Abbagliare. E come l'occhio più e più v'apersi, Ed una spada nuda aveva in mano, La vista mia che tanto la seguìo, E a Beatrice tutta si converse; Ma quella folgorò nello mio sguardo Si che da prima il viso nol sofferse. Purg. IX. 79. Par. III. 124. (E Pacino Angiolieri; Sofferon gli occhi la veduta appena. ) Come si fece subito e candente (infocato) Par. XIV. 76. * Par. XXXIII. 76. L'occhio da presso nol sostenne, (l'Angelo) Ma chinail giuso. VOL. 1. Purg. VIII. 34. Purg. 11, 39. 1 E per la viva luce trasparea La lucente sustanzia tanto chiara, Che il viso mio non la sostenea. L'aspetto suo m'avea la vista tolta. Un lume, che lì era Tal, che mi vinse, e guardar nol potei. Ogni aspetto (vista) Creato è vinto pria che vada al fondo. Fiso nel punto che m'aveva vinto. (Tolle agli occhi miei tutto il valore. Cino XL.) Par. XXIII. 31. Purg. XXIV. 142 Purg. xxvII. 59. Par. I. 29. Par. xxv. 27. Par. XXIX. 8. Par. xxx. 11. Par. v. 3. Par. XIV. 58. (E certi sono tanto vincenti nella purità del diafano, che diventano si raggianti, che vincono l'armonia dell'occhio, e non si lasciano vincere sanza fatica del viso. Conv. III. 7.) Un punto vidi che raggiava lume Acuto sì, che il viso, ch'egli affoca, Chiuder conviensi, per lo forte acume. Chè la bellezza mia... tanto splende, Che il tuo mortal podere al suo fulgore Sarebbe fronda che tuono scoscende. Io levai gli occhi a' monti, Che gl'incurvaron pria col troppo pondo. (che prima per troppa luce erano abbassati). Par. xxvII. 16. Par. XXI. 7. Par. xxv. 38. Come sole (scema) il viso che più trema. Par. xxx. 21. (Elle soverchian lo nostro intelletto, Come raggio di sole un fragil viso. Dante, Canz. xv. 4.) E come al lume acuto si disonna Per lo spirto visivo che ricorre Allo splendor che va di gonna in gonna, Gli spiriti visivi, sì che priva Così mi circonfulse luce viva, E lasciommi fasciato di tal velo Par. XXVI. 70. Del suo fulgor, che nulla m'appariva. Dicendo: Intanto che tu ti risense Par. xxx. 46. Della vista che hai in me consunta, Ben è che ragionando la compense. Par. XXVI. 1. Ond' io presunsi Ficcar lo viso per la luce eterna, Tanto che la veduta vi consunsi! Per veder non vedente diventa. La parte in me che vede e pate il sole. L'umana vista il troppo lume avanza. Par. XXXIII. 82. Par. xxv. 120. Par. xx. 31. Par. XXVI. 20. Petrarca, Canz. VIII. 6. Nè mortal vista mai luce divina Son. 100. Che mortal guardo in lei non s'assicura. Son. 103. El Sol vagheggio sì, ch'egli ha già spento (Par. xxvI. 1.) Son. 158. Col suo splendor la mia vertù visiva. Poi ch'i' soffersi gli occhi suoi da presso. Il suo splendor sì gli occhi assalta, Riaversi dall' abbagliaggine. Intanto che tu ti risense Della vista... Poichè... il viso riformossi. Ariosto n. 56. III. 67. Par. XXVI. 4. Purg. XXXII. 13. Quindi ripreser gli occhi miei virtute A rilevarsi. Di novella vista mi raccesi. Par. XIV. 82. Par. xxx. 58. Ariosto, III. 6. (Bella forma di dire! Ripresi una vista più forte della prima. B. Bianchi.) Mi riebbi. Far riparo delle mani o di altro alla soverchia luce. Quand' io senti' a me gravar la fronte Ond' io levai le mani in ver la cima Delle mie ciglia, e fecimi il solecchio, Purg. xv. 10. (che tempera e scema la forza del troppo lume. - Frase meravigliosamente poetica per naturale vivacità. Ranalli.) Beatrice mi guardò con gli occhi pieni Di faville d'amor, così divini, Che, vinta mia virtù, diedi le reni, E quasi mi perdei con gli occhi chini. Che è quel, dolce Padre, a che non posso Abbandonare. Ma Virgilio n'avea lasciati scemi Di se... Pur ier mattina le volsi le spalle. (Petr. Canz. 1. 2.; Son. 4. p. 4.; Canz. 1. 1. p. 4.) Demmo lo dosso al misero vallone. (Terga dederunt, Virg. Æn. ix. 686.) Par. Iv. 139. Purg. xv. 22. Purg. xxx. 49. Inf. xv. 52. Inf. XXXI. 7. Lasciolla soletta. Inf. xvIII. 94.-Vedova, sola. Purg. vi. 113. Ma l'orbita... è derelitta. Par. XII. 112; Par. ix. 134. Dalla qual non fui diserto. Inf. xxvi. 102; Purg. vi. 103; Par. xv. 119. Quel valore amai Al quale ha or ciascun disteso l'arco. Chè quanto aver più lo dovea in favore, Purg. xvi. 47. N'è stato il fedel popol più deserto. Ariosto, XXXIV. 64. Agramante, ch'intanto avea deserta — L'armata... XL. 36. Ma, lassa! indietro alle mie patrie mura Pur le luci volgea di pianto asperse; Potea partendo saziarle appieno. Fea l'istesso cammin l'occhio e il pensiero, E mal suo grado il piede innanzi giva... Tasso, iv. 54. 55. Abbandonato d'ogni soccorso. Tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona. Par. xvi. 106. Pensa, Lettor, s'i' mi disconfortai Nel suon delle parole maledette. Inf. vIII. 94. Abbassare Scendere al basso. Purg. XII. 63. E l'uno il capo sopra l'altro avvalla. Che vergine che gli occhi onesti avvalli. Purg. xxviii. 36. Ora avvalliamo omai Tra le grandi ombre. Onde '1 Nilo s'avvalla. Avante (il fiume Acquacheta) Che si divalli giù nel basso letto. Ficca gli occhi a valle. Non restò di ruinare a valle. Adima il viso, e guarda. Intra Siestri e Chiavari s'adima Una fiumana bella. Questa isoletta intorno ad imo ad imo, Laggiù, colà dove la batte l'onda. Come d'un rivo Se d'alto monte scende giuso ad imo. Purg. vi. 43. Inf. xxxiv. 45. Inf. XVI. 97. Inf. xII. 46. Inf. xx. 35. Par. XXVII. 77. Purg. XIX. 100. Purg. 1. 100. Par. 1. 137. |