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e il giorno seguente fecero la loro entrata gli oratori fiorentini, che fu assai bella; ma il papa non si mosse. Ora avvicinatisi gli oratori al Castello, fu sparata tanta artiglieria, che parea che il mondo venisse a terra. E giunti all'alloggiamento a Monte Giordano, nella corte di esso trovarono tutti i muli attorno attorno, acconci l' uno appresso dell'altro, ancor carichi, che facevano un bel vedere; la qual corte ha due porte, così che come si entrava per una si continuava ad uscire per l'altra. Gli oratori si fermarono sopra le mule a piè delle scale, ringraziando ognuno sì come passavano dinanzi; e durò questo passare una buona ora. Poi salirono in palazzo, tutto fornito di bellissimi arazzi dalle travi fino in terra, con festoni ed arme degli oratori e San Marchi (1). Era il palazzo grande e onorevole; e in una parte di esso alloggiava il Dandolo; dall' altro capo il Giustiniani; abbasso, appresso a un bellissimo giardino il Pesaro; in una casa contigua, nella quale si andava senza scendere scale, alloggiava il Mocenigo; e in un' altra contigua a quella, il Foscari: a tutte le quali case serve una sola corte grande e onorifica. E qui si riposarono dal mercoledì in cui giunsero, sino al lunedì, che fu addì venti, senza uscire di casa; eccetto il Dandolo, al quale fu forza di andare incognito a cena dal cardinale Cornelio, suo nipote. E Matteo Dandolo, il sabbato, andò a caccia col detto Cornelio, e pigliarono un cervo, un capriolo e una lepre. Il cardinale era sopra un cavallo giannetto leardo, molto bello e onorevole e di perfettissimo andare, guarnito di corame nero; e aveva indosso una veste increspata da prete, corta, di scarlatto, ugnola; e in testa, sopra la sua berretta, un cappello spagnuolo, scuro, guarnito di fiocchi di seta nera e di veluto. Ed andarono a caccia fuori di Roma per miglia dodici; ed erano circa cento cavalli; per

(1) Cioè, di stemmi della Repubblica Veneta.

chè quando va a caccia, molti nobilissimi romani lo seguono, ed altri cortigiani che se ne dilettano. Eravi messer Serapicca (1), fu favorito di papa Leone, molto mesto e positivo; e il cardinale mandò otto muli carichi di reticelle, che subito furono tese in una vallicella chiusa intorno da alcuni monti non molto alti, ma difficili ad ascendere; per dove aveano a passare li cervi e porci. Non erano ancora giunti i montieri, cioè conoscitori delle pecche dei cervi e d'altri animali e delle stanze loro, i quali erano andati ad appostarli; ed essendo giunti, il cardinale smontò e spogliossi, e restò in un saio di panno tanè di Fiandra, schietto e serrato; e così smontarono gli altri. Poi rimontò a cavallo, e messo per esso cardinale ognuno alla sua posta, andarono in una bellissima prateria dove aveano a passare i cervi, per mezzo alla quale scorreva un fiumicello non molto largo, ma profondo e corrente, sul quale erano assai ponticelli; ed armata anche la detta pianura con cani dei quali v'era gran numero, il cardinale montò sopra un giannetto di grandissimo prezzo, che Don Francesco, suo fratello, gli condusse di Spagna, e si volse a cacciare il cervo di dove era. E ne uscirono tre o quattro; due andarono alla rete e s'intricarono, ed uno ne rimase, l'altro fuggì. Poi furono cacciati dalla valle tre fierissimi cinghiali, dietro a' quali stettero e cavalli e pedoni e segugi e can grossi per un' ora, sempre ruzzando con essi, ora imboscati ora tratti fuori dai segugi; e fu bel vedere, e il cardinale ne prese grande allegrezza e piacere. E poi in un' altra bellissima prateria, sulla quale non v'era che un solo albero ben piccolo ed assai basso, era preparata la credenziera del cardinale e la tavola per quattordici persone, e in capo la cattedra di sua Signoria. E così seduti gli uni sopra scabelli, e gli altri in piedi mangiarono; e intanto i cani ulu

(1) Vedi la nota (3), pag. 43 alla relazione del Giorgi.

lavano al mangiare, i corni suonavano, e i pedoni giravano col pane e le tazze in mano. Ma essendo sul mezzo del desinare venne una bella pioggia che li lavò benissimo, e temperò i vini nelle tazze; eppure continuarono a mangiare, facendosi dare li feltri attorno. Il pasto fu di pesci nobilissimi ed ottimi sì di mare come di fiume; e il migliore del mondo è il laccia (1) del Tevere, che noi chiamiamo chieppe di Po, che in vero non vagliono nulla. Vi furono perfettissimi vini di dieci sorta; le arancie dolci, spigate e curate, inanzi pasto, per il primo cibo che in Roma si usa, e con zuccaro fino. Mangiarono allora da trecento bocche; poi montarono a cavallo e vennero a una selvetta, bassa di fronde, dove entrarono alquanti bracchi. Il montiere fece saltare un bellissimo capriolo, che dai cani fu alla fine raggiunto ed ucciso; poi corsero alla lepre e la presero. Trovato poi un cervo, non si potè prendere, e tornarono in Roma a ore ventitrè. La mattina il cardinale mandò a donare sopra un mulo questa caccia agli oratori; e sopra tre altri muli un bellissimo vitello per uno, e da venti lunghissime stanghe portate da quaranta facchini, cariche di capponi, pipioni, pernici, fagiani, pavoni, salami di diverse sorta in quantità, formagi di buffali dilicatissimi; poi tre botti di vino, sopra dodici muli carichi di due barili per uno; ed ogni quattro some veniva sopra un mulo una botte vuota avinata, per riporvi il vino nella cantina; ed erano vini di tre sorta, dilicatissimi; poi da quaranta some di biada da cavalli. E messer Evangelista dei Pellegrini da Verocchio maestro di casa del detto cardinale, uomo di grado e reputazione, fece le parole agli oratori, invitandoli il martedì a desinare con sua Signoria Reverendissima. Il presente, che si stimò valere duecento ducati, fu accettato, ed anche l'invito del desinare.

(1) Genere di pesci dell'ordine dei malacatterigi addominali, che in primavera suole venire all' acqua dolce. Dicesi anche cheppia.

Il lunedì, addi venti, a ora di terza, essendo preparato il pubblico concistoro dei cardinali, gli oratori, fatte montar le famiglie a cavallo, con altri prelati della nazione ch'eran venuti a levarli, e molti altri amici e le famiglie dei nostri cardinali, si avviarono verso il palazzo; ed erano cavalli in numero maggiore che quando entrarono. E nel passare il ponte Sant' Angelo si suonava dal castello trombe, squarciate, nacchere, tamburi ed altri stromenti; e giunti gli oratori sotto le mura furono sparate artiglierie grandissime, che per mezz' ora dopo le cavalcature non si potevano acquietare. E arrivati al palazzo, smontarono più in su che si potè, sicchè restava ad ascendere una sola scala; ed ascesa, furono nella sala della cappella, fabbrica assai vecchia, guarnita tutta di arazzi d'alto al basso, assai vecchi, colle armi di papa Paolo (1). Poi entrarono in un altro salotto nuovo, nel quale stava una buona quantità di Svizzeri colle alabarde in mano, alla guardia. Poi si picchiò ad una porta serrata e custodita da alquanti portieri e da alcuni Svizzeri; ed entrati in un altro salotto assai grande e spazioso, per un'altra porta, meglio custodita della prima, vennero in un gran camerone a volta, tutto posto ad oro, con infinite bellissime figure; e da ogni banda arazzi (che parevano vecchi e tristi, ma non erano) di seta finissima con oro in gran quantità; ed in faccia v'era una sedia papale coperta di damasco bianco con alcune opere d'oro per entro, assai bello. In uno dei canti v'era una lettiera alla cortigiana, alla foggia di campo, tutta guarnita di guaggeroni (2) larghi e franzoni d'oro; tutte le cortine e il cielo e intorno i piedi, d'oro tirato; e qui il papa non dorme. Di qui si entra in concistoro per una porta assai angusta e ben custodita; e Mat

(1) Pietro Barbo, veneziano, che fu papa sotto il nome di Paolo II dal 1464 al 1471.

(2) Gherone.

Vol. VII.

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teo Dandolo vi entrò avanti, e trovò che si orava in latino elegantemente da un avvocato concistoriale in una causa pertinente alle cose di Martin Lutero, e gli rispose un altro, e dettero in iscritto le ragioni loro (1). Era questa sala del concistoro grande come la nostra dei Pregadi. In capo v'era un tribunale di quattro o cinque gradi di altezza, guarnito intorno di bellissimi e finissimi arazzi, e sopra, alquanto discosto dai travi, era attaccato un baldacchino lungo e largo, come il coperto d'una lettiera francese; col suo guaggerone attorno, guarnito di frangie d'oro soprariccio tutto e molto ricco. Sul quale era la sedia del papa, alta tre o quattro piedi, tutta coperta di restagno, sopra cui sedeva Sua Beatitudine, apparata d' un camice e d'una stola, sulla quale avea un bellissimo e ricchissimo piviale di soprariccio, e in capo una mitria episcopale di tela d'oro tirato, che parea fosse lama battuta. Entrati gli ambasciatori, quelli avvocati seguitarono a orare; perchè è di necessità, quando è convocato concistoro pubblico, sia pure qual solenne udienza si voglia, che prima si tratti qualche causa pertinente alla Sede Apostolica. Si levarono dai loro luoghi il cardinal Cornelio e il Cardinal del Monte, l'uno primo diacono, l' altro primo prete; e andarono con tre umili riverenze ai piedi di Nostro Signore, al quale da uno dei suoi famigliari fu presentata un' altra mitria più episcopale, tutta carica di gioie preziosissime. E trattagli dal Cornelio quella d'oro e asciugatagli la testa col suo fazzoletto, e ripostavi quella di gioie, tornarono a sedere ai luoghi loro. Era il tribunale coperto da un bellissimo tappeto grande, sopra il quale non stava altri che il segretario seduto per terra, con uno dei secreti camerieri del papa; e giù dalli gradi a mano destra stavano in piedi tutti gli ambasciatori residenti in corte, ciascuno per l'ordine

(1) Queste esercitazioni retoriche non bastarono a frenare il corso della riforma in Germania,

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