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mone la realtà, affermiamo che questi sogni, queste subite apparizioni sono cose fabbricate di pianta dall'autore, ma da ciò non possiamo trarre argomento per negare tutto l'amore Dantesco.

I poeti, più o meno, sognarono tutti, e tutti sognarono appunto essendo desti. Che farci? Questa de' sogni è una merce tutta loro, ed essi ne usarono senza scrupoli in ogni caso, ne usano e ne useranno sempre. Quando nella mente dell'artista volano mille fantasie strane, quando altri mondi, altre vite, idealità nuove, nuove ebrezze vi dominano, permettetegli allora di manifestarvi i suoi palpiti, i suoi sogni. Tali i fanciulli riveggono nelle ore della notte le tregende dei morti apprese dalla nutrice e narrano indi il sogno sbigottiti; tali anche i pazzi abbracciano col cervello sconvolto mille larve.

I sogni furon chiamati fantasie ne' versi lisciati alla Francese, bizzarie, scherzi nelle liriche del Heine, presero forma più certa ed animarono anche la scena, come nel Goethe e nel Byron, ma non cessarono mai di esser sogni. Il secolo decimoterzo, nemico delle figure incerte e volatili della poesia Tedesca, della Rêverie dei poeti Francesi, dello strano barcamenarsi degli Spagnuoli fra il reale ed

il fantastico, volle dar forma più stabile al concepimento artistico; ond'è che nella Vita Nuova l'apparizione d'amore ha sempre tutti i corollari che seguono un vero incontro, il sogno è accompagnato dal di e dall'ora quando

esso avvenne.

Che se volessimo torre il fantastico, e negargli quell'indiretto valore reale che ha sempre avuto, non solo Beatrice non sarebbe la donna di Dante, ma nemmeno Laura quella del Petrarca, nemmeno Margherita una delle tante del Goethe, e nemmeno Fiammetta, la bella e facile amante, l'adultera nipote dei tre santi Luigi di Francia, Tommaso d'Aquino ed Eleazaro di Sabran, 1 nemmeno questa una delle molte voluttuosamente amate dal Boccaccio.

Cedano pure le ragioni sopradette; resta sempre nella Vita Nuova quel mistico linguaggio, il quale se applicato ad un essere ideale. potrà spiegarsi facilmente, applicato invece ad una realtà di donna si chiuderà sempre più nel suo buio. La Beatrice il cui nome non è compreso da nessuno, la Beatrice che veramente beatifica, che è donna della mente, che è

1 V. CASETTI: Il Boccaccio a Napoli. Articolo della Nuova Antologia (Vol. XXVIII, pag. 557).

nemica di tutti i vizi e regina di tutte le virtù, non può, non deve essere una giovanetta fiorentina.

È con questo ragionamento che noi mo

striamo di tenere in non cale tutta una civiltà, civiltà tanto singolare, tanto difficile a studiarsi, complessa, varia, di cui ho accennato in brevi parole gli elementi constitutivi. Torni il critico sovra di essi, non curi le mie ciarle, formi da sè tutta la filosofia del secolo di Dante, la applichi al grande Fiorentino, e solo allora, riletta attentamente la Vita Nuova, consideri le obbiezioni riguardanti questo mistico linguaggio; ei se le vedrà svanire nella mente quasi senza che se ne accorga.

Argomenti di fatto, relazioni di date, studio dei tempi, tutto ci mostra la realtà della donna amata da Dante, mentre il Bartoli, a parole tanto nemico di tutto ciò che è convenzionale, messa su una falsariga di continue idealità, torce a suo verso e Cino da Pistoia e Guido Cavalcanti e l'Alighieri e tutti i figli della nuova scuola Toscana. Resta sempre però ch'ei ci dica del Petrarca, come si venne al suo pensiero erotico poetico, che differenza

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1 Parlando delle donne amate dai poeti coevi di Dante il BARTOLI (St. della lett. v. IV) cerca di dimostrare che esse furon tutte idealità.

v'ha fra l'amante di Laura e gli altri di poco precedenti, o schiettamente, se così gli par meglio, che se il buon Francesco almanaccava tanto sugli occhi desiati, lo faceva come un successore del poeta della rettitudine; spiegate il Petrarca con Dante, e gli sguardi della bella Avignonese saranno le dimostrazioni della filosofia.

VI.

Dante chiamò quest'operetta Vita Nuova non perchè vi si tratti della vita giovanile, come a torto vorrebbe il Fraticelli, il quale, accampando anche qui argomenti assai deboli e di

poco conto, fila un bel numero di citazioni per mostrarci che nuovo per giovane fu spesso in uso presso gli antichi, dimostrazione di cui potea fare a meno, non avendogli mai nessuno negato tal cosa. Ma v'è gran tratto dall'affermare un principio al volerlo applicare ad un caso speciale; non bisogna soltanto dimostrar quello, bensì anche l'applicazione.

La Vita Nuova di Dante non è la vita giovanile, è la vita dell'amore che rinnovella l'animo, che lo afforza nella sua esistenza, che mentre lo lega con nuovi vincoli, lo emancipa,

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1 D. ALIGHIERI: Opere minori colle note del Fraticelli. Vol. II, p. 6.

lo libera dalle pastoie della fanciullezza, belle talvolta, care, spensierate, sulle quali si corre colla memoria come sovra un idillio da secol d'oro; ma vane, ma instabili, ma inette a venire a nulla di concreto, pastoie proprie degli anni della nostra vita, nei quali, a dirla con Dante, poco si potrebbe leggere. Quando però cominciano le idee a fermarsi, a rendersi meno volatili, più tenaci, quando un dolore, un piacere, un affetto allinea i primi fili, cui sovente si intesse tutto lo stame della nostra esistenza, allora il fanciullo comincia a vivere di una vita propria, allora egli è come rigenerato. Tal rigenerazione il nostro poeta chiama con frase scultoria Vita Nuova, nuova in contrapposizione della vecchia menata negli anni puerili, dove sotto rubriche più logore e con carattere sbiadito è scritto assai poco.

Come Dante s'innamorasse di Beatrice a nove anni, qual genere d'amore fosse il suo a tale età, son cose che ho già accennate. Fanciullo, compagno forse di giuochi della piccola Portinari,1 per simiglianza di carattere, come spesso avviene nei bimbi, ei l'avrà preferita

1 Il BOCCACCIO nella Vita ci descrive un incontro puerile di Dante con Beatrice in una festa in casa Portinari il primo dì di maggio.

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