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, e il mondo abbella, 130 Elvira mia, col tuo sembiante. Alcuno' Non l'amerà quant' io l'amai. Non nasce Un altrettale amor. Quanto, deh quanto Dal misero Consalvo in sì gran tempo Chiamata fosti, e lamentata, e pianta! 135 Come al nome d' Elvira, in cor gelando, Impallidir; come tremar son uso All'amaro calcar della tua soglia,

quella voce angelica, all' aspetto

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Di quella fronte, io ch'al morir non tremo!
Ma la lena e la vita or vengon meno
Agli accenti d'amor. Passato è il tempo,
Nè questo di rimemorar m'è dato.
Elvira, addio. Con la vital favilla
La tua diletta immagine si parte
Dal mio cor finalmente. Addio. Se grave
Non ti fu quest'affetto, al mio feretro
Dimani all'annottar manda un sospiro.

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Tacque: nè molto andò, che a lui col suono Mancò lo spirto; e innanzi sera il primo 150 Suo di felice gli fuggia dal guardo.

XV.

NELLE NOZZE

DELLA SORELLA PAOLINA

[Estate 1821.]

Poi che del patrio nido

I silenzi lasciando, e le beate

Larve e l'antico error, celeste dono, Ch'abbella agli occhi tuoi quest' ermo lido, Te nella polve della vita e il suono

Tragge il destin; l'obbrobriosa etate

Che il duro cielo a noi prescrisse impara, Sorella mia, che in gravi

E luttuosi tempi

L'infelice famiglia all' infelice

Italia accrescerai. Di forti esempi

Al tuo sangue provvedi. Aure soavi
L'empio fato interdice

All'umana virtude,

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Nè pura in gracil petto alma si chiude. 15

O miseri o codardi

Figliuoli avrai. Miseri eleggi. Immenso
Tra fortuna e valor dissidio pose

Il corrotto costume. Ahi troppo tardi,
E nella sera dell'umane cose,

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Acquista oggi chi nasce il moto e il senso. Al ciel ne caglia: a te nel petto sieda Questa sovr' ogni cura,

Che di fortuna amici

Non crescano i tuoi figli, e non di vile

Timor gioco o di speme: onde felici
Sarete detti nell'età futura:

Poichè (nefando stile

Di schiatta ignava e finta)

Virtù viva sprezziam, lcdiamo estinta.

Donne, da voi non poco

25

30

La patria aspetta; e non in danno e scorno Dell'umana progenie al dolce raggio

Delle pupille vostre il ferro e il foco

Domar fu dato. A senno vostro il saggio 35 E il forte adopra e pensa; e quanto il giorno Col divo carro accerchia, a voi s'inchina. Ragion di nostra etate

Io chieggo a voi. La santa

Fiamma di gioventù dunque si spegne
Per vostra mano? attenuata e franta
Da voi nostra natura? e le assonnate
Menti, e le voglie indegne,

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E di nervi e di polpe

Scemo il valor natio, son vostre colpe?
Ad atti egregi è sprone

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Amor, chi ben l'estima, e d'alto affetto
Maestra è la beltà. D'amor digiuna
Siede l'alma di quello a cui nel petto
Non si rallegra il cor quando a tenzone 50
Scendono i venti, e quando nembi aduna

L'olimpo, e fiede le montagne il rombo
Della procella. O spose,

O verginette, a voi

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Chi de' perigli è schivo, e quei che indegno È della patria e che sue brame e suoi

Volgari affetti in basso loco pose,

Odio mova e disdegno;

Se nel femmineo core

D'uomini ardea, non di fanciulle, amore. 60 Madri d'imbelle prole

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V'incresca esser nomate. I danni e il pianto
Della virtude a tollerar s'avvezzi
La stirpe vostra, e quel che pregia e cole
La vergognosa età, condanni e sprezzi;
Cresca alla patria, e gli alti gesti, e quanto
Agli avi suoi deggia la terra impari.
Qual de' vetusti eroi

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Tra le memorie e il grido

Crescean di Sparta i figli al greco nome; 70

Finchè la sposa giovanetta il fido

Brando cingeva al caro lato, e poi

Spandea le negre chiome

Sul corpo esangue e nudo

Quando e' reddia nel conservato scudo. 75

Virginia, a te la molle

Gota molcea con le celesti dita
Beltade onnipossente, e degli alteri
Disdegni tuoi si sconsolava il folle
Signor di Roma. Eri pur vaga, ed eri
Nella stagion ch'ai dolci sogni invita,
Quando il rozzo paterno acciar ti ruppe
Il bianchissimo petto,

E all'Erebo scendesti

Volonterosa. A me disfiori e scioglia

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Vecchiezza i membri, o padre; a me s' appresti,

Dicea, la tomba, anzi che l'empio letto
Del tiranno m'accoglia.

E se pur vita e lena

Roma avrà dal mio sangue, e tu mi svena.90
O generosa, ancora

Che più bello a' tuoi dì splendesse il sole
Ch'oggi non fa, pur consolata e paga

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