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gino Monaldo una quindicina di giorni. Da quest' ardente passione originarono una prosa (1816), non pubblicata mai, e due elegie in terza rima (1817); la prima delle quali col titolo Il primo amore comparisce fra i Canti approvati dall' autore, della seconda, scritta posteriormente, fu accolto nei Canti stessi, un breve frammento. La donna del primo amore nelle due elegie non è designata con altro nome; le altre che il poeta celebrò co' suoi versi hanno tutte nomi fittizi: Silvia, Nerina, Elvira, Aspasia. Le prime due furono giovinette popolane recanatesi, accasate vicino al palazzo Leopardi, donde si prospettavano le loro abitazioni e finestre; e morirono l'una e l'altra nel fiore degli anni. Sotto il nome di Silvia si deve intender Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa e tessitrice; la quale, nata nell'ottobre 1797, morì nel 30 settembre 1818. Giacomo, che dalle finestre della casa paterna la vedeva al telajo, se ne innamorò, come risulta dal canto A Silvia,

1 Vedi in questo vol. a pagg. 6 e 441.

nel maggio dell' anno stesso. Di questo amore il poeta tocca anche nell' idillio intitolato il Sogno; e forse al medesimo amore si rapporta la canzone giovanile, esclusa dalle poesie approvate, Per una donna malata di malattia lunga e mortale. Chi fosse Elvira, rappresentata nel Consalvo, non si è potuto fin qui accertare; ma, poichè questa poesia fu scritta probabilmente nei principi del 1821, è da credere anche lei recanatese, e probabilissimamente giovinetta non di umile condizione; potrebbe anch'essere quella stessa di cui egli parla nell' idillio La sera del dì di festa, e che non pare una popolana; nel qual caso un tale amore avrebbe durato un po' a lungo. Nerina era Maria Belardinelli, recanatese anche lei, nata di famiglia campagnuola il 15 novembre del 1800, e venuta con essa in città nel 1821. Le finestre della casipola da lei abitata stavano quasi di fronte a quelle della camera da letto di Giacomo guardanti a settentrione verso il carro di Boote. Era una biondina candidissima come la Nerina Galatea di

Virgilio, e morì il 3 novembre del 1827, circa un anno avanti all' ultima tornata di Giacomo in Recanati, che poi la celebrò estinta nelle Ricordanze. Vanno pure congiunti a'suoi scritti due amori fuori di Recanati per donne fiorentine, ambedue maritate, l'uno a Bologna nella primavera del 1826, l'altro a Firenze tra il 1830 e il 1833; nei quali provò l'infelice giovane le più acerbe delusioni. La prima fu Teresa Carniani moglie del conte Francesco Malvezzi bolognese, donna assai cólta nelle lettere, più graziosa che bella; della quale il Leopardi fa menzione nell' Epistolario, e teneramente nella lettera del 30 maggio 1826 a suo fratello Carlo, e fors' anco, ma non senza amarezza, nel Risorgimento, scritto credibilmente a Pisa nel 1828, quando ogni relazione amorosa per volontà della donna era già finita. L'altra era una gentildonna tuttora vivente, la quale egli, dopo averla amata due anni, consacrò alla posterità col nome di Aspasia nel canto così intitolato, ultimo di quelli d'amore. Silvia, Nerina, Elvira, Aspasia, ancorchè ne' canti del poeta idea

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lizzate, furono donne reali e dal poeta amate realmente, come io già dimostrai per primo in un pubblicato compendio di una storia degli amori leopardiani, la quale darò in luce, quando che sia, integralmente; e noto intanto che se parecchi, citando o no il fonte, hanno tratto profitto da tali notizie, altri avversarî impenitenti d'ogni vero storico nella poesia, senza darsi un pensiero dei fatti accertati o anche ridendoci sopra, hanno proseguito a parlar vacuamente degli amori stessi con la massima disinvoltura.

IX. - La lirica leopardiana, approvata dall' autore, comprende trentanove componimenti originali, inoltre due traduzioni di due piccoli frammenti di Simonide; e si estende, nel suo svolgimento completo, dal 1816 col frammento tratto dalla cantica Appressamento della Morte sino alla morte del poeta coi due canti Il tramonto della luna e La ginestra, che furono da lui composti negli ultimi tempi. Tutta questa lirica può di

1 Fanfulla della domenica, 4 aprile 1884.

vidersi in due grandi periodi, distinti l'uno dall' altro per caratteri di sostanza e di forma, senza escluder però che ne abbiano dei comuni e anche più vivi, quello del dolore segnatamente, che, sia pure trasformandosi, accompagna sempre la poesia leopardiana dal primo fino all'ultimo canto. Il primo periodo, stendendosi per circa otto anni dal 1816 al 1824, data dell' edizione bolognese delle Canzoni,' se non si vuole risalire allo scorcio del 1822, quando il poeta recandosi a Roma ne portò seco il manoscritto per la stampa, comprende principalissimamente le Canzoni suddette e gl' Idilli, che, sebbene pubblicati nel Nuovo Ricoglitore di Milano del 1825 e 1826, e di nuovo con altri versi indi a poco, quanto alla composizione appartengono al 1819. La lirica di questo primo periodo accoglie in sè i primi diciotto componimenti e di più tre fram

1 Canzoni del conte Giacomo Leopardi. Bologna, pei tipi del Nobili e Comp. 1824.

2 Versi del conte Giacomo Leopardi. Bologna, 1826. Dalla Stamperia delle Muse.

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