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chiese, per essere assolti. Inoltre, pel grippo da Ancona in qua, ducati cinquanta: come tutto apparirà dai loro conti.

Disse ancora che, per la morte del cardinale Santa Sabina di Viterbo, che era persona degna e amica della Signoria nostra, il papa avrà ducati quarantamila; diciasettemila in contanti, e gli argenti ed altro, e li suoi benefizii, che venderà. Dacchè è papa, morirono assai cardinali; sicchè ha toccato da questi assai oro.

Nel partir loro da Roma, il papa volle che visitassero il duca d'Urbino, il quale si raccomanda, e volle che toccassero la mano alla moglie, la quale era in letto gravida. È giovine, figlia del marchese di Mantova, la quale prega la Signoria che liberi suo padre.

Laudò ancora la buona compagnia che ad essi oratori fece il signore di Camerino (1), e nell' andar a Roma e al ritorno. Li accarezzò assai; mandò messer Macario suo consigliere, e li presentò, e fece un pranzo alla cavalleresca. Laudò pur molto gli Anconitani; e i Signori vollero venire a visitarli, che è cosa inconsueta. Vennero loro incontro ; e questo fu nel ritorno, perchè nell' andare v'era lì il cardinal di Mantova (2) legato della Marca. E laudò un Marcantonio de Antiquis consolo nostro, per discendenza; e si tien disceso da una figlia di messer Andrea Contarini doge. Ha una bella e onorevole casa, che costò assai, nella quale essi oratori alloggiarono, e lui ne uscì. Suo avo fu ricco di centomila ducati. Gli Anconitani sono industriosi, poveri; non hanno navi da navigare, e si stanno (3). Inoltre, disse che uno... da Fano (4) verria a soldo della Si

ma

(1) Giovanni Maria dei Varani, scampato alla strage che de' suoi fece il Valentino, perdette e riacquistò più volte la sua contea, ed ebbe finalmente da Leone X il titolo di duca di Camerino.

(2) Sigismondo Gonzaga.

(3) Gli Anconitani però godevano allora di varie franchigie, che Clemente VII seppe loro proditoriamente levare nel 1532. Vedremo tuttavia che, dodici anni dopo la relazione del Trevisano, altri ambasciatori veneti trovarono il commercio anconitano assai più fiorente.

(4) Giambattista da Fano, che fu poi tolto agli stipendi della Repubblica.

gnoria nostra; e già l' anno passato fu condotto con ottanta cavalli leggieri, e promette fanterie assai, e tien certo che se ne avrà di Romagna quante se ne vorrà.

E fatta tal relazione venne giuso. E nota, che non disse alcuna cosa dell' oratore anglico, vescovo Eboracense (1), che è scismatico. Il principe li lodò molto di essersi ben portati.

(1) Cristoforo Brambridge, arcivescovo di Yorck, fatto cardinale l'anno seguente, e avvelenato nel 1514 da Rinaldo da Modena, suo famigliare.

SOMMARIO

DELLA

RELAZIONE DI ROMA

DI

MARINO GIORGI

17 MARZO 1517 (1)

(1) Diarii inediti di Marin Sanuto, Vol. XXIV. pag. 73 e seguenti. (Biblioteca di San Marco.)

CENNI BIOGRAFICI INTORNO A MARINO GIORGI

Marino Zorzi o Giorgi, figlio di Bernardo e di Cornelia Contarini, fu provato pel Maggior Consiglio nel 1490. Egli riuscì dottore in legge, filosofo ed oratore fra i più chiari dell'età sua. Nel 1499, insieme con Girolamo Lione, era stato eletto ambasciatore in Ungheria, per persuadere quel Re alla guerra contro i Turchi; ma ambidue rifiutarono. Ai 4 di Giugno 1500 fu mandato ambasciatore ordinario a Roma in luogo di Paolo Cappello. Registra il Sanuto, che nel 1504 il Giorgi argomentò nella chiesa dei Frari a Venezia in alcune conclusioni sostenute da Lorenzo Veniero. Nel 1509, col titolo di Provveditore, venne inviato alla difesa di Bergamo. Datasi poi questa città ai Francesi, il Giorgi fu fraudolentemente ritenuto con altri gentiluomini, e consegnato ai ministri del Re, indi tradotto a Milano, di dove poscia passò in Francia. Da questa prigionia il Giorgi non fu liberato che nel 1511, col patto che, se fra sei mesi non mandasse i danari pel suo riscatto, avesse a ritornare prigioniero in Francia. Nel 1512 andò residente presso al Cardona vicerè di Napoli. Nel 1513 era stato scelto con altri ambasciatore di obbedienza a Leone X, ma l'ambasceria, per motivi altra volta accennati, non ebbe luogo. Fu però nel 1515 ambasciatore ordinario presso il suddetto Pontefice; ed ebbe fra gli altri incarichi quello di procurare di persuadere il Papa ad unirsi in lega coi Francesi e coi Veneziani. Il Paruta registra più estesamente le istruzioni che allora furono date al Giorgi, e nel Sanuto avvi il sommario della Relazione che fece, ritornato da quella legazione, in data dei 17 di Marzo 1517. Nel 1520 fu Podestà di Padova; del cui Studio era stato eziandio Riformatore negli anni 1517 e 1530.

Marino Giorgi è annoverato fra gli Scrittori Veneziani per l'opera « de efficientia Primi Motoris » registrata anche dal Martinioni, ma che non credo sia stata stampata, nè saprei dove esista. Inoltre egli fu uno dei Deputati alla correzione delle leggi venete; e ciò si certifica dall'epitafio scolpito sul suo sepolcro. Morì nel 1532, e giace nella Chiesa degli Eremitani di Santo Stefano.

Disse che, seguendo le buone usanze e imitando le vestigie dei nostri progenitori, gli era necessario far la relazione della sua legazione o piuttosto peregrinazione di due anni e così come ieri il clarissimo Gritti fece relazione di allegrezza e di acquisto (1), così lui la farà più presto di tristezza, per li mali tempi corsi in questa sua legazione. Ma adesso, ringraziato sia il Signore Iddio, mutata sunt omnia e riferirà di quelle cose che non ha scritto per sue lettere, perchè multa occurrunt quæ non sunt scribenda, ma da raccontarsi in Senato. E dirà cose degne d'intendersi da quelli che governano questo stato, al quale ora riuscirà a bene il negoziare in corte, perchè, acquistata Verona, la nazione veneziana ebbe più riputazione di prima. E Verona è di grande importanza, e quella conserva lo stato nostro e la ducea di Milano al Cristianissimo; per aver tolto una porta di mano all' Imperatore, che, avendo Verona, poteva sempre a suo piacere venire in Italia per questa via; e lo disse il papa medesimo di sua bocca.

L'oratore si propose di partire in tre tempi la sua legazione. Il primo fu, quando il re cristianissimo disse di voler venire in Italia a ricuperare la sua ducea di Milano,

(1) Andrea Gritti era tornato dall' ufficio di Provveditore in campo, e avea fatta in Senato la relazione del riacquisto di Brescia, e di Verona, e delle tregue conchiuse fra gl' imperiali da una parte, e i Francesi e i Veneziani dall'altra.

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Vol. VII.

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