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levano fidare l' una dell' altra, onde saria buono che le fortezze di Milano fossero deposte o in mano della santità del pontefice o in mano di questa eccellentissima republica, fino a tanto che si adempissero le altre promesse; sua maestà gli disse che essendo sua santità troppo vecchia, la quale morendo potria rompere ogni buona opera che fusse incominciata; ed essendo la serenità vostra troppo potente in Italia,da credergli 'questo stato; voler fidarsi dell' imperatore, pur che esso rimeltesse un poco delle condizioni che gli proponeva. E nel partir ch'io feci dalla corte, pigliando licenza dal reverendissimo cardinal di Lorena, qual è gentilissimo signore, e di natura sua studioso della pace, sua signoria reverendissima mi disse che per uno secretario dell'imperatore, qual portò al re cristianissimo la confirmazione della tregua, aveva mandato a dire alla maestà cesarea a nome suo, che essa fusse contenta lasciare un poco della sua durezza, che prometteva di dargli la pace.

Alle quali cose si aggiungono anco dui rispetti che movono assai l'animo del re cristianissimo a far alcuno accordo con l'imperatore. L'uno è, che gli Sguizzari mal volentieri consentono che sua maestade tenendo per se lo stato di Savoja, se gli avvicini tanto che abbiano a temere che essa col tempo voglia da loro molti lochi che godono dello stato predetto, e il ducato di Chiabletz (Chablais), nel quale vi sono moltissime terre, come Losanna, Tonon, Viviano (Vevay), Colonge, Ginevra, che sono luoghi che essi Sguizzari hanno occupato da poco tempo qua della Savoja. Nè faria molto per esso re stargli cosi appresso, perchè, o conveniria sopportar molte ingiurie

in

Non cedergli, ma commettergli. ( Tommaseo)

che essi Sguizzari sempre fanno alli suoi vicini, o conveniria far guerra con loro, la qual gli saria di molto danno, che si privaria del servizio di quella nazione, senza la quale sua maestade malamente puol fare alcuna impresa; avendo spezialmente conosciuto gli legionarii della Francia, instituiti già con tanto nome, non riuscire in quel regno, si per esser villani nati ed allevati

nel continuo servire, e senza aver vedute, non che adoperate mai, l'armi, sì perchè ne nasceva quello che è necessario che nasca dalle mutazioni preste che si fanno dall' uno estremo all'altro; che come dall'estrema servitù erano messi una fiata in la licenzia e libertà delle armi e della guerra, non volevano più obbedire alli loro padroni. Di modo che gli gentiluomini di Francia si son dogliuti col re cristianissimo assai volte, dicendo a sua maestade, che con dar l'armi loro a' villani, e con farli esenti dalle consuete gravezze, ha fatto ch'essi a poco a poco hanno perso la obbedienza e i privilegi loro, e che in breve tempo quelli si faranno gentiliuomini, ed essi villani. Onde, e per questo, e perchè in vero non erano buoni a far impresa alcuna, detti legionarii vanno ogni di mancando; e sua maestade, priva di armi proprie, è sforzata di aver ricorso a soldati alieni e mercenarii, tra li quali li Sguizzari, per tante esperienze delli tempi passati, sempre è la più certa e miglior banda che abbia. '

L'altro rispetto è la santa lega, deliberata dalla se

Non sono questi asserti gratuiti dell' oratore: Dice Du Bellay in tuono di commiserazione: « Vous connaissez tout aussi bien que moi quels gens a de guerre sont les Français à pied. » (L. VI.) E più oltre: « Tout notre « refuge et espérance gissait és lansquenets et Suisses. Ed altrove (L. VII.) parlando dei lanzichenecchi « Notre principale force etait de cette na

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renità vostra contra il Turco, la quale gli ha dato in la corte di Francia tanta riputazione e tanto nome, che, se il nostro signor Dio gli darà egual ventura (come è da sperare), mai non fu principe o repubblica al mondo più gloriosa di questa. E in vero, serenissimo principe, quando che, dappoi la dissoluzione del convento a Narbona, venne la nuova a questa corte, che la serenità vostra aveva rifiutata la pace col Turco, e deliberata la guerra con la lega (perchè la opinione del savio e buon governo delle vostre eccellentissime signorie è, quanto può essere, avula in riputazione grande in quella corte), parve che ogn' uno voltasse gli occhi verso il re cristianissimo, e dicesse che quanta laude si doveva dare alla serenità vostra di tal cosa, tanto biasmo doveva venire alla macstà sua, quando col nome e con le forze sue non aiutasse così bella impresa. Di modo che, e l'illustrissimo contestabile, e esso re medesimo, quando poi gli comunicassimo lo avviso, si risentivano, e quasi si vergognavano di dire che non potevano accompagnarsi con le signorie vostre eccellentissime, perchè non si potevano accordare coll' imperatore. Onde è da credere che sua maestà cristianissima, vedendo che nel tempo che questa santa lega sarà occupata a far la guerra al Turco, sc essa volesse dar molestia alla maestà cesarea o in Italia o altrove (il che saria un revocarla dalla detta im

Se il Giustiniani intende qui di far onore a Venezia della prima mozione della lega del 1537 contro il Turco, non è sincero. Primo e caldo motore ne fu Paolo III fino dai primi giorni del suo pontificato, il quale aveva, a questo fine, tanto adoperato per indurre la pace tra Carlo V e il re di Francia. Anzi per testimonianza dello stesso veneziano Paruta, la repubblica si tenne per alcun tempo esitante, finchè di nuovo sollecitata dagli ambasciatori di Cesare, si collegò; e la lega fu stretta in Roma fra questi tre potentati sul finire del 1537. Se ne leggono i capitoli in Paruta al libro ottavo della parte prima.

presa), potria avenirgli che forse si tireria questa lega addosso, ma di certo si torria contra l'odio del sommo pontefice e di questa eccellentissima repubblica, e finalmente di tutti i prencipi e buoni cristiani; e che, se ne riuscisse qualche danno alla lega predetta, il mondo tutto crederia che non è degna del nome che porta di re cristianissimo, dando essa occasione e modo agl' infedeli di battere e ruinar i cristiani; e vedendo anco sua maestà che se la lega ottenesse con l'ajuto divino la vittoria, l'imperatore si faria assai maggiore che non è al presente (il quale saria come molto potente e vittorioso, così da esser temuto assai da sua maestade, quando essa non fusse in pace o in tregua seco); per tutti questi rispetti, e per molti altri ancora che dalle signorie vostre sapientissime sono benissimo intesi, è da sperare anzi da creder certo che debba farsi tra questi dui signori qualche accordo, il quale se ben augumentasse all'uno e all'altro gli stati e forze loro, non però saria salvo che utile e buono al presente bisogno di vostre eccellentissime signorie. Perchè con questa occasione, e con le loro consuete sapientissime provvisioni, e molto più col braccio del nostro Signor Dio (che è stato quello che ha retto e governato fin qui questa repubblica ), si libereriano dalle continue piaghe che in ogni tempo gli hanno fatto e fanno gl' infedeli.

Ma quando questo accordo non riuscisse, io posso affermar alla serenità vostra e alle signorie vostre eccellentissime (dico affermare perchè lo so di certo), che il re cristianissimo, per gl' istessi rispetti che ho detti di si contenterà di una tregua d'un anno, o di quel più che piacerà alla macstà cesarea. La quale se ben conosce che è a suo benefizio che il re cristianissimo stia

sopra,

sulla spesa nel medesimo tempo che essa ancora è sulla spesa della guerra del Turco, nientedimanco, volendo sua cesarea maestà attendere a questa impresa con l'animo sicuro, e con le forze sue tutte unite, credo che non potrà nè doverà negare al re cristianissimo di farla, essendo spezialmente sollecitata dalla santità del pontefice e dalla celsitudine vostra, per comun benefizio di essa lega. Onde la mia conclusione è che se l'imperatore non starà duro nella confirmazione della capitolazione di Madrid, potria succeder pace facilmente. Ma stando fermo, non si mancherà dal re con qualche parte dello stato di Savoja fare un qualche accordo. Poi, quando questo accordo non si facesse in questo abboccamento di Provenza, certo esso re farà una tregua per quanto tempo sarà in piacere dell'imperatore, e non disturberà l'impresa incominciata contra il Turco.

Io veramente, serenissimo principe, gravissimi e sapientissimi signori, conoscendo il debito mio, e il bisogno della serenità vostra, di una pace buona tra questi dui signori, mi sono affaticato con tutte le forze del mio picciolo ingegno per fare che il re cristianissimo fusse contento di superare in così degna cosa le dure difficultadi che si opponevano alla composizione. E ritrovando sua maestà cristianissima disposta nel modo che, per lettere del clarissimo Capello e mie, vostre signorie eccellentissime hanno più volte inteso; non son anco mancato di ogni conveniente offizio con la serenissima regina di Navarra, col serenissimo delfino (qual però non è di molta vivacità o maneggio), e col reverendissimo cardinal de Tornone (ch'è del gran consiglio, riputato d' assai ), col signor cancelliero, e poi col reverendissimo cardinal di Lorena, coll' illustrissimo

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