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ed ha perduto più di fanti trecento. Esso e la maggior parte della cavalleria si sono salvati nel detto luogo del Borgo. Oggi sono entrate in Prato bandiere tredici delli lanzi che vengono di Lombardia; il qual loco e Pistoja questi signori avevano abbandonato già due giorni, e ridotte qua le genti, vettovaglie, e munizioni, che erano in quelli, con deliberazione di difender solamente questa città, Empoli, Pisa e Livorno. Nè però si perdono d'animo, anzi sebbene si vedano da ogni banda circondati da nemici, ed abbiano ogni giorno nuovi avvisi l'accordo del duca di Milano con Cesare e con il pontefice essere seguito, e quello della celsitudine vostra essere come concluso, onde temono grandemente di essere abbandonati da quella, non cessano di nuove e gagliarde provvisioni, si in accrescere le genti da piede e da cavallo, e munir da ogni banda, e fortificar sempre più la città, come di ritrovar denari; ed a tal fine hanno deliberato di vendere il terzo di tutti li beni ecclesiastici, ed hanno eletto li commissarj sopra ciò che li abbiano a vendere per quel prezzo che troveranno, purchè si vendano, e giudicasi che trarranno di ciò da ducati dugento mila. Hanno poi eletti per elezione e ballottazione del gran consiglio, ottanta cittadini i quali in termine di quindici giorni abbiano ad imprestar mille ducati per ciascuno, e quaranta ducati cinquecento per uno. Hanno eziandio deliberato, e già principiato a far lotti per ducati trenta mila, nelli quali pongono le gioje della mitra di papa Leone che era nella Nunziata. Nè dubitano del denaro, tanto è il desiderio, e la speranza di ognuno di conservare la libertà. Hanno ritenuto il signor Otto da Montauto, il quale era alla custodia di Prato per sospetto d'intendersi co'nemici, e giudicasi che lo faranno morire.

Per lettere de' miei ho inteso come la serenità vostra avendo rispetto alla insopportabile spesa che io sostengo, e che ogni ora cresce, ha usato verso me la benignità sua, onde reverentemente le rendo immortali grazie; nè tanto

per

il denaro il qual sempre, insieme con vita, sarò prontissimo a spender per onore e beneficio di quella, quanto perchè mi è stato gratissimo di conoscere che io sono nella grazia della serenità vostra, la quale mi è più cara e più desidero, che tutte insieme le altre cose del mondo. Ed a quella sempre umilissimamente mi raccomando. Firenze li 26 di Decembre 1529.

LETTERA LXXI.

SERENISSIMO PRINCIPE

CARLO CAPELLO

L'ultime mie furono de' 26 per la via di Ravenna. Da poi non ho scritto alla serenità vostra finora perchè nè con denari, nè con altra diligenza mai ho potuto ritrovar messo; e questa io faccio per via di Castrocaro alla ventura. A' 27 del passato questi signori ebbero nuoil Borgo San Sepolcro e Anghiari essersi dati ai nemici, nè ancora si sa dove sia ridotto l'abate di Farfa e si dubita che se ne sia andato a Bracciano.

va,

L'istesso giorno giunse in questa città il vescovo di Faenza', mandato dal Pontefice per ricercare questi signori che dovessero mandare ambasciatori a sua santità ed a Cesare, affermando essere ottimo l'animo dell' una e dell' altro verso di loro, e la pace col duca di Milano, e con la serenità vostra essere conclusa. Il detto vescovo è alloggiato col signor Malatesta, il quale ha questa pra

Rodolfo Pio da Carpi.

tica nelle mani, e l' altro jeri ritornò un familiar suo, il quale era andato con alcuni mandati dal principe al pontefice; riporta e conferma il medesimo. Questa pratica, sebbene è stata secretissima, pure avendo io inteso andar di lungo, e che questi signori stimando che l'accordo della serenità vostra, del duca di Milano, e del duca di Ferrara sia seguito, eran per eleggere ambasciatori a Cesare ed al pontefice, nè avendo io di tale accordo certezza, o avviso alcuno, nè altro lume dalla serenità vastra; considerando che quanto si differisce la composizione di questa repubblica con Cesare, e col pontefice, tanto si tiene le forze di quelli lontane dallo stato della celsitudine vostra, e che se questi signori eleggessero gli ambasciatori, quanto la speranza di Cesare e del pontefice si farebbe maggiore di ridurre questa città al voler loro, tanto li trattamenti della sublimità vostra con loro, e le condizioni sue se le renderebbero più difficili, fui a questi signori e lungamente ne parlai, come da me e come mosso dalla affezione che a quelli porto, dimostrando loro il sommo desiderio della serenità vostra della quiete e bene universale d'Italia e particolarmente di loro, ed avvertendoli che non era da credere che se fosse seguito l'accordo con la celsitudine vostra, sebben io non ne avessi nè da Bologna nè da quella avviso alcuno, almeno loro non lo avessero dagli oratori loro, si appresso di quella, come appresso del duca di Ferrara, l'ambasciatore del quale qua residente non ne aveva cosa alcuna, e nè pure quello del re cristianissimo dall'agente suo in Bologna; aggiungendo che dai nemici sarieno state fatte feste e dimostrazioni di allegrezza, e che il pontefice stesso e Cesare per dar loro maggior timore avriano tenuto modo che da ogni banda si veri

ficasse tal nuova; ma che questo ricercar d'ambasciatori ragionevolmente indicava piuttosto il contrario, cioè che Cesare ed il pontefice fossero fuor di speranza di detti accordi; non essendo verosimile che essendo quelli seguiti, ed avendo così ristretta questa terra, e fatta tanta spesa, ricercassero da loro quelle condizioni, le quali tante fiate non hanno voluto pure ascoltare; ed ora più che mai essere da aprir gli occhi, che quello che non hanno potuto fare con l'armi e con la forza non lo facciano cou l'ingegno e con l'astuzia; essendo da considerarsi dalle signorie loro che una nuova elezione di ambasciatori, ed una nuova trattazione d'accordo potrebbe facilmente favorire il desiderio di Cesare e del pontefice negli accordi con gli altri principi, e render questi più facili e più pronti; di modo che lor signori venissero così ad essere istrumento di far seguire quello che più d'ogn'altra cosa temono che segua: aggiungendo a queste tutte quelle ragioni con le quali con ogni destrezza io potessi levarli di opinione di eleggere detti ambasciatori. E veramente il parlar mio fece non piccol frutto, perchè non solamente mi ringraziarono, ma dipoi in tutte le loro pratiche e nel consiglio degli Ottanta più fiate proposta la materia, per li due terzi fu deliberato di non mandar detti oratori. Ma questa notte avendo questi signori ricevuto lettere dal commissario loro di Castrocaro dei 29, e lettele in presenza mia, nelle quali si conteneva la pace tra il pontefice, Cesare, la serenità vostra, Milano e Ferrara essere seguita, e per tutti quei luoghi circonvicini essere stata pubblicata, e fatte dimostrazioni grandissime di allegrezza, e più che molti di quelli di Ravenna riducevano l'aver loro a Venezia, dovendosi consegnare quella città al pontefice; sebbene io non mancai di ripetere che

non si poteva dar fede a detto avviso, non vi essendo da altra fonte cosa alcuna, e che l'indugiare di far li oratori finchè si avesse la certezza non poteva se non essere e di comodo a loro, e stimato savio consiglio da ognuno; tuttavia quelli li quali desiderano rinnovar la pratica dell' accordo col pontefice, col favore del nuovo gonfaloniere che entrò al primo di questo ', vedendo non poter ottenere la opinion loro nelle pratiche e nel consiglio degli Ottanta, avendo l'occasione del detto avviso da Castrocaro, hanno ridotto la deliberazione nel gran consiglio, nel quale essendo stati tutt'oggi fino a ore due di notte, e letta la prefata lettera, dopo lunghe disputazioni deliberarono di far gli oratori, con promissione però fatta dal gonfaloniere al detto consiglio che li prefati oratori non tratteriano cosa alcuna se non con la conservazione del presente governo, e con la restituzione di tutto lo stato perduto. Domani faranno li detti oratori: mi sforzerò d' intendere la commissione loro, e quanto avrò significherò alla sublimità vostra.

Alla quale de' nemici non ho da dir altro se non che ogni giorno si sta in continue scaramuccie con poco avvantaggio dell' una e dell' altra parte. Nè di poi l'ultime mie, che con queste sono duplicate, è successo cosa alcuna notabile. Ma pur questi signori sono avvertiti, li inimici dover dare un'assalto ed aver fatto grandissime preparazioni di scale; e la città non manca d'ogni prov

La elezione del Girolami in gonfaloniere fu pure una delle calamità di Firenze; avvegnachè non avverso alla parte degli ottimati, continuando le trattative fu causa non tanto d'intepidire altri molti dal proposito che solo poteva salvare Firenze, ma altresì di avvalorare l'intendimento del Malatesta, il quale era di snervare e prostrare l'animo di quei cittadini, per farli inetti ed incresciosi di una prolungata difesa.

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