Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Delle quali fazioni, quella de' piagnoni prevale ora alle altre, ed ha i magistrati e il dominio nelle mani: e questo è seguito così, che essendosi congregato il consiglio grande, ed avendo principiato a far l'elezione dei magistrati, nelle ballottazioni i piagnoni e gli arrabbiati con le loro fave furono concordi in espellere e lasciar fuori i bigi, cioè i palleschi, i quali così restarono tutti con la ripulsa; onde rimanendo poi la concorrenza fra i piagnoni e gli arrabbiati, i palleschi dubitando del furore di questi ultimi, e temendo, se avessero li magistrati in mano, non usassero contro li Medici e loro dipendenti qualche grande empietà; e confidandosi piuttosto della prudenza e modestia e probità dei piagnoni, con li quali hanno maggior connessione di parentela, di parità di sangue, di facoltà e di prudenza, con le fave loro dettero favore alli piagnoni; i quali per tal mezzo nell'elezione dei magistrati vinsero di modo, che i dieci di libertà e pace, il gonfaloniere di giustizia, i priori, gli ottanta e gli altri ufficj principali son quasi tutti di piagnoni.

Ciò ha cresciuto il malcontento degli arrabbiati, i quali ogni giorno suscitavano cose nuove, tumultuavano nella città, e venivano molti di loro in piazza, spesse fiate con l'armi sotto, e quello che non potevano ordiuare o operare per non avere autorità nei magistrati, si forzavano di fare con insolenza, con rumore e con l'armi. Loro in primis furono quelli che vollero ad ogni modo il consiglio grande, il quale riuscito in favore dei piagnoni, e dubitando che li piagnoni, i quali riconoscevano li magistrati dai palleschi, non si concordassero con quelli, si sollevarono venendo in piazza, e volevano entrare in palazzo per gettare quella signoria (fatta li Medici) fuori delle finestre; al che s'ebbe assai

per

da fare, e si acquietarono con prometter loro d'eleggere un'altra signoria nuova per il consiglio grande, come di sopra si è detto. La quale essendo riuscita pur tutta di piagnoni, si sollevarono di nuovo richiedendo che i Medici fossero chiariti ribelli, confiscati li loro beni, ed il loro palazzo fosse rovinato come quello dei Bentivogli in Bologna, cercando pure occasione (per quanto si diceva) questi tali, che sono gente rozza e fallita, di poter saccheggiare, rovinare e fare ogui male. Al che Niccolò Capponi gonfaloniere, persona molto da bene, come si è detto, e che non s'è mostrato molto appassionato di fazione, opponendosi, parte con buone parole, parte con persuasione e con ogni altro mezzo che gli parve usare, mitigò e levò quel furore. Ed avendo promesso di soddisfar loro in parte, fu deliberato per pubblico decreto che fossero levate tutte l'armi dei Medici in Firenze, non solo dai luoghi pubblici, ma anche dalli luoghi privati e proprj di loro Medici, come dalli palazzi, chiese ed ospitali fabbricati delli lor proprj denari, e così fu eseguito; per modo che ora non è arme alcuna dei Medici in Firenze, e dal loro proprio palazzo sono state scarpellate via dagli scudi dove erano, e lasciati gli scudi vuoti.

Onde si può dire che tutte tre queste fazioni siano malcontente; i palleschi perchè privi dei magistrati (ancorchè siano fra loro molti uomini da bene, savje degui) caricati di gravezze più che gli altri senza comparazione, e mal veduti e odiati di modo che non ardiscono comparire in piazza nè per le strade: gli arrabbiati, parendo loro essere stati autori del nuovo governo, ed essersi affaticati per li piagnoni: e li piagnoni ancora, imperocchè sebbene hanno la potestà ordinaria e li

magistrati nelle mani, nondimeno son forzati dalla petulanza ed insolenza degli arrabbiati a far molte cose che non sentono per il manco male, e per non poner umore e scandalo nella città. Sicchè tutti si possono dire mal contenti, e per conseguenza si può fare mal giudizio di quella città, potendosi annoverare in essa molte delle cause nominate da Aristotile nella politica conducenti alla perturbazione e confusione d'una repubblica.

Mi resta a dire per ultimo in qual termine si ritrovi la repubblica con li principi cristiani. Ma prima dirò come ella si trovi con li sudditi suoi; il che comprenderò in questo sol detto, che tutte le città di Toscana sono ghibelline, eccetto Firenze che è tutta guelfa. E però mi fu detto in Firenze che Lorenzo de' Medici, riputando tutte le città dello stato nemiche a quella, diceva che prima bisognava mantenere Pistoja con le parti, Pisa in povertà, Volterra con la forza, Arezzo col contado, e Cortona con grazia contentandola di di quello che domanda.

E per dire come questa repubblica si trovi con li principi cristiani dico alle signorie vostre che:

Prima, verso il pontefice l'universalità di quei cittadini è molto mal disposta, non lo volendo come padrone di Firenze in temporalibus, sebbene quando era cardinale governando modestissimamente fosse quasi adorato. Ma fatto pontefice è stato sempre in odio, e ciò principalmente per avere mandato a quel governo Ippolito, giovine molto, talchè dicevano non volere essere governati da un putto; e poi per causa del reverendissimo di Cortona il quale, ancorchè in vero sia un signor giustissimo e molto dabbene, tuttavia non aveva

quella affabilità e dolcezza che bisogna in tali casi, ed anche per essere da Cortona era per loro come se fosse loro suddito. Inoltre il dominio assoluto che il reverendissimo ed il magnifico Ippolito usavano scopertamente dispiaceva molto alla città, perchè, come sopra ho detto, tutte le consultazioni si facevano in casa dei Medici, tutto s' operava per loro, ed il magnifico Ippolito precedeva ad ognuno, e se gli cavava ognuno di cappuccio, ed era come signore. Poi sua signoria aveva acquistato odio con i suoi stessi amici; imperocchè cominciava a comunicare parte degli uffici a quelli ancora che non seguivano la sua parte, e sottoponeva tutti alle gravezze, di modo che gli amici dei Medici, i quali avevano chi spese le facoltà, chi sofferto l'esilio, chi perduto il padre o i fratelli per causa loro, non potevano sopportare che s'allargassero le distribuzioni degli uffici anche agli inimici loro, perchè tanto meno loro restava, nè che fossero costretti a pagare le gravezze come quelli; ed alcuni de' palleschi se n'erano doluti meco per tal causa, dicendo che Lorenzo il magnifico soleva dare agli amici gli ufficj e ai nemici le gravezze, e che i nemici naturali non per ciò si rendono amici. E certamente se nella mutazione dello stato fosse stata fatta qualche dimostrazione d'ammettere o mantenere nel governo quelli che erano stati adoperati in tempo dei Medici, la maggior parte dei quali in quella mutazione si scoperse in favore della città contro i Medici, quel governo si saria talmente fermato, che adesso sarebbe del tutto inutile parlare de' Medici, perchè quelli che erano stati costanti alle voglie de' Medici erano rarissimi e pochissimi.

Ma avendo il consiglio grande trattato male, ossia

da ribelli o sospetti, tutti li palleschi, cioè non solo quelli che erano perseverati in quella fazione, ma anche quelli che erano e si scopersero contro li Medici nella mutazione dello stato, per forza è convenuto loro esser palleschi ; e e di qua procede che le cose del papa restano in qualche favore, parendo pure che fra i piagnoni e i palleschi ci sia qualche convenienza, e perchè il popolo minuto è tutto pallesco, e serva ancora la memoria delle cose antiche, avendo la casa Medici sempre favorita la plebe e i poveri, e sempre sovvenutili di grano e di elemosine. Onde essendo seguita, dopo la partita dei Medici, la pestilenza grandissima e la fame in Firenze, è opinione della plebe questi infortunj essere seguiti per la partita di quelli, e di questa opinione è anche il contado, il quale pure è ben disposto per li Medici; di modo che, se si movessero quattro o cinque mila fanti verso Firenze per nome del papa, e che qualcheduno dei palleschi facesse qualche numero di gente nella città potria essere che ancora li Medici vi entrassero. Vero è che hanno questo contrario, che in quella famiglia non v'è personaggio da porre in Firenze, e quelli giovani non sono atti ad entrarvi, e meno a governarla '; di modo

Il Foscaro non avrebbe certamente immaginato che indi a dieci anni, un giovinetto che allora ne contava otto appena, e che quantunque legillimamente discendente dal ceppo di Cosimo il vecchio, poc'altro che il nome gli veniva riconosciuto della famiglia de' Medici, sarebbe stato insignito del dominio, che fu ben presto assoluto, della città e repubblica di Firenze; e il quale avrebbe spiegato per sottometterla alle sue voglie più potenza d'intelletto e di volontà che non sarebbe bisognato alla fondazione di una gran monarchia. Ognuno intende ch'io alludo a Cosimo I, il quale, insieme a molti altri parenti suoi, uomini adulti e di peso negli affari della repubblica, appena veniva considerato della famiglia de' Medici da papa Clemente VII; il quale, fosse amore di padre (se veramente Alessandro cra figliuolo di lui) o fosse orgoglio dinastico si sforzava di perpetuare în due bastardi la linea primogenita della sua casa.

« ÖncekiDevam »