Sayfadaki görseller
PDF
ePub

po

papa, la quale era in discordia col fratello per averle, diceva lei, mancato di rispetto. « Era lunga, scrive l'Ammirato, e magra, e come quella che avea in minoribus porto aiuto al fratello, non tea patire che giunto al pontificato non avesse mandato a visitarla e usato con esso lei dimostrazioni quali essa stimava che ai meriti suoi si convenissero. Imperocchè ella era stata ancor molto casta e per la lunga età, col risparmio e con l'assegnamento, non inutile a' suoi. A fatica si sarebbe potuto trovar donna di maggior politezza di lei, la quale, avendo copia grandissima di biancheria nè l'età nè la fortuna della sua casa nè cosa altra del mondo la ritenne giammai, che non volesse una o due volte l'anno esser presente ne' suoi bucati che più non se ne facevano » (1). ́~

L'Ammirato dovea indurla ad andare a Roma, e vi riuscì; come riuscì pure ad acquistarsene tutto il favore salvandola in un pericolo di viaggio (2). D'altra parte la fiducia di Brianna cresceva: ella, volendo por pace fra due gentiluomini, Marco de Gula e Gabriele Moles, chiese la intercessione di Vittoria Colonna e mandò a lei l'Ammirato, che

(1) Cfr. Famiglie nobili nap., II, p. 82. (2) V. il Capitolo al Costanzo cit.

della celebre poetessa serbò il più gradito e durevole ricordo (1).

Nell'anno stesso, durante l'autunno, si recarono. tutti insieme a Roma è nelle frequenti discordie tra le due dame ne andò di mezzo proprio l'Ammirato, il quale fu dalla marchesa incolpato d'aver indotto la zia ad andare a Roma. Quivi i litigi e i guai per l'Ammirato continuarono, e il solo ricordo lieto che egli potè riportare da questa sua prima dimora nella città eterna fu una cena in casa di Giovanni della Casa, il ghiotto ed elegante monsignore, il quale un di, passando le dame e l'Ammirato dalla sua casa ed essendo allettate dall'odor delle vivande, « le invitò e le pasteggiò nobilmente» (2).

I lutti ed i dispiaceri famigliari inasprivano l'animo di Bianca a segno che, essendosi un giorno

(1) L'A. parlando del marito della Colonna scrive a pag. 104 del vol. II delle Famiglie nobili nap.: Ebbe il Marchese per moglie Vittoria Colonna illustre non solo per la grandezza della famiglia ma eziandio per la grandezza delle lettere e della poesia, nella quale con onorata lode dell'età passata e con incredibile lode di lei e del sesso suo valse tanto, che non molto si debbono invidiare l'antiche Saffo e Corinne delle quali forse con miglior ventura che verità fecer gli antichi tanti rumori. (2) Vedine il ritratto in Opuscoli, II, p. 255. Nel Trattato della Ospitalità (Opuscoli, I, p. 556), parlando di questa cena, ricorda che nulla vi si desiderava.

[ocr errors]

l'Ammirato lasciato sfuggire un tal Luigi di Bianco che ella gli avea ordinato di raggiungere, lo licenziò dalla sua casa senza nemmeno volerne udir le scuse.

Ben dirò che fu tanto il mio cordoglio,

Quand'io mi viddi ingiustamente fore,
che in me fui per voltar tutto l'orgoglio.
Con le man proprie io fui per trarmi il cuore,
fui per gittarmi al Tebro e far di quelle
cose che a dirle non è forse onore.

Vero è il proverbio che gli antichi fenno
sovra le donne, e io l'ho visto aperto,

che quando han lungo il crine han corto il senno. E l'Ammirato tornò a Lecce (1).

(1) Di Paolo IV fa una breve difesa in un Ritratto, dove, lodando la bontà, la castità e la magnificenza di lui, attribuisce la ferocia postuma dei romani contro il suo simulacro al fatto che gli uomini avvezzi a vivere licenziosamente, non si possono così presto ridurre sulla retta via.

[ocr errors][merged small][merged small]

dei Trasformati

-

-

Il Capitolo al Costanzo

La commedia I Trasformati

Il Dedalione e Il Maremonte Le Mescolanze.

L'accademia

I dialoghi

Con forma se non pura e tersa certo molto efficace l'Ammirato cantò le sue sventure nel Capitolo al Costanzo, il più lungo componimento di tal genere che abbia la nostra letteratura; in esso gli affanni patiti e la miseria presente insinuano tra il brio una nota di mestizia e di sconforto. Il Costanzo (1) ha invitato l'Ammirato a recarsi a Napoli, dove avrebbe potuto trovare protezione e ricetto presso qualche nobile signore: l'Ammirato risponde che è stanco di viaggiare e che ha deciso di passar l'inverno a Lecce, città di clima mite. È stanco, dice, di servire i signori, i quali non hanno alcuna stima di chi li serve; ma si vendicherà un giorno ed essi se ne pentiranno. D'ora in avanti, la triste esperienza lo consiglia, chi vorrà i suoi servigi dovrà pagare:

(1) Per le relazioni tra il Costanzo e l'Ammirato cfr. Rime del Costanzo, ed. Gallo, p. 240.

Quel sarà mio signor che la scarsella
m'empia di scudi e non mi lasci in preda

al brodo d'una misera scodella.

Non che egli sia avido di oro, bensì perchè così bisogna trattar con questi ribaldi ». Un solo fa eccezione, ed è Braccio Martelli, che non pago di avergli assegnato dei benefizi, lo va soccorrendo sempre di denaro e di consigli,

Cosa che forse di non molti accade,

ed è contraccambiato da lui con stima e riverenza profonda.

Dimorando a Lecce verso il 1558 l'Ammirato fondò l'accademia dei Trasformati, di cui egli si fece principe col nome di Proteo (1). In tutto il re

(1) Il TAFURI nella Storia degli scrittori del regno di Napoli, II, p. 57 crede fondata l'accademia nel 1540, non avvertendo che l'Ammirato aveva allora nove anni; l'Arditi pone il 1548 (op. cit., p. 272), il Quadrio e il Tiraboschi il 1560. Considerando che il dialogo del Dedalione, edito nel 1560 e composto qualche tempo prima, parla dell'accademia come già formata, crediamo che la data da noi attribuitale approssimativamente non sia lungi dal vero. Gli eruditi citano una storia dell'accademia scritta da Oronzo Palma e pubblicata a Lecce da Tommaso Perrone nel 1708: questa però per loro come per noi è stata irreperibile. Anche a Milano verso il 1550 esisteva un'accademia dei Trasformati, ricordata dal DOMENICHI nei suoi Ragionamemti, e nel 1578 ne fu fondata un'altra d'ugual nome a

« ÖncekiDevam »