4) francese, il quale ha ventimila ducati d'entrata; Sauli, genovese, il quale pagò cinquantamila ducati per farsi cardinale; Carvaial ispano, e Valle (5), romano, il qual cardinal Valle fu prossimo al papato; il car

(1) Un dettaglio di questo fatto trovasi nella relazione seguente. (2) Lorenzo Pucci, primo dei cardinali creati da Leone X.

(3) Pompeo Colonna, personaggio notissimo, del quale scrisse il Giovio drammaticamente la vita.

(4) Lodovico di Borbone, prima vescovo di Laon, poi d'Aix e di Sens, fu fatto cardinale da Leone X nel 1517.

(5) Andrea dalla Valle, creato cardinale prete da Leone X.

dinal di Como, milanese (1), il cardinal di Cortona (2); il cardinale Armellino, perugino (3). Questo Armellino è simile al cardinal Santiquattro; egli è nelle cose temporali quello che il Santiquattro nelle spirituali. Segue Cajetano ovvero Minerva, napoletano (4), dell' ordine dei predicatori, uomo dottissimo, che il papa mandò al presente legato in Ungheria. II cardinal Egidio dell' ordine di Sant' Agostino (5), affezionato allo stato nostro per gli onori fattigli quando fu qui; è desideroso molto che si faccia la impresa e crociata contro i Turchi. Araceli, frate di San Francesco (6); e Vich spagnuolo (7).

Fra i cardinali diaconi, sono: il nostro Cornaro, veneto, molto amato dai romani; Orsini, nostro affezionato, che diede la sua casa in Monte Giordano per abitazione degli oratori che furono a Roma nuovamente; Cesarino, romano; Cesis, figliuolo d'un avvocato; Salviati, fiorentino; Ridolfi, fiorentino; Trivulzi, milanese, nostro affezionato, e uomo d'ingegno; Pisani (8), veneto, il quale ha più cuore del padre; pur ne avesse

l'entrata.

Poi disse l'oratore, che negoziò diciotto mesi con papa Leone, il quale era nemico nostro per due cause; l' una per

(1) Agostino Trivulzio, vescovo di Como, fatto cardinale nel 1517. (2) Silvio Passerini di Cortona, fatto cardinale da Leone X. Giulio dei Medici, divenuto papa nel 1523 lasciò il governo di Firenze al Passerini, siccome tutore dei suoi nipoti, Ippolito ed Alessandro.

(3) Vedi la relazione precedente.

(4) Tommaso de Vio, di Gaeta, fatto cardinale del titolo di San Sisto da Leone X, e mandato da Adriano in Ungheria per muovere i principi alla guerra contro i Turchi, e in Alemagna, per difendere le ragioni della Chiesa cattolica contro i novatori.

(5) Vedi la relazione antecedente. L' Egidio fu uno dei più dotti e più stimati cardinali del suo tempo. Morì in Roma nel 1532.

(6) Cristoforo Numalio, forlivese, generale dei Francescani, fatto cardinale da Leone X nel 1517. Fu uomo assai riputato per la santità della vita e la semplicità dei costumi.

(7) Guglielmo Raimondo Vich, di Valenza, protonotario apostolico, fatto cardinale da Leone X nel 1517.

(8) Di questo e degli altri sei cardinali sopra nominati vedi le relazioni antecedenti.

concludendo il nostro oratore, che questo papa, per avere aderito all' imperatore, precipitò.

Disse che in Roma erano per tre millioni, meno diciottomila ducati, di ufficii che si vendevano alla giornata; li quali rendono trecentoventottomila ducati d'entrata e vi si possono allogare duemila centocinquanta persone. Disse della potenza ed entrata del papa; il quale aveva all' anno del temporale ducati trecentomila; dello spirituale ducati centomila; e per le composizioni ducati centomila e più. Questo papa Leone si teneva continuamente la mano al naso; uomo grandissimo di statura, di testa molto grossa; avea bellissima mano, ed era bellissimo parlatore; prometteva assai, ma non attendeva. Non pagò i seimila Svizzeri che gli mandò il re di Francia, perchè aveva intelligenza secreta coll' imperatore e col re d'Inghilterra fin dal principio del suo ponteficato; e intorno all' abboccamento ch' ebbe a Bologna col Cristianissimo, scrisse subito brevi a questi due, per consiglio del cardinal de' Medici; e fingeva di essere amico del re di Francia (1).

Morto papa Leone, furono eletti al governo tre cardinali; un vescovo, un prete ed un diacono; e questi fecero governatore di Roma l'arcivescovo di Napoli (2). E giunsero lettere della Signoria nostra di condoglianza per la morte del papa, esortando i cardinali a far cattolica l'elezione d'un altro. E l'oratore disse, che i cardinali dubitavano molto della Signoria nostra, che non togliesse Ravenna e Cervia alla Chiesa, e al duca di Ferrara, Modena e Reggio. E quando i Baglioni si mossero per entrare a Perugia, dubitavano

(1) Secondo gli obblighi della lega stabilita fra il re Francesco e il pontefice nell' abboccamento di Bologna, avrebbe quest'ultimo dovuto mandare cinquecento uomini d'arme alla difesa dello stato di Milano, e pagare gli stipendi a tremila (non seimila) Svizzeri, che lo aiutarono a riconquistare il ducato d'Urbino. Ma Leone trattava nel tempo stesso coi nemici del re francese, e chiamava l'imperatore Massimiliano in Italia.

(2) Vincenzio Caraffa, arcivescovo di Napoli, fatto poi cardinale da Clemente VII.

molto che Malatesta Baglioni non avesse fatto questa novità col volere della Signoria nostra, e così pure quello che fece Pandolfo di Rimini (1).

Poi disse che la camera apostolica, morto il papa, restò tanto povera (che era impegnato tutto) che non si trovavan danari per far le esequie del papa; e si convenne di togliere le cere preparate per le esequie del cardinal San Giorgio, morto poco avanti il papa. Disse, che per la morte del papa furono fatti infiniti sonetti e versi ed epigrammi contro di lui, e posti sopra il suo deposito. Disse della retenzione del cardinal d'Ivrea (2) savoino, che veniva per entrare in conclave; e per la sua liberazione i cardinali indugiarono a entrare.

Addi ventisette dicembre, giorno di San Giovanni, si serrò il conclave; dove fu letta la bolla fatta da papa Giulio, che il papa non si facesse per simonia, e fu dato sacramento ai cardinali di osservarla. Quel giorno, sul tardi, giunsero il cardinal Grimani e il cardinal Cibo, ed entrarono in conclave. Tutti i cardinali si comunicarono; e tuttavia si facevano pratiche pel papato senza alcun rispetto. I cardinali serrati erano trentotto; quindici dei quali erano in favore del cardinal de' Medici, e ventitrè contrarii; dei quali ventitrè, diciotto volevano esser papa. E fatto lo scrutinio, il cardinal Grimani, vista la sua ballottazione, ed essere maltrattato, uscì del conclave. Il cardinal Farnese

(1) Morto appena papa Leone, tutti gli oppressi tentarono di ricuperare gli stati loro. Francesco Maria racquistò lo stato d'Urbino, Gismondo da Varano quello di Camerino, e Sigismondo figliuolo di Pandolfo Malatesta occupò Rimini, antica signoria della sua famiglia. Il sospetto che i Veneziani volessero togliere Ravenna e Cervia alla Chiesa, e Modena e Reggio al duca di Ferrara, era mal fondato. Concessero solamente a Malatesta e ad Orazio Baglioni di partire dai loro stipendi, per ricuperare lo stato.

(2) Bonifazio Ferrerio vercellese, vescovo d'Ivrea, fatto cardinale da Leone X. Andando da Torino a Roma era stato ritenuto nel milanese per ordine di Prospero Colonna, perchè, come favorevole ai Francesi, non si trovasse al conclave. Il collegio dei cardinali dichiarò di non voler entrare in conclave senza di lui; e dopo alcuni giorni fu liberato.

Vol. VII.

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