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che la maggior parte di loro se ne uscirono e se ne andarono. Al contrario si è veduto a mio tempo in tutte l'altre città, e massime in quelle di Borgogna, le quali vennero all' obbedienza di S. M. l'anno 95, come in Beona (Beaune), Dijon e altre, che a dispetto de' governatori si dierono al re, tutto che avessero anco le cittadelle, e quelle che non si sono date è certo che fu per non averlo potuto.

E poi i Francesi hanno questo per natura, che si come con impeto si partono assai facilmente dal loro debito, così anco ritornan presto con la medesima facilità e volontà. Da questo è nato che sperando il re oggi di aver l'una e domani l'altra, per tante pratiche e trattati che aveva per tutto, sempre sia camminato pian piano ad accordar i capi principali, perchè attendeva sempre di averle per altro modo, che per loro mezzo, come fu particolarmente di Vienna in Delfinato. E poi, sebbene v'era un governator generale in ogni provincia della lega, ciascuna città però aveva il suo governatore particolare, e questi vivevano in grande diffidenza con il capo e tra loro medesimi; di modo che non fidandosi l'uno dell' altro, come suole per ordinario avvenire a tutti coloro che operano malamente, ed eccitati dal loro interesse medesimo, ognuno desiderava di far la sua fortuna con il re; sì che oggi accordando S. M. l'uno, e domani smembrando quell' altro, ridusse in breve il duca di Umena (1) in camicia. Onde vedendosi Sua Eccellenza in disgrazia de' Spagnuoli e abbandonato da' suoi, nè avendo per altra maniera il modo da difendersi, gli convenne buttarsi al fine nelle braccia del re, e accomodarsi a quei partiti che io avvisai. Così per queste vie S. M. nel mio tempo s' impadroni della Provenza, del Delfinato e della Borgogna; mise la quiete nella provincia del Lionese; accomodò le cose della Linguadoca, che per la metà era fuori della sua obbedienza; pose pace nell' Overgna e Borbonese prendendo Mombrisson, Mompensier e San Porcino (Château-Porcien) ed altri piccioli ricetti che incomodavano quei paesi e rompevano il cammino da Parigi a Lione; liberò la medesima città di

1) I duca di Mayenne capo della Lega, come più sopra abbiam detto.

Parigi da un'infinità di danni che pativa per le correrie di quelli di Soissons (1), e con aver preso Ham sulla Somma, e poi la Fera, assicurò due terzi di Piccardia, portando per questi mezzi l'armi, ch'erano nel core del regno, tutte sulle frontiere. E questi sono i frutti che ha ricevuti S. M. dalla pubblicazione della guerra contro il serenissimo re Cattolico.

È vero che questi prosperi successi negli affari del re causarono un altro effetto contrario al suo servizio; perchè ingelosita la regina d'Inghilterra, che, come inglese, sempre deve aver sospetta la grandezza francese, sebbene di questo non vi sia con ragione da dubitar per un pezzo, e amando essa di aver il corpo di quel nobil regno nè sano nè infermo in tutto, ma convalescente, in modo che sempre abbia bisogno di stare appoggiato a lei, cominciò a poco a poco a rivocare i suoi aiuti, e quelli massime ai quali era obbligata per una capitolazione antica incominciata fino dal tempo del re Carlo e conclusa a Blois, e poi di tempo in tempo confermata, che era di tener in Francia 6000 fanti pagati e certo numero di navi sul mare con alcuni soldati, sempre che ne fosse richiesta, come all' incontro il re, per la difesa di quel regno, era tenuto d'aiutarlo con 3000 fanti e 2000 cavalli. Cosi adunque, nel maggior ardore delle cose di Bretagna, richiamò il colonnello Noris con i suoi soldati, e sebbene essa il facesse sotto pretesto dei moti d' Irlanda, eccitati dal conte di Tirone, come scrissi, tuttavia il vero fu che essendo insospettita di questi successi e stanca della spesa, liberata dal travaglio del porto di Brest, nel quale era tanto interessata finchè stava in mano degli Spagnuoli, cominciò a volersi assicurare ed alleggerire. A questo era grandemente sollecitata e consigliata anco da quel suo gran tesoriere (2), il quale i Francesi molto temono che possa esser stato guadagnato con i denari di Spagna; e a me disse un giorno il signor di Bellievre, ch'è ministro che molto sa e poco parla (3), e dice di queste cose di saperle certo,

(1) Allora in mano di Carlo di Borbone non ancora rappacificato con Enrico IV, e del quale è fatto parola più innanzi.

(2) Guglielmo Cecil barone di Burleigh, uno dei principali uomini di stato dell'Inghilterra al tempo di Elisabetta. Mori in questo medesimo anno 1598.

(3) II Duodo discorre più innanzi di questo ministro di Enrico IV.

APPENDICE.

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che in una sola volta ebbe da quel re 40,000 scudi. Con tutto questo però, per coprire la regina la sua intenzione, giudicando che non l'avria ottenuto, fece domandar al re per il suo agente, come a me disse, che non avendo alcuna sicura ritirata per i suoi soldati, per mancamento di che l'anno innanzi avevano avuto due gran strette dal duca di Mercurio (1), fosse contento di darle Morlaix, che è porto dirimpetto all' isola d'Inghilterra; volendo dalla negativa del re prender pretesto della sua ritirata. Ma S. M. procedendo anch'essa con i medesimi artificj, glielo promise prontamente, ma sotto mano fece che il maresciallo d' Aumont (2) negasse di consegnarglielo; e così restarono le cose, ritirando in questo mentre la regina i suoi soldati.

Si vede per manifesto segno che il tutto procedette dalle gelosie sopradette, perchè certa cosa è che dopo la presa, che fece il re, di Parigi, non è mai più concorsa la regina così prontamente nè largamente come fece innanzi in soccorrer S. M., sebbene i suoi predicassero che questo fosse per molti disgusti che passavano fra quelle corone. Questi gl' Inglesi dicevano nascer per molte promesse fatte alla loro regina, che non erano state attese; la prima, di mandar il duca di Mompensier a far la guerra in Bretagna, il quale speravano, come principe del sangue, che, per il molto seguito che avria avuto in quelle parti, avesse potuto far la guerra al duca di Mercurio e agli Spagnuoli con molto avvantaggio, e non avendolo mandato, parer pensiero de' Francesi di lasciar tutta quella guerra sulle braccia della regina; la quale, ricuperato il porto di Brest, poco si curava di Blavet o d'altre piazze che potessero tenere gli Spagnuoli in Bretagna. L'altra cosa che predicavano esser stata promessa e non attesa, fu di fortificare i porti più sospetti, che dalla Bretagna guardavano quell'isola, per potersi anch'essi assicurare per questa via che gli Spagnuoli non s' impadronissero all' improvviso d' alcuni d'essi ;

(1) Mercoeur. della casa di Guisa, capo dei Ligari in Bretagna; sottoscrisse una tregua con Enrico IV nel 1595, e fece poi la sua intera sottomissione nel 1598. (2) Giovanni d' Aumont, morto nel 1595 combattendo appunto contro il duca di Mercoeur.

cosa che non si è fatta nè in tutto nè in parte, non per altro se non perchè il re, travagliato per tanti versi, non n'ha avuto il tempo nè il modo.

Queste diffidenze furono anco causa che dovendo la regina mandar certo numero di soldati per aiuto delle cose di Piccardia, non lo facesse se non assai tardi, e che per difetto di soccorso Cambray se ne passasse in potestà de' Spagnuoli (1); che se S. M. vi avesse avuto gente, essendo subito accorsa in posta da Lione a Parigi con grande incomodo della sua vita e con aver lasciate imperfette tutte le cose sue, al sicuro quella piazza non si perdeva; perchè intendendo gli Spagnuoli la sua venuta, il conte di Fuentes particolarmente voleva levar l'assedio, e se Rona, di nazione Lorenese, ma per abitazione suddito di Sua Maestà, non l'avesse dissuaso, al sicuro l'avria fatto.

Non si può negar che queste cose non portassero all' animo del re disgusto notabilissimo, ma essendo nelle necessità estreme e maggiori, convenne anch'esso andar dissimulando, e fare come i buoni medici, che dagli animali e dalle piante maggiormente venenose compongono la teriaca e gli altri medicamenti che adoperano contro il veneno. Cosi fece S. M., perchè dissimulando tutte queste cose mandò Lomeni (2), segretario del suo gabinetto, in Inghilterra per procurar nuovi aiuti; ma essendo proceduto costui un poco più sinistramente che i bisogni e il tempo non ricercavano, in cambio di ordinare, quasi confuse il tutto. Perchè essendo andato con pretesto, se il suo re non fosse stato aiutato, che avria fatta la pace con Spagna, ed altro, alterò grandemente l'animo della regina, onde aperse maggiormente la porta al tesoriero di fare offic contrarj, e si convenne affaticar e travagliar assai dai ministri di lei per acquietarla; dal che nacquero poi le missioni degli ambasciatori e le tante cose che succederono. E conoscendo il re che il dimandar aiuti in particolare non gli portava se non pregiudicio per le esorbitanti proposte fatte

(1) Il 9 ottobre 1595.

(2) Questo Antonio di Loménie, morto nel 1638, lasciò alla Biblioteca Reale la preziosa raccolta di documenti storici conosciuta sotto il nome di Fonds de Brienne.

dalla regina, si risolse di ricercarli per altro verso. Perchè venendo l'ambasciatore, che fu il signor Enrico Hamton, gentilissimo cavaliere, il quale poi mori a Coucy, con ordine di offerir aiuti nel generale al re, ma poi nel particolare delle condizioni domandandogli o Bologna o Cales per pegno delle spese fatte, e che aveva da fare; S. M. alla prima proposta non rispose se non che ringraziava la regina, ma che dopo perduto Cambray i suoi aiuti erano tardi, e che essendo interessata quanto lui nella grandezza del re di Spagna, dovesse molto ben pensar quali aiuti fossero necessarj e quello che potesse dire il tenerlo in queste necessità; che quanto a lui non ricercava alcuna cosa in particolare, ma star a lei a portare ad un'infermità comune quel rimedio che bastasse anco per assicurar sè stessa. E per tanto maggiormente ingelosir la regina, e farlo creder all'ambasciatore, finse una lettera, come scritta da monsignor Lomellino al signor Alessandro dal Bene, per la quale appariva che il papa non aspettasse altro che la risoluzione del re per far la pace col re di Spagna, copia della quale mandai all'EE. VV. L'ambasciatore sopra questo, come mi confessò, restò grandemente confuso, vedendosi mutato tutto il negozio nelle mani, accompagnato massime da queste circostanze credute da lui, le quali grandemente il travagliavano; e tutto che facesse istanza di nuovo perchè il re più particolarmente volesse dichiarar la sua volontà, per aver occasione di eseguire tutte le sue commissioni, il re però mai volle farlo, nè potè ottener altro in fine che questo tanto, che S. M. gli promise, quando fosse aiutata da dovero, di non far mai senza la regina pace col re Cattolico, rimettendo però il trattar delle' particolari condizioni ad un'assemblea di ministri dell' una e dell' altra parte, che doveva tenersi alle marine di Francia per quest' effetto, come io scrissi.

Mentre erano sopra queste risoluzioni, e che l'agente della regina se ne passava in quel regno per mettervi ordine, gli Spagnuoli si spinsero sopra Cales, e in tanto che gl' Inglesi ei Francesi tra queste discordie non potevano accordarsi insieme, procurando gl' Inglesi di volersi avvantaggiare con le necessità del re, e S. M. essendo risolutissima in non voler

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