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DELLA

VITA NUOVA DI DANTE

STUDIO CRITICO

DELLA VITA NUOVA DI DANTE

1.

La vita di Dante, in tutta la semplicità di un abito modesto, direi quasi casalingo, ma degno nel tempo stesso di un tanto uomo, come gioverebbe moltissimo agli italiani, non ancora fu scritta. E così tanta parte di nostra gloria, tanto decoro della patria, tanta virile fermezza d'ingegno ed altezza d'immaginativa resta ignota alle plebi, le quali vengono su senza carattere e senza stimoli.

Le biografie scritte dagli antichi, se hanno qualche valore come documenti storici, da esaminarsi tuttavia con critica cauta e sospettosa, non ne possono più avere alcuno come scritti letterari e popolari. Tale quella del Boccaccio, tale quella del Manetti,1 di Lionardo Aretino,

1 Pubblicata dal MEHUS, che la dice scritta dopo il 1436, ricordandovisi la vita di Dante composta dall'ARETINO in tale anno, come ci fa sapere il Cod. Med.-Laur. Plut. xxxII, Num. XVII.

1

via, si è venuto al Rossetti, al Fraticelli ed al Balbo. Il Bartch, il Witte, il Principe di Sassonia, il Blanc ed altri hanno fatto coro agli Italiani, ed ecco composto un centone in gloria del nostro poeta, ed ecco formato un esercito di chiosatori, di indagatori, di critici, dalle opinioni più diverse, scorrazzanti il campo Dantesco in mille stranissime fogge.

È piccolo il passo dalla Commedia alla vita dell'Alighieri, che anzi questa s'avviticchia a quella come l'edera al tronco, vi si riflette come in uno specchio, a quando a quando la anima di tutta la veemenza di fiere passioni, del dolore dell'esule, dell'esultanza del giusto, e fa di sè stessa centro, intorno al quale i colori più disparati si succedono, si intrecciano, intorno al quale si muove come su cardine naturale tutto un mondo e tutta una civiltà. È l'Io che diventa universo, è la personificazione di tutto in un solo; da quell'Io partono sprazzi di luce come da un astro, folgori come da Giove, lunghi, profondi, intensi lampi d'affetto, parole d'odio fredde, acuminate, luccicanti, terribili. Venti anni della vita dell'Alighieri sembrano secoli, e secoli vissuti nella febbrile attività del lavoro, tra la ruina e l'orgoglio di mille troni, lo sfacelo di più civiltà, il sorgere di nuove virtù, di nuovi vizii; sovra

tutto, saldo come roccia di granito, sta il genio di un uomo.

Scrivete la vita di Dante senza citar mezza la sua Commedia, studiate questa e trascurate la Vita Nuova, le Rime, il Convito, il libro De Monarchia, de Vulgari Eloquio, ed avrete fatto l'impossibile. Fresca ancora dell'olezzo antico, Beatrice vi si presenta al sommo del Purgatorio, vi si presenta come nell'operetta giovanile del poeta, bella, soave, piena di mondane virtù nel suo indiamento. Se non avremo conosciuta la fanciulla fiorentina, non conosceremo i simboli arcani di questa bellezza ideale. Ma lassù, nella luce limpidissima, abbagliante degli spazi celesti, da que' lucenti corpicini è svolta tutta una teoria filosofica, tutto il mondo Aristotelico del Medio Evo, è poetizzato il convito della scienza; di questo soave stil nuovo dettato dagli impeti del cuore, di questo stile cui padre fu il Guinicelli1 cercate nel libro de Vulgari Eloquio, e ve ne troverete la storia, la ragione, lo sviluppo; cercate nella Monarchia, ed aguzzate lo sguardo in quest'opuscolo, ove nel cozzo dei due stati,

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