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Veduta di Selvapiana

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Elogio di Laura nell'atto di sfogare l'acerbitâ del dolore per la morte di lei.

Oimè il bel viso ; oimè il soave sguardo ;

Oimè il leggiadro portamento altero;

Oimè 'l parlar, ch' ogni aspro ingegno è fero Faceva umile, ed ogni uom vil, gagliardo;

Ed oimè il dolce riso, ond' uscio 'l dardo,
Di che, Morte, altro bene omai non spero:
Alma real, dignissima d'impero,

Se non fossi fra noi scesa si tardo.

Per voi conven, ch'io arda, e 'n voi respire:
Ch'i' pur fui vostro; e se di voi son privo,
Via men d'ogni sventura altra mi dole.

Di

speranza m'empieste, e di desire, Quand' io parti' dal sommo piacer vivo: Ma 'l vento ne portava le parole.

CANZONE I.

La morte di Laura lo priva d' ogni conforto; e non vivrà che per cantar le sue lodi.

Che debb'io far? che mi consigli, Amore?

Tempo è ben di morire;

Ed ho tardato più, ch'i' non vorrei .
Madonna è morta, ed ha seco 'l mio core:
E volendol seguire,

Interromper conven quest'anni rei:

Perchè mai veder lei

Di qua non spero; e l'aspettar m' è noìa.
Poscia ch'ogni mia gioia,

Per lo suo dipartire, in pianto è volta,
Ogni dolcezza di mia vita è tolta.

Amor, tu 'l senti, ond'io teco mi doglio,

Quant'è il danno aspro e grave;

E so, che del mio mal ti pesa e

e dole,

Anzi del nostro; perch' ad uno scoglio
Avem rotto la nave;

Ed in un punto n'è scurato il Sole.

Qual ingegno a parole

Poria agguagliar il mio doglioso stato?

Ahi orbo mondo ingrato!

Gran cagion hai di dever pianger meco;

Che quel ben, ch' era in te, perdut' hai seco.
Caduta è la tua gloria; e tu nol vedi:
Nè degno eri, mentr' ella

Visse quaggiù, d'aver sua conoscenza,
Nè d'esser tocco da' suoi santi piedi ;
Perchè cosa sì bella

Devea 'l Ciel adornar di sua presenza.
Ma io, lasso, che senza

Lei, nè vita mortal, nè me stess' amo.
Piangendo la richiamo:

Questo m' avanza di cotanta spene ;
E questo solo ancor qui mi mantene.
Oimè, terra è fatto il suo bel viso,
Che solea far del Cielo,

E del ben di lassù fede fra noi.

L'invisibil sua forma è in Paradiso
Disciolta di quel velo,

Che qui fece ombra al fior degli anni suoi,

Per rivestirsen poi

Un'altra volta, e mai più non spogliarsi;

Quand' alma e bella farsi

Tanto più la vedrem, quanto più vale

Sempiterna bellezza, che mortale.

Più che mai bella, e più leggiadra donna
Tornami innanzi, come

Là, dove più gradir sua vista sente.
Quest' è del viver mio l'una colonna:
L'altra è 'l suo chiaro nome,

Che sona nel mio cor si dolcemente
Ma tornandomi a mente,

Che pur morta è la mia speranza viva
Allor ch'ella fioriva;

Sa ben Amor, qual io divento; e (spero)
Vedel colei, ch'è or sì presso al vero.
Donne; voi che miraste sua beltate,
E l'angelica vita,

Con quel celeste portamento in terra;
Di me vi doglia, e vincavi pietate,
Non di lei, ch'è salita

A tanta pace, e m'ha lasciato in guerra;
Tal che s'altri mi serra

Lungo tempo il cammin da seguitarla;
Quel, ch' Amor meco parla,

Sol mi riten, ch'io non recida il nodo : Ma e' ragiona dentro in cotal modo : Pon freno al gran dolor, che ti trasporta: Che per soverchie voglie

Si perde 'l Cielo, ove 'l tuo core aspira ;

Dov'è viva colei, che altrui
E di sue belle spoglie

par morta;

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