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§ XXXI.

SCRISSI A' PRINCIPI DELLA TERRA. Ai principali uomini della città. Terra per città è tanto comune presso gli antichi, e nello stesso Dante altrove, che mi sembra inutile arrecare altri esempi dopo quelli citati dal Carducci. I sostenitori dell'allegoria spiegano però terra per mondo, ed il Rossetti pretende che la lettera qui ricordata da Dante sia appunto quella che nel 1314 il poeta indirizzò ai cardinali del Conclave di Carpentras, saltando molto allegorica mente la difficoltà dei ventiquattro anni di tempo corsi fra una data e l'altra.

E QUESTO DICO.. Dà ragione perchè, servendosi del passo di Geremia, abbia dato cominciamento alla nuova materia.

CH'IO GLI SCRIVESSI SOLAMENTE IN VOLGARE. Guido Cavalcanti non dovea essere troppo tenero per la lingua latina, se, come pare, nemmen voleva che Dante introducesse nella Vita Nuova una Epistola già scritta ed in quel sermone. Così restano chiari i due versi dell'Inferno (X 62): Colui (Virgilio) che attende là per qui mi mena, Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.

§ XXXII.

Per cui tanto DOLORE..... Per cagione della quale tanto dolore mi distruggeva.

LA DIVIDERÒ PRIMA CH'IO LA SCRIVA. È chiaro da queste parole quanto si faccia male da alcuni a porre queste chiose a piè di pagina, e peggio ancora da altri a tralasciarle affatto. Anche il metodo del D'Ancona di situarle a colonna in margine non mi sembra il migliore.

QUESTA CATTIVELLA CANZONE. Cattivella, qui è nel senso di tapina, meschina, dolente. Il Boccaccio usò spesso cattivo in tal significato, più vicino all'originario prigioniero di quello attribuitogli posteriormente; Dec., nov. 85: Calandrino tristo e cattivo, tutto pelato e tutto graffiato a Firenze tornatosene; nov. 83: Oimè, cattiva me, vedi quello ch' io faceva; nov. 89: Messer lo medico tutto dal capo al piè impastato, dolente e cattivo.

CONVENEMI PARLAR TRAENDO GUAI. Non potendo più piangere, sfogherò il mio dolore con le parole.

DONNE GENTILI............. A § XIX, Canz.: Donne, ch'avete intelletto d'amore, Io vo' con voi della mia donna dire.

NON LA CI TOLSE QUALITÀ DI GELO, NE DI CALOR, SICCOME L'ALTRE FACE. Si confrontino attentamente queste parole dell'Alighieri colle seguenti meravigliosamente belle del Petrarca in morte della sua Laura (Trion. della Morte, I): Non come fiamma che per forza è spenta, Ma che per sè medesma si consume, Se n'andò in pace l'anima contenta:

A guisa d'un soave e chiaro lume

Cui nutrimento a poco a poco manca,
Tenendo alfin il suo usato costume.
Pallida no, ma più che neve bianca,

Che senza vento in un bel colle fiocchi,
Parea posar come persona stanca.

Quasi un dolce dormir ne' suoi begli occhi,
Essendo 'l spirto già da lei diviso,

Era quel che morir chiaman gli sciocchi:
Morte bella parea nel suo bel viso.

CHÈ LUCE DELLA SUA UMILITATE..... Lo splendore della sua umiltà passò i cieli con tanta virtù, con tanta forza, che fece meravigliare Iddio, sì che a questi venne desiderio di chiamare tanta salute, Beatrice.

NON È DI COR VILLAN SÌ ALTO INGEGNO..... Un cuore villano, senza spirito d'amore, non può avere ingegno si alto da poter pensare a lei sì, che gli venga voglia di piangere. PENSANDO. Attivamente, come spesso in Dante.

PIANGER DI DOGLIA E SOSPIRAR D'ANGOSCIA. Piangere per doglia e sospirare per angoscia.

OVUNQUE SOL MI TROVO. Il Fraticelli spiega qui ovunque per ogniqualvolta. L'idea è la stessa, ma qui Dante parla di luogo e non di tempo.

LABBIA. Faccia, aspetto.

LE TUE SORELLE. Le altre mie rime.

LETIZIA. Mentre Beatrice viveva, le sue virtù e bellezze erano argomento di letizia.

§ XXXIII.

UNO, IL QUALE SECONDO LI GRADI D'AMISTADE, È AMICO A ME IMMEDIATAMENTE DOPO IL PRIMO. Fratello di Beatrice; quale de' cinque, se Manetto, Ricovero, Pigello, Gherardo o Jacopo, è incerto. I due primi, come più adulti degli altri e quasi dell'età stessa di Dante, hanno maggiori probabilità dal canto loro.

Distretto di SANGUINITÀ. Stretto per sanguinità.

CORTAMENTE. Da breve tempo, testè.

E S'E' NON FOSSER, DI DOLOR MORREI. Perchè coi sospiri il dolore si sfoga.

PERÒ CHE GLI OCCHI..... Io spiego così: Tralascio di piangere la mia donna, però che gli occhi mi sarebbero rei, mi si negherebbero; se le lagrime non mi fossero negate, sfo

gherei il mio cuore, il dolore che vi si contiene, piangendo e non parlando. Ĉfr. la prima stanza della precedente can

zone.

VOI UDIRETE LOR. I sospiri.

AL SECOL DEGNO..... In cielo.

IN PERSONA DELL'anima dolente. Da parte dell'anima dolente. Dicevano gli antichi: Io ti parlo in persona di Tizio, di Caio, a voler dire da parte di essi Tizio e Caio; l'interpetrazione del Giuliani non è quindi molto esatta.

DALLA SUA SALUTE. Sbaglia il Fraticelli spiegando qui salute per saluto. Il Giuliani meglio: abbandonata dalla sua salvezza, beatitudine.

§ XXXIV.

Così DISTRETTA PERSONA DI QUESTA GLORIOSA. E nel capitolo precedente: questi fu tanto distretto di consanguinità con questa gloriosa.

LE MIRA. Le Osserva, le legge.

M'ASSEMBRA. M'aduna.

PORTERAI. Sopporterai.

NEL SECOLO. Nella città.

DALLA SUA CRUDELITATE. Dalla morte.

PERCHÈ IL PIACERE DELLA SUA BELTATE. In questi versi meravigliosi tutto è chiaro. Beatrice, divinizzata, sta per toccare l'apice della perfezione celeste.

§ XXXV.

DISEGNAVA UN ANGELO SOPRA CERTE TAVOLETTE. Sembra che Dante non fosse al tutto rozzo nelle arti del disegno, anzi che in esse si esercitasse alquanto.

VIDI LUNGO ME. Al § XXIII: Una donna giovane e gentile, la quale era lungo il mio letto.

Altri era testÈ MECO. L'immagine di Beatrice.

NEL CIEL DELL'umiltate ov'è MARIA. Questo concetto l'aveva il poeta già espresso nel § XXIX. V. la nota a quel paragrafo.

LO SUO VALORE..... .... Il valore di Beatrice vi guidò, e qui si rivolge agli uomini, a' quali si convenia di fare onore, a guardare ciò che io faceva.

AMOR CHE NELla mente la sENTIA. Amore sente Beatrice nella mente, perchè la ricorda.

OGGI FA L'ANNO CHE NEL CIEL SALISTI. Questo sonetto è fatto quasi per annovale di lei.

§ XXXVI.

UNA VISTA DI TERRIBILE SBIGOTTIMENTO. Un'immagine terribilmente sbigottita.

QUANT' ALLA VISTA. A quanto potea congetturare dalla sua vista, dal suo sembiante.

E' NON può essere, che con quella pietoSA DONNA NON SIA NOBILISSIMO AMORE. Amore, come qualità intima dell'anima, nel pensiero fra il platonico e l'ascetico dei tempi di mezzo, può esistere ancora come germe, senza di quello sviluppo che a noi sembra necessario.

IN QUESTA RAGIONE. In questo ragionamento.

VIDERO GLI OCCHI MIEI QUANTA PIETATE. Nella prosa: Tutta la pietate pareva in lei accolta.

GLI ATTI E LA STATURA. Il Fraticelli interpetra statura per stato, condizione, il Giuliani per positura, ma questa è una delle voci usate da Dante a significare tutto ciò che

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